Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan se la prende con gli animali e per permettere all’industria della pietra di aprire nuove cave, ridurrà lo spazio destinato alla conservazione delle gazzelle di montagna, popolazione di animali già molto ridotta e molto minacciata.
Un vero peccato perché, in un Paese che possiede un patrimonio naturale di valore assoluto, ma che molto raramente viene protetto, quell’area di conservazione rappresenta invece un grandissimo successo per il lavoro e l’impegno di istituzioni e privati.
Ma Erdogan ha deciso e firmato l’ordinanza, senza preoccuparsi delle proteste di chi quell’area l’aveva scoperta e iniziata a proteggere, il veterinario Yasar Ergun, professore all'università Mustafa Kemal di Antakya. Secondo cui, oltretutto, il problema vero non sarebbe nemmeno tanto la riduzione dello spazio, 10 chilometri quadrati, quanto l'impatto sugli animali delle esplosioni e del passaggio continuo dei mezzi pesanti.
La storia della riserva di gazzelle sotto controllo militare
Dietro un veicolo militare turco pesantemente corazzato di pattuglia vicino al confine siriano, le gazzelle di montagna (Gazella gazella) si inseguono, raggiungendo velocità di 80 km all'ora. Tra gli spettatori c'è lo scienziato e ambientalista turco, il professor Yasar Ergun, responsabile della sopravvivenza della specie nella provincia di Kirikhan, nell'Hatay, propaggine turca incuneata a sud, a ridosso del confine con la Siria.
Ed è proprio lui, il veterinario-professore che, nel 2008, scoprì le tracce di questa rara specie di gazzella in quel territorio. Una sorpresa poiché fino ad allora la specie si considerava estinta in tutto il Medio Oriente e si pensava che sopravvivesse ancora solo in due aree del territorio israeliano, una delle quali le alture del Golan, sotto occupazione da parte dell'esercito dello stato ebraico. E, invece, in quell’area controllata dai militari da più di 60 anni, le gazzelle erano a proprio agio, protette paradossalmente dalla presenza di quegli uomini divisa che così le proteggevano dal bracconaggio selvaggio.
Un'area salvata anche dalla guerra
«Le prime notizie le ho ricevute da un vecchio pastore del luogo. Subito nessuno mi credeva», ha raccontato ai media il professore. «La convinzione di tutti era che si trattasse della specie di gazzella gozzuta (Gazella subgutturosa), molto più diffusa. Poi sono riuscito a scattare alcune foto e così hanno capito che questo animale andava protetto» ha spiegato Ergun il quale, una volta avuta la possibilità, ha fondato l’associazione Takoder, insieme all'amico e presidente della Repubblica di Hatay, Abdullah Ogunc, con l'obiettivo di salvare i circa 90 animali contati nel 2010, coinvolgendo con successo le istituzioni.
Il centro di recupero e riproduzione per questi animali, un'area protetta di 135 chilometri quadrati, era stato istituito dallo stesso Erdogan nel 2014, che allora aveva ordinato che venisse impedito di scavare nuove cave alle fabbriche attive nell'area. E, nonostante l'operazione militare contro l'enclave curda di Afrin abbia attraversato l'area delle gazzelle nel 2018, la popolazione è cresciuta fino ai 1141 individui censiti quest'anno. Una crescita che ha sostenuto l’intero ecosistema, ha specificato Ergun, che ha visto rifiorire le piante e i germogli, compreso il grano coltivato, e che ha visto il ritorno dei lupi nella zona dopo 50 anni.
Purtroppo, però, nonostante gli sforzi, nella lista rossa delle specie minacciate di estinzione, compilata ogni anno da IUCN, International Union for Conservation of Nature, la gazzella di montagna c’è comunque.