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31 Dicembre 2021
7:30

Fauna selvatica e botti di capodanno: la parola ai Parchi

Cosa accade alla fauna selvatica durante la notte di Capodanno? Disorientamento e paura rappresentano un mix letale secondo i rappresentanti di due grandi Parchi italiani.

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Parco naturale

Le aree naturali protette svolgono un ruolo fondamentale per la tutela della biodiversità, una funzione che viene regolarmente messa a dura prova in occasione dei festeggiamenti di Capodanno.

I fuochi d'artificio, con i loro i caratteristici "botti" sono infatti fonte di disagio non solo per gli animali domestici, ma anche per la fauna selvatica. Potrebbe sembrare una pratica tutto sommato innocua, tuttavia è estremamente dannosa per questi animali che per lungo tempo dopo la notte di Natale accusano sintomi da disorientamento e panico.

Se l'effetto dei botti su cani, gatti e altri animali d'affezione è ben noto, il riscontro sugli animali selvatici come orsi, lupi, uccelli e altri è stato meno studiato dalla scienza e poco attenzionato dall'opinione pubblica. Analogamente ad altri fenomeni che coinvolgono animali liberi in natura, anche in questo caso è difficile quantificare precisamente il disagio causato a questi animali, Kodami ha provato però a renderne l'effetto in un video che racconta la trincea di Capodanno vissuta dagli animali domestici, e anche dal resto della fauna.

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Tuttavia, la natura è in grado di comunicare e lanciare gridi d'allarme. Come quello dell'anno scorso, quando a Roma il terrore dei botti condusse centinaia di storni contro i cavi dell’alta tensione. Quanto avvenuto nella Capitale è stato ampiamente testimoniato dai media grazie al tam-tam sui social e al fatto che l'episodio, pur coinvolgendo la fauna selvatica, è avvenuto in una grande città.

Come si fa quindi ad accendere i riflettori sui danni dei botti alla fauna selvatica lì dove è più presente, anche in assenza di smartphone? Kodami ha deciso di dare voce a due Parchi, esemplificativi della grande varietà faunistica e paesaggistica italiana, che hanno osservato l'effetto dei botti sulla propria fauna.

Parco Naturale Adamello Brenta: gli scoppi che mettono in fuga gli orsi

Parco naturale Adamello Brenta

«Anche se non abbiamo evidenze scientifiche, sappiamo che gli animali selvatici perdono l'orientamento con i botti, questo vale in particolare per mammiferi e uccelli. Di questa pratica estremamente negativa conosciamo bene gli effetti nefasti, anche se non sappiamo ancora quantificarli con esattezza», spiega Andrea Mustoni, biologo e responsabile dell’Unità di Ricerca scientifica del Parco Adamello Brenta in provincia di Trento.

Il parco naturale Adamello Brenta con i suoi 80 laghi e la straordinaria ricchezza paesaggistica garantita dai complessi montuosi dell'Adamello-Presanella da una parte, e del Brenta dall'altra, possiede una varietà faunistica invidiabile nel panorama europeo. Simbolo di questo Parco è l'orso bruno che qui è stato oggetto di un importante opera di ripopolamento.

Proprio l'orso è la spia degli effetti sconvolgenti dei botti in una zona tutto sommato ancora poco antropizzata come quella dell'Adamello Brenta. «Durante il monitoraggio degli orsi che abbiamo reintrodotto nella nostra zona – ricorda Mustoni – abbiamo rilevato il comportamento anomalo di un orso con radio collare che non era ancora andato in letargo: durante la notte di Capodanno di qualche anno fa si è spostato di quasi 30 chilometri, correndo subito dopo la mezzanotte».

Un esempio che può sembrare strano considerato che la zona di reitroduzione degli orsi è sulle montagne, molto lontana da dove si trovano gli insediamenti umani, ma che è spiegata dalla particolare posizione dei Comuni che sorgono nelle vicinanze del Parco. È proprio la particolare collocazione tra le due catene montuose infatti ad amplificare gli effetti dei botti nei Comuni del fondovalle: «C'è il problema, evidente nelle valli alpine, legato alle ripidità dei versanti montuosi che amplificano e fanno rimbalzare rumori fino ai valici più interni posti lontani dal fondovalle».

È nel fondovalle che si rilevano gli effetti peggiori legati agli scoppi di Capodanno: «Negli scorsi anni abbiamo rilevato diversi branchi di cervi lanciati in corsa nei paesi del fondovalle durante la notte di Capodanno, anche questo un comportamento anomalo», conferma il ricercatore.

