Molte persone si chiedono se vi siano cani più difficili di altri da gestire, se vi siano cioè cani che creano più problemi. Ma la domanda posta in questi termini è un po' troppo vaga e verrebbe da rispondere: certamente che sì! Andiamo però a vedere quali sono gli elementi da considerare prima di trarre errate conclusioni e generare fraintendimenti.
Quando un cane è "difficile" da gestire?
Innanzitutto, sarebbe meglio soffermarsi proprio su cosa si intenda per "difficile da gestire". Già qui se sentissimo il parere di 100 persone probabilmente avremmo 100 risposte differenti. Allora, nel tentativo di trattare questa domanda saremo forzatamente costretti a fare delle generalizzazioni, sperando di non generare confusione né tantomeno fraintendimenti.
In prima istanza possiamo dire che essendo ogni cane un individuo a sé stante, e quindi diverso da ogni altro, il fatto che possa essere “difficile” o meno da gestire apre infinite variabili a seconda del contesto e del gruppo familiare nel quale è inserito. Possiamo però dire che un cane che genera difficoltà sia essenzialmente un cane che è in difficoltà, ovvero un individuo che non riesce a trovare equilibrio in un determinato contesto, o famiglia se vogliamo.
È un cane che sovente non è compreso, un cane i cui bisogni e desideri non sono appagati, che magari ha una storia pregressa traumatica o versa in uno stato patologico, giusto per fare degli esempi. E in tutto ciò c'è anche la controparte relazionale da considerare, magari il cane risulta essere "difficile" perché la famiglia ha delle aspettative irrazionali nei suoi confronti o non si rende conto delle difficili condizioni in cui fa vivere il suo compagno canino o fraintende completamente il la sua comunicazione e via dicendo. Insomma, ognuno di questi elementi può sfociare in una situazione difficile.
Il tipo o la razza difficile
Detto questo possiamo anche generalizzare su determinate caratteristiche proprie dei cani appartenenti a particolari tipologie o razze. Non ci stanchiamo mai comunque di rimarcare il valore assoluto della soggettività dei cani – di razza o meno – che sta sempre al di sopra di ogni categoria e va sempre messo in primissimo piano, pena la superficialità e il facile cadere in gravi errori di valutazione.
Sottolineato ciò, possiamo dire che ci sono particolari tipologie di cani, o razze, che hanno subìto più profondi maltrattamenti genetici di altri, soprattutto in merito all'equilibrio comportamentale che, non dimentichiamolo, è anche assoggettato alle complesse funzioni fisiologiche, come la produzione di particolari ormoni che, se squilibrata, andrà generalmente ad alterare il comportamento espresso dei cani appartenenti a questa o quella razza.
Questo fa sì che alcune razze in un contesto “normale”, dove per normale azzardiamo la famiglia classica senza particolari conoscenze in ambito cinofilo, che vive in un ambiente cittadino anch'esso normale (e qui, solo per definire cosa si possa intendere con «normale» dovremmo scrivere un saggio, perciò ci si accontenti della nostra idea comune di normalità) potrebbero creare sì molti problemi di gestione, soprattutto perché se la selezione ha lavorato intensamente per ottenere iper-specializzazioni, quel cane sarà potenzialmente fuori contesto quindi non appagato da una vita che definiremmo “normale”, circondato da persone non in grado di comprenderlo e di assecondare i suoi intrinsechi bisogni.
Per fare un esempio potremmo dire che tutti i cani che una certa cinofilia – e qui intendiamo quella prettamente zootecnica – tende a definire "da lavoro" hanno vocazioni talmente lontane dal consueto concetto di equilibrio da non essere adatte al vivere in un contesto “normale”, ossia nella maggior parte delle case e famiglie. A meno che non vi sia un intenso impegno per tentare di compensare quegli squilibri indotti, e fortemente ricercati dalla selezione, e l'accettazione di grandi compromessi e limitazioni al nostro universale concetto di "normalità".
