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20 Giugno 2022
18:03

Festival di Yulin: un incontro in Senato per chiedere la fine del commercio di carne di cane

L'iniziativa è organizzata dal Dipartimento tutela benessere animale della Lega, coordinato dall’onorevole Filippo Maturi, per martedì 21 giugno. Partecipano attivisti per i diritti animali e presidenti delle principali associazioni.

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Neppure la pandemia di Covid-19 e gli avvertimenti di scienziati e ricercatori sui rischi di potenziali altre epidemie fermano il festival di Yulin, la manifestazione che dal 2009 viene organizzata in Cina per promuovere il commercio e il consumo di carne di cane. Una trovata commerciale più che una tradizione, che ogni anno porta alla violenta e crudele uccisione di milioni di cani e gatti in una settimana celebrata quasi come una manifestazione culturale.

Della questione si occupano ormai da anni decine di associazioni che operano a livello internazionale, e che oltre a intervenire in prima persona per i salvataggi hanno come missione sensibilizzare ai livelli più alti sulla necessità di mettere un veto a questa pratica. Quest’anno anche in Italia se ne discute, con una tavola rotonda organizzata dal Dipartimento tutela benessere animale della Lega, coordinato dall’onorevole Filippo Maturi.

Maturi aveva già presentato un’interrogazione parlamentare al ministero degli Esteri per chiedere, tra le altre cose, una forte presa di posizione contro il festival di Yulin, e ha scelto il 21 giugno per discutere in maniera approfondita dell’argomento insieme con attivisti e rappresentanti delle associazioni. Alla tavola rotonda organizzata su iniziativa della senatrice Raffaella Marin nella sala Caduti di Nassirya, in Senato, interverranno dunque Davide Acito, presidente di Apa, Carla Rocchi, presidente di Enpa, Gianluca Felicetti, presidente di Lav, Alessandro Ricciuti, presidente di Animal Law Italia,  e Alice Trombetta, direttrice esecutiva di Animal Equality Italia, in un confronto moderato dalla giornalista Giulia Innocenzi.

«Yulin rappresenta un punto talmente basso per l’umanità che nel 2022 non è assolutamente accettabile – ha sottolineato Maturi – Occorre un impegno internazionale al fine di persuadere la Cina a prendere provvedimenti determinanti al fine di estinguere queste pratiche anacronistiche e disumane. Ci sono stati dei passi avanti, il governo cinese ha emanato leggi volte a contenere il fenomeno del consumo della carne di cane, ma ciò non è stato sufficiente per risolvere il problema. L’impegno deve quindi continuare sul piano del confronto e della diplomazia evitando la demonizzazione di un intero popolo, ma condividendo una visione sempre più comune».

Festival di Yulin, in aumento le voci contrarie anche in patria

Il festival di Yulin parte il 21 giugno, e proprio nelle ore scorse gli attivisti si sono mobilitati per cercare di salvare quanti più animali possibili destinati al wet market della città cinese: «Questa notte un gruppo di attivisti di Action Project Animal ha agito sotto copertura nei mercati di Yulin – ha confermato Davide Acito di Apa – C'è molto fermento in questi luoghi dove si contrattano le vite di decine di migliaia di innocenti a poche ore dall'inizio del festival Infernale, la vergogna del mondo intero che sta a guardare e tollera. Noi ci siamo dal 2016 e ogni anno siamo in prima linea per salvarne il più possibile. Tredici angeli sono salvi, strappati ad una morte terribile, scuoiati e bolliti vivi, battuti prima del colpo di grazia che non arriva mai troppo presto per animali che hanno già subito maltrattamenti prima ancora di arrivare all'Inferno di Yulin».

Il festival di Yulin è, in realtà, soltanto la punta dell’iceberg di quello che è il commercio e la vendita di carne di cane per il consumo alimentare in diversi Paesi, dalla Cina al Vietman passando per l'Indonesia. Le stime parlano oggi di 10 milioni di cani uccisi per la loro carne ogni anno in Cina, e questo nonostante che già nel 2016 un sondaggio della cinese Horizon commissionato dalla China Animal Welfare Association in collaborazione con HSI Humane Society International e Avaaz rivelasse un’insofferenza generale verso questa pratica.

Il 64% della popolazione voleva infatti che il festival di Yulin venisse abolito, il 51,7% che il commercio di carne di cane fosse completamente vietato e il 69,5% affermava di non aver mai consumato carne di cane. E la sensibilità sta cambiando anche in altri Paesi noti per il dog meat trade, come l’Indonesia, dove recentemente il proprietario di un mattatoio a Sukoharjo, a Giava, che ogni anno acquistava e uccideva migliaia di cani per il consumo umano, è stato condannato a 12 mesi di carcere e a una multa di 150 milioni di rupie (10.000 dollari USA). Si tratta della terza condanna di un trafficante di carne di cane nel Paese da quando, nel 2018, il governo nazionale ha dichiarato che "i cani non sono cibo”.

In Corea del Sud, unico paese al mondo dove i cani destinati a essere consumati come cibo vengono legalmente allevati in apposite fattorie e dove ogni anno vengono uccisi almeno 2 milioni di cani, nel marzo del 2021 ha chiuso il più grande mercato di carne di cane, mentre poche giorni fa la first lady Kim Keon-hee ha deciso di prende una posizione netta chiedendo ai suoi cittadini di smettere di mangiare carne di cane sottolineando che «non consumarla è in definitiva la maggior espressione di rispetto nei confronti del migliore amico dell'uomo e significa anche rispetto per la vita».

Nonostante questo, e nonostante le battaglie degli attivisti per i diritti animali e gli avvertimenti lanciati dagli esperti sui pericoli per la salute pubblica rappresentati dai wet market, il festival di Yulin torna a tenere banco per le strade della città cinese. Ed è anche attraverso l’informazione che passa la battaglia per abolirlo, come sottolineato da Maturi in vista della conferenza di martedì: «L’obiettivo, ha sottolineato l’onorevole – non è una contrapposizione culturale che potrebbe portare solo ad un irrigidimento da parte degli interlocutori, ma proporre delle soluzioni concrete e fattive per salvare quelle centinaia di migliaia di cani macellati ogni anno».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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