Un centinaio di volontari sparsi in tutte le regioni costiere italiane si sono dedicati a una giornata di monitoraggio per lo studio della presenza della foca monaca. L'attività, organizzata da WWF Italia e Gruppo Foca Monaca, ha coinvolto cittadini, studiosi, numerosi diving della Community del WWF SUB, Aree Marine Protette nonché singoli privati e volontari.
Tutti, allo scopo di tutelare una tra le specie più rare del Mediterraneo, si sono dedicati a un’iniziativa di citizen science, in una giornata di scienza partecipata dalla comunità di amanti ed esperti.
La foca monaca (Monachus monachus) è uno dei mammiferi più rari e vulnerabili del Mediterraneo. Si tratta dell’unica specie di pinnipede da sempre presente nelle nostre acque che oggi conta un migliaio di individui. Il suo declino si era accentuato soprattutto nel secolo scorso per cause umane: gli effetti della pesca intensiva sulle risorse ittiche, l’uccisione diretta illegale, il bycatch, cioè la cattura accidentale in attrezzi da pesca che colpisce anche le tartarughe marine.
Questo spiega la scomparsa della foca monaca da molte aree in cui la sua presenza era storicamente ben nota fino al secolo scorso. Per conoscere lo stato di salute della popolazione sono entrati in gioco le persone che hanno a cuore la natura attraverso il monitoraggio svolto dalla Liguria alla Sicilia, da Trieste fino a Lecce, includendo anche le piccole isole come le Isole Tremiti e l'Arcipelago Toscano. Questa vasta copertura geografica è essenziale per ottenere una panoramica completa della distribuzione della specie.
Il metodo è assolutamente non invasivo: il prelievo di campioni di acqua di mare destinati al controllo della presenza di tracce di DNA lasciate dalla foca monaca in acqua (E-DNA), permetterà completare la mappa della presenza di questa specie nei mari italiani, una mappa che già negli ultimi due anni ha registrato segnali incoraggianti di presenza proprio grazie a questo metodo innovativo di ricerca.
Uno degli aspetti più innovativi del progetto è proprio la raccolta di campioni di acqua marina per l’analisi del DNA ambientale. Questo metodo sviluppato dalla professoressa Elena Valsecchi dell'Università di Milano Bicocca per la campagna "Spot the Monk", ha già permesso negli ultimi 3 anni di rilevare la presenza della foca monaca in numerose aree del Mediterraneo centrale dove la specie non era stata ancora segnalata tra cui isole Baleari, canale di Caprera a nord-est della Sardegna, l’Arcipelago Toscano e il Canale di Sicilia nelle isole Pelagie.
«Questi dati – spiegano dal WWF – dimostrano che la specie è in grado di spostarsi molto e la mappatura capillare è un aiuto a comprendere spostamenti ed esigenze. L’ampia partecipazione delle comunità locali rappresenta una speranza concreta per il futuro della foca monaca nel Mediterraneo».
Ne sono la prova i recenti avvistamenti: lo scorso 10 maggio alle Isole Tremiti, tre turisti e ornitologi veneti hanno segnalato al Gruppo Foca Monaca un avvistamento ben descritto di una foca monaca e, casualmente, a poche centinaia di metri dal sito di prelievo. Sempre in Puglia due giorni dopo veniva osservata una foca presso Rodi Garganico e quattro giorni dopo è stato filmato un individuo al Plemmirio in Sicilia. In questi giorni ci sono avvistamenti ripetuti di un esemplare, probabilmente un giovane, sempre lungo le coste pugliesi.
«L’iniziativa rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della distribuzione della foca monaca e nella pianificazione di future strategie di tutela – hanno spiegato dall'associazione – Il monitoraggio non si limiterà solo alle coste: grazie al progetto Vele del Panda del WWF Italia, destinate alla ricerca sui cetacei, i campionamenti verranno effettuati anche in mare aperto a bordo di barche a vela. Esplorare aree remote come l'ambiente pelagico offre la possibilità di indagare la presenza della foca monaca anche in aree inesplorate».