Tutto ciò, di fatto, si traduce per l'appunto in una condizione difficile che perdurerà per tutta la vita del cane. Un Pastore Tedesco “da lavoro” (anche detto Grigione), un Pastore Belga Malinois, un Rottweiler – per fare degli esempi – lo sono per tutta la vita e richiedono una gestione famigliare accorta e preparata alle loro spiccate esigenze, che forse la maggior parte delle persone non possono assecondare a fronte del loro stile di vita. Non si tratta di “curare” qualcosa o correggerla: queste caratteristiche sono il loro pregio dal punto di vista della zootecnia che contempla, per lo più, la performance funzionale ad un particolare contesto lavorativo per l’appunto. Condizione che quindi resterà per tutta la vita, ma, d'altro canto, non è forse quello che vogliamo quando decidiamo di prendere con noi cani che hanno certe caratteristiche peculiari, ossia che le mantengano per tutta la loro vita?
Detto ciò non si pensi che non vi possano essere cani come quelli presi ad esempio che non possano vivere in una famiglia “normale”, e rientriamo qui nel tema dell’individualità, ma non v’è dubbio che la normalità di quella famiglia contempli generalmente un impegno superiore alla media per far star bene il loro compagno a quattro zampe.
Altri cani difficili nella "normalità"
Ci sono altri esempi di cani difficili da gestire in un contesto di "normalità". Per esempio cani che hanno subito forti maltrattamenti o non hanno avuto un buon periodo di socializzazione sia primaria che secondaria. E non dobbiamo commettere l'errore di pensare esclusivamente a cani che arrivano da chissà dove: sono moltissimi i cani di famiglie "normali" che totalmente inesperte hanno pensato che la scelta migliore fosse quella di allevare un cucciolo senza avere la minima contezza di quali fossero le cose importanti da tener presente nei delicatissimi primi mesi dell'infanzia o nei turbolenti mesi dell'adolescenza del cane.
Cani che sviluppano fobie, iper-attività, stati perenni d'ansia, eccetera sono certamente difficili da gestire… ma per lo più a causa nostra. Naturalmente se aggiungiamo a questi fatti anche una taglia considerevole e un potenziale offensivo elevato ecco fatta la frittata.
Conosciamo moltissimi cani maltrattati inconsapevolmente ma essendo di piccola taglia la cosa passa inosservata. Spesso piccoli cani deprivati, irritabili, spaventati non vengono definiti "difficili" solo per il fatto che non possono nuocerci più di tanto, mentre un cane di 40 kg, o giù di lì, che sia irritabile sopra la media, allora ecco che diviene un cane "difficile" a parità di contesto sbagliato, di relazioni problematiche, di incomprensioni, di bisogni non appagati, e così via.
Tutti i cani del mondo hanno un posto
In conclusione possiamo dire che tutti i cani del mondo hanno il contesto appropriato nel quale vivere felici, la famiglia (o le famiglie) più coerenti con i loro desideri e bisogni: quel posto dove possono condurre una vita dignitosa e appagante… e tutti i cani del mondo, a prescindere dalle loro caratteristiche possono essere difficili da gestire se nel posto sbagliato, con il gruppo sbagliato, proprio come le persone.
Il tutto diventa problematico quando si inanellano catene di errori, preconcetti, superficialità, aspettative fuori dalla realtà e convinzioni profondamente distorte: tutte cose alle quali ci può anche essere rimedio, perché errare humanum est, ma ciò richiederà il mettersi in discussione, il cambiare effettivamente qualcosa della nostra “normalità”, proprio quella che ha creato conflitti e incomprensioni.
Senza questa disponibilità al cambiamento allora siamo nel campo del perseverare autem diabolicum e solitamente sarà il cane a farne le spese venendo definito “difficile”.
In ogni modo un consiglio utile potrebbe essere quello di informarsi prima di procedere ad un incauto acquisto o adozione inappropriata, chiedere il supporto di professionisti che possono evitarci gravi errori di scelta è la cosa migliore, innegabilmente, vale sempre più il detto: Prevenire è sempre meglio che curare…