Siamo ogni giorno spettatori degli effetti contrastanti delle azioni umane sulla conservazione delle risorse naturali. Protezione e distruzione vanno purtroppo di pari passo nell’era del crescente interesse da parte dell’uomo per gli animali e il mondo naturale che non sempre è accompagnato da vero amore, conoscenza e rispetto. Così le nostre azioni hanno delle ripercussioni, a volte indelebili, sulla fauna selvatica. Per fauna selvatica si intende la popolazione di animali che vive o proviene direttamente dall’ambiente naturale. Questa si distingue in autoctona ed alloctona.
La fauna autoctona è composta da specie e sottospecie presenti naturalmente in una determinata area, dove si siano originate o siano giunte, stabilendosi, senza l’intervento umano.
Per fauna alloctona si intendono specie e sottospecie non appartenenti alla fauna originaria di una determinata area, che vi siano giunte a seguito dell’introduzione, intenzionale od accidentale, da parte dell’uomo.
La fauna selvatica è considerata patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale. Tale definizione però è in contrasto con alcune realtà che vedono gli animali come oggetto di prelievo indiscriminato ed illegale dal territorio, destinati all’allevamento, al commercio o alla loro trasformazione obbligata come “animali da compagnia”, oltre che alla loro uccisione. Gli interventi umani sulla fauna selvatica sono quindi svariati, ma sempre deleteri per l’ambiente naturale.
La legge in Italia riguardo la detenzione di animali selvatici
La normativa nazionale di riferimento è la Legge n. 157 del 1992 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”. Questa Legge vieta in tutto il territorio nazionale la cattura di animali selvatici, il prelievo di nidi e di uova e l’asportazione di piccoli nati, termine utilizzato per indicare sia i neonati di mammiferi che gli uccelli nidiacei.
Le singole Regioni regolamentano invece tutto ciò che ha a che vedere con il soccorso, la detenzione temporanea e la successiva liberazione della fauna selvatica in difficoltà.
La norma nazionale non vuole solo salvaguardare la fauna dal bracconaggio o da eventuali traffici a scopo commerciale, ma mira a tutelarla da comportamenti umani, spesso compiuti in buona fede, che potrebbero comprometterne la successiva reimmissione in natura.
Ad esempio, il contatto con l'uomo determina nell'animale comportamenti anomali, di eccessiva fiducia verso l’uomo o gli animali domestici o da compagnia, che potrebbero comprometterne la permanenza nell’ambiente selvatico.
La detenzione di animali pericolosi
Un’altra normativa italiana in quest’ambito è la Legge 150 del 1990 che disciplina, tra altri reati, la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica.
Nell’ottica della salute pubblica e della One Health, contiene il divieto di detenere animali pericolosi che possono arrecare con la loro azione diretta o indiretta effetti mortali o invalidanti per l'uomo o che non sottoposti a controlli sanitari o a trattamenti di prevenzione possono trasmettere malattie infettive all'uomo.
Il reato
In linea generale, essendo la fauna selvatica patrimonio indisponibile dello Stato, la sua cattura si configura come reato di furto, e la sua detenzione come reato di ricettazione. Tali comportamenti possono inoltre essere ascrivibili a reati di maltrattamento di animali e detenzione illegale di fauna selvatica protetta, che possono anche portare alla reclusione.
Gli animali detenuti illegittimamente sono confiscati e ricoverati presso appositi centri di accoglienza, che devono rispettare precisi requisiti strutturali e assicurare competenze specialistiche mirate alle caratteristiche specie-specifiche degli animali, a quelle sanitarie e di benessere delle stesse.
Interventi e detenzioni in buona fede. Reali o presunte situazioni di pericolo per gli animali?
Non sempre l’istinto protettivo dell’uomo tutela effettivamente la fauna selvatica. Quando si avvista un animale o un cucciolo di fauna selvatica, non è mai semplice distinguere se la situazione di pericolo sia reale o presunta, per questo motivo è meglio non agire mai d’istinto, in quanto un animale selvatico che vive secondo regole estremamente diverse dalle nostre, e che ignoriamo, non è detto che abbia bisogno di protezione.
Prelevare un animale, un cucciolo, un pulcino, per paura che gli succeda qualcosa, spesso non lo aiuta, ma lo penalizza.
In queste circostanze bisogna sempre chiamare i Carabinieri Forestali, i Guardiaparco se si è all’interno di un’area protetta, o il Centro di Recupero per gli Animali Selvatici (CRAS) più vicino, che fornirà le indicazioni giuste sul da farsi e interverrà tempestivamente una volta identificata la circostanza.
Come regola generale, bisogna intervenire quindi solo quando l’animale è ferito o visibilmente debilitato, evitando sempre le carezze, le manipolazioni, o peggio prelievo, in particolar modo degli animali di giovane età spesso erroneamente considerati abbandonati, per evitare di arrecare loro danni irreparabili.
Ricordiamo sempre che il fai da te, può portare a conseguenze davvero spiacevoli.