Lo shark finning consiste nella rimozione delle pinne dagli squali, spesso mentre lo squalo è vivo. Dopo essere stati pescati e spinnati, gli squali a volte vengono rigettati in mare ancora vivi ma senza le pinne, finendo così per essere preda di altri squali o affondare sul fondo del mare, soffocando lentamente. Da finning viene fin, il nome della zuppa orientale il cui ingrediente principale sono proprio le pinne di squali. Fino a qualche decennio fa era un bene talmente di lusso che solo i più ricchi riuscivano a portarla a tavola. Ma l’allargamento della classe media in Cina ne ha fatto una sorta di status symbol e da allora gli squali sono stati cacciati a milioni in tutto il mondo. Ma Fin è anche il titolo del documentario diretto da Eli Roth e prodotto da Leonardo Di Caprio che mostra gli orrori del massacro degli squali. Un massacro gestito da mafie internazionali, che produce milioni e milioni di dollari di fatturato, che alimenta la crisi degli ecosistemi marini e trasforma lo squalo in un essere vivente a rischio estinzione.
Eli Roth premiato per Fin all’Ischia – Docu Award
Il documentario, che ha appena vinto l’Ischia – Docu Award assegnato dal 19esimo Global Film & Music Festival (18-25 luglio), in un’edizione dedicata al mare e ai temi ambientali con il sostegno della DG Cinema e Audiovisivi del MiC e della Regione Campania, arriva il 13 luglio su @discoveryplus America e @sharkweek Fin. «Si tratta del film più spaventoso che abbia mai realizzato – ha spiegato il regista. – Capace di accendere i riflettori su una vasta impresa criminale che ha portato alla morte di milioni di squali. Queste creature vengono macellate inutilmente per alimentare la continua richiesta di zuppa di pinne di squalo e altri piatti di pinne di squalo, e le uccisioni minacciano l’estinzione della specie».
Una zuppa simbolo di ricchezza
Nel film scienziati, ricercatori e attivisti attraversano i mari di tutto il mondo per svelare cosa si nasconde dietro alla morte cruenta di milioni di squali che spesso, vengono uccisi soltanto per la loro pinna. Sembra assurdo che, per una zuppa di pesce considerata in Oriente simbolo di ricchezza, si stia portando all’estinzione un predatore la cui assenza provocherebbe una catastrofe negli ecosistemi marini. Eppure è proprio così: e l’Europa, in particolare la Spagna, è una grandissima produttrice di pinne di squalo. Ma gli squali si perseguitano anche in Indonesia, India, Stati Uniti, Pakistan, Messico e provincia cinese di Taiwan. La quasi totalità del prodotto è assorbita dal mercato orientale per soddisfare la richiesta della famosa zuppa. A Hong Kong e Singapore è davvero difficile non imbattersi in un menù che non preveda la zuppa in questione.
Leonardo di Caprio e Nina Dobrev produttori di Fin
Il film di Roth, fotografia di Michael Muller, ha il supporto di organizzazioni ambientaliste come Sea Shepherd, Wild Aid e Oceana. Il produttore è Nina Dobrev, attivista per gli squali. Con lei Leonardo Di Caprio, che più di una volta ha raccontato di aver rischiato la vita in Sudafrica per l’attacco di uno squalo mentre si trovava dentro una gabbia d’osservazione di metallo in immersione nei fondali marini. «Volevo mostrare la crisi da tutte le parti e insieme a una campagna d’azione possiamo apportare il cambiamento necessario per proteggerli – spiega il regista che vorrebbe attraverso il suo film lanciare una campagna di comunicazione per la difesa dello squalo. – Cinquant’anni fa il mondo si è riunito per salvare le balene, poi lo abbiamo fatto per i delfini e recentemente per le orche. È tempo di fare lo stesso per gli squali, e il tempo stringe».
La denuncia: se muore lo squalo, muore il pianeta
Il film denuncia chiaramente i milioni di dollari che l’affare produce ogni anno. I numeri sono impressionanti: 100 mila squali uccisi ogni anno, 275 mila al giorno, 11 mila l'ora. Le pinne, letteralmente strappate dal dorso dello squalo, vengono lavorate con una lunga essiccazione e vendute come alimento o come base per produrre creme idratanti per il viso. Dietro ci sono organizzazioni criminali che gestiscono pesca, traffico e commercializzazione. Ma la cosa peggiore è l’effetto catastrofico sull’ambiente. Secondo il regista: «se muore lo squalo muore anche il pianeta».