Hanno lottato per oltre due anni tra appelli e raccolte firme ma ora la Lav, Lega Vivisezione deve accettare la sentenza del Consiglio di Stato che ha decretato che possono riprendere gli esperimenti sui macachi utilizzati per lo studio “Light-up”, dell’Università di Parma e Torino, che ha l'obiettivo di ridare la vista alle persone che l'hanno persa.
Lo studio "Light-up"
La sperimentazione sui macachi portata avanti dalle Università di Parma e Torino fa parte dello studio “Light-up”, che ha lo scopo di trovare meccanismi neurali e trattamenti per il recupero visivo in persone che hanno una parziale cecità dovuta a lesioni cerebrali e non dell'occhio. Per farlo, però, ha bisogno di testare le nuove terapie sugli animali prima che sugli uomini e in questo caso lo fa su nove esemplari della specie Macaca mulatta, ai quali vengono provocate piccole lesioni a un occhio.
Quando è cominciata tutta la vicenda, la cronostoria
La prima richiesta della Lav al Tar del Lazio perché sospendesse in via d’urgenza la sperimentazione era stata respinta nel novembre 2019. La Lav avrebbe dovuto dimostrare che esistevano vie alternative alla sperimentazione animale per il raggiungimento dell’obiettivo scientifico.
Ma la battaglia prosegue e il 23 gennaio arriva l’ordinanza del Consiglio di Stato che ribalta quel primo pronunciamento, decretando lo stop agli esperimenti, e accogliendo il ricordo della Lega Antivivisezione.
In particolare secondo la terza sezione del Consiglio di Stato, è il ministero della Salute che «deve, con massima urgenza, fornire tale prova sull’impossibilità di trovare alternativa ad una sperimentazione invasiva sugli animali nonché depositare una dettagliata relazione sulla somministrazione agli animali oggetto di sperimentazione di liquidi e cibo sufficienti, astenendosi da misure che finiscano per trasformare la doverosa erogazione di cibo e liquidi in forma di premio per asservire la volontà di animali sensibili come i primati».
Ma non finisce così. Quello del Consiglio di Stato è infatti un provvedimento provvisorio, una sentenza cautelare. E infatti, lo stop si protrae fino a maggio 2020 quando il Tar del Lazio si pronunce nuovamente a favore della ripresa della sperimentazione. La Lav ricorre nuovamente al Consiglio di Stato che, per la seconda volta in un anno, dà ragione all’associazione animalista e il 9 ottobre blocca di nuova lo studio.
La delusione della Lega Antivivisezione: «Oggi ha perso tutta la ricerca»
«Abbiamo combattuto una battaglia per oltre due anni, contro i giganti favorevoli alla sperimentazione animale. Una lotta con cui abbiamo svelato ciò che accadeva in quei laboratori, per questo studio autorizzato all’Università di Torino, finanziato con fondi europei» scrive l’Associazione sul suo account Facebook.
«Ci sono voluti mesi solo per ottenere la descrizione del progetto e all’inizio ci avevano risposto che nemmeno esisteva – commenta la biologa Michela Kuan, responsabile LAV Ricerca senza animali – Leggendo il protocollo ci siamo subito accorti delle forti contraddizioni con quanto previsto dalla normativa, fatto che continuiamo a ribadire, tanto più con l’accoglimento da parte del Consiglio di Stato dei nostri rilievi sui report sulla sofferenza degli animali e, che ora, potremo rendere pubblico nei particolari».
E aggiunge: «In questa lunga campagna d’informazione e denuncia numerosi esperti scientifici e legali hanno sostenuto la richiesta LAV di fermare la sperimentazione e liberare gli animali. Il Consiglio di Stato ha nei mesi scorsi sospeso lo studio “Light-up” per ben due volte, fatto unico nella storia del nostro Paese, sottolineando che non era stata sufficientemente argomentata la impossibilità di ricorrere ad altri metodi, e che l’eventuale perdita dei fondi legati al progetto era secondaria “rispetto alla cecità provocata in sei esseri senzienti, con indubbia sofferenza”. Oggi non ha perso solo la LAV, e gli oltre 440mila cittadini che hanno aderito alle nostre richieste, ha perso tutta la ricerca, ha perso l’Italia dove si continua a voler difendere una sperimentazione fuorviante, dispendiosa e ancorata al passato, a discapito del diritto e della vita di tutti e dei metodi innovativi di ricerca. Non ci fermeremo qui: abbiamo contribuito ad accendere i riflettori su quanto avviene dietro le porte chiuse dei laboratori, e noi faremo in modo che restino accesi».