Era finita contro un hangar dell’aeroporto di Fiumicino, precipitando a terra, la femmina di falco pellegrino curata dagli operatori del Centro recupero animali selvatici Lipu di Roma. E liberata dopo la fine della convalescenza.
«Il sesso è facilmente individuabile in questi rapaci perché le femmine sono di dimensioni molto più piccole – spiega a Kodami la responsabile del Centro, Francesca Manzia – Grazie ai volontari del Centro Habitat Mediterrao Lipu di Ostia, che l’hanno subito portata da noi, è stato possibile prestarle con rapidità le prime cure, per limitare le conseguenze del forte trauma cranico».
Dopo circa tre settimane di cure, il falco pellegrino è tornato in forze ed è stato possibile liberarlo «giusto in tempo per un appuntamento fondamentale: l’inizio della stagione degli amori» sottolinea Manzia.
Il rapace è stato anche munito di un collare Gps, che permetterà agli operatori Lipu di tenere sotto controllo il suo recupero e monitorare gli spostamenti. Ma non solo: «Il tracciamento satellitare di questo e di altri uccelli – spiega la responsabile del Centro Lipu di Roma – è molto importante per aumentare la consapevolezza delle sfide e dei problemi che alcune specie affrontano nella complessità del mondo contemporaneo e delle relative strategie di risoluzione che possiamo adottare».
La Lipu, dunque, seguirà i movimenti futuri della femmina di falco pellegrino. Mentre grazie al lavoro dell’associazione no profit di ornitologi, biologi e scienziati ambientali “Ornis italica”, che segue da anni i nidi di falco pellegrino nel Comune di Roma, è stato possibile ricostruire anche il passato del rapace.
«L’anello che le è stato messo alla nascita – spiega Manzia – ci racconta che è venuta al mondo nel 2021, nel nido di Malagrotta. A volte la storia degli animali che curiamo è un imperscrutabile mistero. Altre volte, come in questo caso, abbiamo la possibilità straordinaria di leggerne la storia, come fosse un libro aperto».
Seguire gli spostamenti della femmina di falco pellegrino (Falco peregrinus) sarà un’esperienza unica e di grande valore scientifico. Si tratta, infatti, del campione indiscusso di rapidità del mondo animale. La sua velocità massima stimata è di oltre 320 chilometri orari.
Si tratta inoltre di una specie protetta, in base alla legge 157/1992 e alle direttive comunitarie sulla tutela dell’avifauna. Nonostante questo, purtroppo, questo rapace finisce spesso vittima dei bracconieri. Come accaduto all’individuo ricoverato a dicembre al Parco faunistico Piano dell’Abatino, in provincia di Rieti, dopo essere stato impallinato.