Un falco di palude (Circus aeruginosus) maschio, uno dei rapaci più belli della zona jonica, impallinato a 100 metri dalla Palude La Vela, una specie protetta in un’area parco e dopo la fine della stagione venatoria. Il WWF di Taranto lancia l’allarme sulla caccia di frodo. A farne le spese a questo giro è stato questo un meraviglioso uccello, per fortuna soccorso per tempo dai volontari.
«Il falco della palude è un animale protetto – spiega a Kodami Gianni De Vincentiis del WWF Taranto – quella non è una zona di caccia e, anche se lo fosse, l’animale è stato attinto da una fucilata a caccia chiusa, cioè dopo il 31 gennaio. Siamo stati chiamati da due splendide persone, Francesco Villani e Gaia Leuzzi, e siamo intervenuti immediatamente. Abbiamo recuperato l'animale e lo abbiamo trasportato al CRAS competente per le cure. Si salverà, è stato fortunato. Ma questa mattanza continua, in barba alle regole, alla legge e al senso civico. Siamo stanchi e demoralizzati ma non molliamo».
E infatti a distanza di pochi giorni dall’episodio, avvenuto lo scorso 3 febbraio, i volontari del WWF sono tornati sul posto, dove hanno trovato decine e decine di cartucce di fucile. Chi agisce in questa maniera, evidentemente, sa di restare impunito, e prosegue con queste condotte che danneggiano la natura, mettendo a rischio anche una specie considerata, secondo la lista rossa IUCN italiana, come vulnerabile. Per dare un’idea di cosa questo significhi, possiamo ricordare che la popolazione italiana nidificante è stimata in 214-287 coppie, secondo i dati raccolti nel Manuale diagnostico degli habitat Sun Life dell’Università di Perugia.
È chiaro che questo non è il primo episodio di questo tipo: «Non lo è assolutamente – aggiunge De Vincentiis – le cartucce, del resto, le abbiamo trovate tutte in un’area interdetta alla caccia. Il problema è che i controlli sono praticamente assenti o mal strutturati».
Questo episodio avviene proprio in un momento in cui da più parti viene promosso un invito a favorire la caccia, come strumento per contrastare l’avvicinamento della fauna selvatica. Un ragionamento che non tiene conto proprio di questi episodi, o di altri simili, che fanno diventare vittime di certe condotte scorrette anche specie cui spetterebbe una maggiore tutela. Richieste rispetto alle quali per ora si registra il silenzio della Regione Puglia, che pure ha esteso la stagione venatoria per quattro specie di uccelli, tra le proteste di ben 140 associazioni. Un segnale negativo in un momento in cui il sentimento sociale chiede di andare in ben altra direzione. Ricordiamo, infine, che solo qualche hanno fa l'Italia si è guadagnata il triste primato europeo per il bracconaggio dell'avifauna: non un risultato di cui andare orgogliosi.