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1 Marzo 2023
16:13

Elefanti meccanici al posto di quelli veri nei riti indiani: è la prima volta che succede

Un tempio nello Stato meridionale del Kerala ha introdotto un elefante meccanico per l'esecuzione dei riti al posto di uno vero, muovendo un passo importante verso la fine dell'utilizzo degli animali viventi alle celebrazioni religiose.

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l'elefante robotico
L’elefante robotico

Incatenati, sellati e decorati, gli elefanti purtroppo svolgono ancora un ruolo molto importante nelle feste religiose indiane. Gli attivisti per il benessere degli animali sono anni che esprimono grande preoccupazione per il maltrattamento subito dai pachidermi e, finalmente in questi giorni è arrivata una prima vittoria.

Un tempio nello Stato meridionale del Kerala ha introdotto un elefante meccanico per l'esecuzione dei riti al posto di uno vero, muovendo un passo importante verso la fine dell'utilizzo degli animali viventi nelle celebrazioni religiose.

L'elefante robot, come riferito dalla Bbc, è stato donato all'Irinjadappilly Sree Krishna Temple, nel distretto di Thrissur, dalla PETA India, la People for Ethical Treatment of Animals, e dall'attrice Parvathy Thiruvothu.

L’organizzazione, infatti, si batte in maniera molto decisa contro questa tradizione ancora molto sentita, ma anche molto poco spirituale se si va a ben vedere.

Infatti, gli elefanti che sono animali selvatici e che non obbediscono volentieri ai comandi umani, per essere utilizzati in cerimonie o riti vengono addestrati con punizioni e percosse. Molti hanno disturbi alle zampe dovuti all'essere incatenati per ore e ore e la maggior parte di loro non riceve cibo, acqua o cure veterinarie adeguate, per non parlare di alcuna parvenza di vita naturale.

La frustrazione della cattività, inoltre, porta gli elefanti a sviluppare e mostrare comportamenti anomali tanto che spesso scattano e cercano di liberarsi, impazzendo e danneggiando così umani, altri animali e proprietà.

Per tutti questi motivi la PETA invita a superare questo modo incivile di avvalersi di questi poveri animali. E per gli elefanti già in cattività, l’organizzazione suggerisce di ritirarli in santuari dove possano vivere senza catene e in compagnia di altri elefanti, guarendo psicologicamente e fisicamente dal trauma di anni di isolamento, prigionia e abusi.

Oltre ai riti religiosi, in India, Thailandia o Nepal l'elefante è anche un’attrazione che piace molto ai turisti, ma se a qualcuno può sembrare un un’attività divertente, per questi animali non lo è per niente. Intanto perché, visto che non nascono abbastanza elefanti in cattività per soddisfare la domanda, il bracconaggio aumenta proprio per rispondere alla sempre maggiore richiesta di questo tipo di “intrattenimento”.

Inoltre, ogni elefante che lavora nei circhi o nel settore turistico riceve un addestramento che in India viene chiamato “phajaan” e che prevede di annientare la sua anima selvaggia, lasciandolo sotto il controllo assoluto dei suoi addestratori o “mahout”.

Nella pratica il rituale eseguito da uno sciamano, non ha nulla di spirituale: gli animali, infatti, subiscono attraverso metodi talmente coercitivi torture tali che sono stati documentati numerosi casi di elefanti deceduti.

Il giovane elefante viene tormentato per tutto il tempo necessario finché, attraverso l’uso della paura, non impara a obbedire agli umani e a fare tutto ciò che gli viene chiesto raggiungendo così l’obbedienza totale. 

E così la richiesta di migliaia di visitatori di cavalcare gli elefanti si trasforma nell’obbligo per i pachidermi di lavorare instancabilmente anche se malati, feriti, anziani e l'unico modo per farlo è riempiendoli di anfetamine.

Non c'è solo lo sfruttamento degli elefanti asiatici a fini turistici, comunque. Ci sono anche le tigri in Thailandia che vengono incatenate e sedate per permettere ai turisti di scattarsi una foto con il grande felino. E in Indonesia le scimmie sono costrette ad esibirsi per strada mascherate da bambine per intrattenere i viaggiatori.

La cosa inquietante è che, secondo uno studio commissionato dal World animal protection all’Unità di ricerca sulla conservazione dell’Università di Oxford, ogni anno questo tipo di turismo sulla pelle degli animali sposta 110 milioni di persone in tutto il mondo.

Difficile dire come chi ama gli animali e senz’altro visita questi Paesi anche e proprio per ammirare la fauna selvatica esistente, poi finisca per sostenere attrazioni inutili che non solo tengono quegli animali in pessime condizioni, ma fanno anche danni notevoli in termini di conservazione.

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Simona Sirianni
Giornalista
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