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12 Maggio 2021
15:26

Emilia Romagna: la prima regione in Italia verso un futuro senza gabbie

La Regione Emilia Romagna sarà la prima ad avviare un percorso di transizione verso un futuro senza allevamenti in gabbia. La decisione arriva sulla scia dell'Iniziativa dei Cittadini Europei #EndTheCageAge, la quale ha da poco raggiunto il Parlamento europeo. Ognuno di noi può supportare il cambiamento aumentando la consapevolezza di ciò che mettiamo nel piatto.

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Il 4 maggio 2021 la Commissione Politiche economiche della Regione Emilia Romagna ha approvato la risoluzione, presentata della Giunta regionale, che richiede la promozione di politiche e strumenti a supporto della transizione del settore zootecnico verso allevamenti senza gabbie, dando così una spinta verso la tutela del benessere psico fisico degli animali destinati al mercato alimentare.

La risoluzione, di cui i firmatari sono i consiglieri Silvia Zamboni (Europa Verde), Palma Costi (PD) e Stefano Caliandro (PD), è stata proposta lo scorso mese di marzo e prende spunto dall'Iniziativa dei Cittadini Europei #EndTheCageAge, che dopo aver raggiunto l'importante risultato di oltre un milione di firme raccolte, qualche settimana fa ha ottenuto un forte supporto dal Parlamento Europeo, ed attende ora che si pronunci la Commissione europea per avviare finalmente un processo che condurrà all'eliminazione delle gabbie negli allevamenti del nostro continente.

La situazione degli allevamenti europei varia di paese in paese, ma l'Italia non è ancora intervenuta sui regolamenti che disciplinano le condizioni di vita e la sostenibilità degli allevamenti intensivi. «Nel nostro paese vige la normativa Europea di protezione degli animali negli allevamenti – spiega Annamaria Pisapia, Direttrice di CIWF Italia Onlus, una delle associazioni impegnate nell'iniziativa #EndTheCageAge – Si tratta di norme minime, che, sebbene importanti, non impediscono l’allevamento degli animali in condizioni incompatibili con il loro benessere. Quindi l’Italia ha tanto da fare ancora per dare agli animali allevati una vita degna di essere vissuta».

«L'Emilia Romagna traccia la strada da seguire»

«É ormai riconosciuto che l’industrializzazione dei sistemi di allevamento intensivi costringe un alto numero di animali a vivere in spazi ristretti con ripercussioni negative sulla loro salute, oltre che sul loro benessere – si legge nel testo presentato alla Commissione Politiche economiche – favorendo la diffusione di virus e batteri che possono essere potenzialmente trasmissibili all’uomo (zoonosi) e all’origine di epidemie e pandemie; inoltre, questa condizione comporta l’impiego massiccio di
antibiotici che poi ritroviamo nella carne che consumiamo». Sono queste le parole con cui l'Emilia Romagna, come prima regione in Italia, si impegna per dare un'impronta più sostenibile dal punto di vista etico, ma anche ambientale al mercato alimentare del proprio territorio.

«Nonostante si tratti di un atto di indirizzo, senza precise scadenze, è un risultato molto importante e traccia chiaramente la strada da seguire per dismettere l’uso delle gabbie, un sistema di allevamento obsoleto e crudele verso gli animali – commenta Annamaria Pisapia-  Le istituzioni devono ora supportare gli allevatori. I fondi a disposizione per l'allevamento non dovranno venire usati per mantenere lo status quo, come è stato finora, ma andranno rivolti solo a chi vuole effettuare la transizione a sistemi veramente più rispettosi del benessere animale, come quelli senza gabbie».

Anche l'ambiente risente dell'allevamento: lo studio di Greenpeace

Le conseguenze degli stili alimentari e del consumo di carne nel nostro paese non sono limitate agli argomenti toccati dai Consiglieri regionali firmatari della proposta, ma si stanno ripercuotendo anche sull'ambiente che ci circonda. A parlarne è uno studio del 2020 condotto da Greenpeace in collaborazione con l'Università della Tuscia, nell'ambito del quale, per la prima volta è stato calcolato se il territorio italiano possa effettivamente permettersi il numero di capi attualmente allevati in Italia, cercando di capire se la gestione di questi animali non stia lentamente erodendo le risorse naturali italiane. I risultati sono preoccupanti, infatti secondo i ricercatori, gli allevamenti italiani stanno consumando il 39% delle risorse naturali del territorio agricolo. Un caso emblematico, sempre secondo lo studio è quello della Lombardia, dove il settore zootecnico sta divorando il 140% della bio capacità agricola della regione. In poche parole, per assorbire le emissioni degli animali allevati sul territorio lombardo, la regione dovrebbe avere una superficie agricola grande quasi una volta e mezza.

Possiamo fare ogni giorno qualcosa: «Decidiamo cosa mettere nei nostri piatti»

La crudeltà della vita all'interno degli allevamenti intensivi viene sempre più intensamente denunciata da molte associazioni animaliste e ambientaliste, le quali sono unite nell'obiettivo di creare un futuro senza gabbie per gli animali destinati al mercato alimentare. Ma per cambiare rotta non serve stravolgere le nostre abitudini, anzi, ognuno di noi può partecipare a questo indispensabile cambiamento: «Possiamo ogni giorno fare la differenza, decidendo cosa mettere nel nostro piatto – conclude Annamaria Pisapia – In primo luogo scegliendo di non comprare prodotti da allevamento intensivo, ma anche diminuendo sensibilmente (idealmente dimezzando) il consumo di prodotti di origine animale, introducendo più prodotti a base vegetale. Importante è che i prodotti di origine animale che compriamo derivino da allevamenti all’aperto, biologici e Grass Fed. Diffidiamo infine da generiche etichette “benessere animale” perché non abbiamo la certezza, purtroppo, che corrispondano ad allevamenti veramente più rispettosi».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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