Queste azioni indotte dalla paura, soprattutto nei casi di una popolazione ancora a rischio come quella degli orsi bruni delle alpi, può rivelarsi estremamente dannosa per la conservazione della specie. L'ibernazione a cui vanno soggetti gli orsi durante i mesi invernali rappresenta un periodo fondamentale per la sopravvivenza e la maturazione dell'animale, insidiata da scoppi che in alcune zone iniziano già da metà dicembre, un'abitudine dannosa per la fauna a cui non è immune il Trentino.

Cervi e orsi che corrono tanto a lungo da trovarsi in un territorio che non appartiene loro sono più esposti ai rischi, come sottolinea il ricercatore: «Gli animali perdono l'orientamento in un momento dell'anno particolarmente difficile per la loro sopravvivenza perché l'inverno negli ambienti alpini, con la neve e le temperature gelide, è un periodo nel quale fanno fatica ad alimentarsi e quindi spostamenti improvvisi, non voluti dagli animali, possono tradursi in una maggiore mortalità degli stessi».

Ma qui entra in gioco la campagna di sensibilizzazione condotta convolgendo gli abitanti: «Non possiamo fare molto per impedire la pratica dei botti di Capodanno. Nel caso dell'Adamello-Brenta i Comuni del fondovalle infatti non si trovano all'interno del territorio del Parco. Quello che possiamo fare è convincere i residenti ad abbandonare questa insana abitudine», sottolinea Mustoni.

Negli ultimi anni però la situazione sta migliorando, conferma il ricercatore: «Penso che la sensibilità delle persone nei confronti degli animali abbia influito sulla riduzione dei botti. Forse anche a causa della crisi economica che ci ha colpito il rumore a Capodanno è diminuito parecchio ed è limitato a poche ore del 31 dicembre, mentre prima i botti cominciavano anche dieci giorni prima. È una pratica che si sta andando a limitare da sola per la maggiore sensibilità delle persone».

Parco del Conero: giochi di luce per non disturbare l'avifauna

Parco del conero

Ci sono alcune aree della Penisola particolarmente fortunate perché in pochi chilometri quadrati riescono a racchiudere mare e montagna. Tra queste c'è il Parco del Conero, l'area naturale protetta più grande delle Marche e candidata a diventare Patrimonio dell'UNESCO.

Il perfetto connubio di terra e mare nasconde però alcune insidie per la preservazione della fauna selvatica, come spiega il direttore del Parco Marco Zannini: «Qui la tradizione dei botti non c'è solo nel periodo post natalizio. Essendo presenti sul nostro territorio della nostra Riviera anche zone fortemente urbanizzate, i fuochi d'artificio sono presenti anche in estate, un'attività che ha effetti sconvolgenti sugli animali selvatici, e soprattutto sull'avifauna, di cui il Parco è molto ricco».

Ancona, Sirolo, Numana e Camerano sono località di terra e mare insistenti sul territorio del Parco che hanno una tradizione di fuochi d'artificio che illuminano la Riviera in estate e inverno.

«Il rumore crea problemi soprattutto agli uccelli che hanno udito fine e quindi vengono disorientati più facilmente di altre specie», sottolinea il direttore Zannini che nel Parco, solo quest'anno ha promosso la cura e la liberazione di 60 gli uccelli.

Potendo osservare l'effetto dei botti anche durante un periodo dell'anno con temperature meno gelide, operatori del Parco e ricercatori hanno osservato in maniera dettaglia gli effetti dei botti sulla fauna: «L'impatto di questa pratica sulla fauna selvatica è più dannoso anche rispetto alla fauna domestica. Non abbiamo avuto morie di uccelli ma abbiamo assistito a fenomeni di disorientamento importanti. Anche sui grandi mammiferi l'effetto è disastroso: se non disturbati non vanno a finire sulla strada come invece accade quando sono spinti dalla paura».

Il Parco ha quindi condotto una campagna informativa capillare da Ferragosto a Capodanno: «Abbiamo cercato di scoraggiare l'uso dei fuochi d'artificio nei centri urbani con una normativa che prevede una richiesta scritta per questo tipo di spettacoli. Si tratta di una soluzione non risolutiva, dato che bisognerebbe evitarli del tutto, ma in assenza di un divieto assoluto agiamo nei confini disposti dalla legge», spiega Zannini.

La soluzione individuata dal Parco può mettere d'accordo tradizione umana e benessere animale: «Bisogna portare avanti una transizione definitiva verso altri tipi di effetti, non così sconvolgenti sulla fauna, magari privilegiando i giochi di luce privi di rumore».

Quello che è certo, è che deve avvenire al più presto un cambio di rotta nel modo in cui l'essere umano si rapporta alla fauna selvatica negli spazi condivisi. Cercando un approccio libero dal giogo dei dati ufficiali e maggiormente basato sull'osservazione di chi a contato con i selvatici vive e lavora con professionalità.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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