Al centro di accoglienza per la fauna selvatica "Il Pettirosso" di Modena é arrivato Ezechiele, un lupo dal pelo nero con una storia davvero particolare alle spalle. Trovato ferito lungo il ciglio della strada quando era ancora un cucciolo di 4 mesi e scambiato per un cane, era stato salvato da una famiglia che lo aveva trasportato al canile locale.
Nessuno aveva investigato sulle sue possibili origini selvatiche ma oggi, a seguito delle visite di controllo alle zampe posteriori ancora mal ridotte dall'incidente automobilistico avuto nei primi mesi di vita, è arrivata la certezza: non si tratta di un cane ma di un raro esemplare di lupo melanico, che presenta quindi la caratteristica pigmentazione del pelo studiata per anni dai ricercatori canadesi, americani e italiani, i tre paesi in cui questo fenomeno è stato riscontrato.
«Già tempo fa avevamo ricevuto una segnalazione da parte di un nostro veterinario, il quale aveva visitato l'animale ed aveva esposto il dubbio che si trattasse di un lupo – spiega Piero Milani, direttore del centro di fauna selvatica – Ma solo ora ne abbiamo avuto la certezza e abbiamo avuto il via libera per poter intervenire e trasportarlo in un centro in cui verrà trattato come l'animale selvatico che è».
Negli ultimi giorni, a seguito del trasferimento del lupo verso il centro di accoglienza di Modena, si sono succedute diverse notizie, talvolta discordanti, sul suo conto talvolta viene chiamato in un modo, altre volte invece cambia nome, rendendo complicato ricostruire l'evolversi della faccenda. A generare confusione probabilmente è stato il fatto che in passato questo lupo ha già avuto due nomi: Gandalf: datogli dai primi esseri umani che l'hanno trovato a bordo strada, e Rufus, nome scelto dai volontari della struttura in provincia di Pistoia che lo ha accolto fino a qualche tempo fa. In realtà però si tratta sempre di lui: il lupo melanico che ha ancora una volta cambiato nome: Ezechiele.
«Non potrà tornare in libertà ma vivrà in un grande recinto»
Rufus un tempo viveva circondato da persone che non avevano idea di avere a che fare con un esemplare di una specie protetta. Probabilmente a causa della sua evidente zoppia alle zampe posteriori non aveva mai attirato le attenzioni di una famiglia adottante che lo avrebbe potuto portare fuori dal box dove viveva: «Quando le analisi del DNA hanno dimostrato che si trattava effettivamente di un animale selvatico, è divenuto indispensabile il sequestro – racconta Piero Milani – Lo abbiamo sedato e trasportato verso la nostra struttura dove, a seguito dei necessari controlli, verrà rilasciato all'interno del recinto di quasi 10.000 metri quadrati che condividerà con Frida, la sua simile che al momento è ospite del nostro centro».
«Le condizioni delle zampe posteriori dell'animale sono ancora in fase di controllo – spiega il direttore del centro – A causa della sua zoppia non sarà possibile permettergli di tornare a vivere in libertà. Un animale così debilitato rischierebbe di rimanere vittima delle difficoltà dell'ambiente o non riuscire a cacciare il cibo indispensabile per il sostentamento».
Il suo destino però, secondo Milani sarebbe potuto essere differente: «Se in questi 4 anni trascorsi dal suo ritrovamento fosse stato monitorato, la sua condizione sarebbe potute migliorare. Ma non avendo ricevuto le cure continue necessarie, sarà indispensabile un'accurata valutazione prima di intervenire. Il rischio è che un'operazione possa non essere una buona idea e rappresentare invece un inutile accanimento terapeutico. Per decidere come comportarci quindi, attenderemo i risultati delle Tac».
Il centro per la fauna selvatica "Il Pettirosso" vuole aprire anche agli orsi
«All'interno del nostro centro ospitiamo lupi, linci, cervi, gufi e molti altri animali che arrivano da diverse regioni d'Italia – spiega Milani – Alcuni individui arrivano addirittura dal Trentino – Alto Adige, dove i centri come il nostro vengono gestiti in maniera estremamente diversa, aprono dal lunedì al venerdì e spesso sono in mano alle associazioni di cacciatori». Il centro il "Pettirosso" infatti, si differenzia da molti altri perché è aperto 24 ore al giorno e riceve segnalazioni di animali in difficoltà ogni giorno della settimana: «Siamo tutti operatori volontari, anche i nostri 10 veterinari – spiega il direttore – Viviamo di donazioni da parte dei privati, vendiamo calendari, riceviamo il 5‰ e quasi il 60% delle offerte che ci arrivano, proviene da regioni diverse dall'Emilia Romagna».
Il centro modenese negli ultimi anni ha sviluppato una nuova area che il direttore spera di poter utilizzare per ospitare anche gli orsi: «Si tratta di 20.ooo metri quadrati di terreno, all'interno dei quali stiamo facendo in modo di crare l'ambiente ideale per i plantigradi – conclude il direttore – stiamo aspettando di presentare la nostra proposta ai Carabinieri del Cites, l'organo che tutela le specie di fauna e flora protette, nella speranza che venga ascoltata la voce di chi, come noi, vuole dare qualità a questi servizi offerti agli animali selvatici».