Non sono soltanto straordinariamente belli ed affascinanti. Gli elefanti hanno anche un ruolo cruciale nell’ecologia delle savane e delle foreste: contribuiscono a concimare il suolo, disperdono e disseminano i semi degli alberi della savana e della foresta e ci sono alberi che riescono a riprodursi efficacemente soltanto se i semi sono stati digeriti dallo stomaco di un elefante perché i loro succhi gastrici svolgono un’importante funzione di attivazione della germinazione.
Insomma, quando parliamo di elefanti parliamo di veri e propri “ingegneri” del loro habitat: aprono radure, camminamenti, determinano la distribuzione degli alberi e della vegetazione. Sono dei veri e potenti bulldozer che creano le condizioni ecologiche utili alla sopravvivenza di un significativo numero di altri animali e piante.
Non è un caso quindi che il WWF Italia abbia lanciato la campagna “SOS Elefante” grazie alla quale donando al 45594 con SMS o chiamata da rete fissa, dall’1 al 21 maggio, ognuno di noi può contribuire a salvare questi meravigliosi animali dall’estinzione collaborando con il WWF alla realizzazione del progetto “Una foresta per gli elefanti”.
In 100 anni è scomparso il 95% degli elefanti africani
In 100 anni abbiamo già perso oltre il 95% degli elefanti africani, ed è proprio partendo da questa emergenza che è nato un nuovo progetto WWF. Nell’ultimo secolo il numero di elefanti nel continente africano è drasticamente crollato, passando dai 12 milioni stimati circa un secolo fa ai 415.000 riportati nell’ultimo censimento. Le due specie distinte di elefanti africani, l’elefante di savana e quello di foresta, sono entrambe in pericolo: soltanto il bracconaggio è probabilmente la causa dell’uccisione di 20 mila esemplari massacrati per il loro avorio ogni anno. Al bracconaggio questo si aggiungono le uccisioni generate dai conflitti tra gli elefanti e le comunità locali, purtroppo in crescita a causa della deforestazione (trasformazione di aree di foresta e savana in coltivazioni), carenza di cibo o di acqua. In Kenya, proprio a causa del conflitto con le attività umane, ogni anno le autorità preposte alla tutela della fauna selvatica sparano a 50-120 elefanti problematici, mentre tra il 2010 e il 2017 circa 200 persone sono morte in conflitti uomo-elefante.
«Il pianeta non se lo può permettere e tutto questo fa piangere il cuore – spiega Isabella Pratesi, responsabile per la fauna selvatica del WWF Italia – Sono grandi giganti gentili che hanno ruolo importantissimo per ecologia delle foreste e delle savane e quindi anche per mitigare crisi climatica. L’obiettivo WWF è quello di fermar e il bracconaggio sia per il mercato dell’avorio sia per i conflitti con le comunità locali che stanno aumentando perché questi animali sono sempre più costretti in habitat ridotti e sempre più in cerca di fonti di acqua e di cibo. Vogliamo creare nel bacino Congo un territorio a loro dedicato in cui gli elefanti non debbano più temere il fucile dei bracconieri, il veleno o le difficili relazioni con chi li vuole uccidere. È il territorio di Tridom (Gabon, Camerun, Repubblica del Congo) territorio vastissimo all’interno del quale il WWF gestisce già un importantissimo parco nazionale, il parco di Ntogu Pikunda nella Repubblica democratica del Congo, che diventerà proprio la casa degli elefanti, una Oasi WWf in Africa dedicata a questi grandi giganti gentili. Lì, intorno a quest’area e il tutto il bacino del Congo, il WWF si attrezzerà grazie ai fondi raccolti ad essere sempre più efficace nella lotta contro i bracconieri e nel gestire ridurre e prevenire i conflitti con gli elefanti».
La raccolta fondi con SMS solidale dedicata all’emergenza elefanti si pone come obiettivo minimo la raccolta di 130.000 euro e prevede che il budget sia proporzionalmente distribuito tra le attività di monitoraggio e di conta degli elefanti (per circa 20.000 euro) che prevedono fornitura di strumentazione per la raccolta dei dati grazie soprattutto alle fototrappole, Test DNA, mappe e produzioni cartografiche. Altri 20 mila euro saranno invece impiegati per rafforzare il sistema antibracconaggio, grazie all’acquisto di 4 droni, all’attrezzature ed equipaggiamento per la sorveglianza, alle tende e altri materiali per il pattugliamento. Per ridurre i conflitti e applicare il cosiddetto sistema Safe, saranno invece stanziati 30 mila euro utilizzati pe ri workshop, per la didattica e per la prevenzione. Infine per contribuire alla gestione del Parco Nazionale di Ntokou Pikounda, 60 mila euro saranno destinai alla creazione di una centrale operativa, con computer e pannelli solari e attrezzature e materiale vario. Il progetto “Una foresta per gli elefanti” prevede anche l’acquisto di due piroghe e di due motori fuori bordo.
Gli elefanti di foresta quelli più a rischio
Mentre l’elefante di savana (Loxodonta africana) è classificato come “in pericolo”, l’elefante di foresta (Loxodonta cyclotis) risulta invece inserito tra le specie in “pericolo critico”, cioè con elevato rischio di estinzione a breve termine. «L’area che accoglie la più grande estensione di foreste tropicali dopo l’Amazzonia e che si estende nel cosiddetto territorio del Tridom (Tri – National – Dja Odzala – Minkebe Forest Landscape) – spiega ancora la Pratesi – oltre a rappresentare un vasto hot spot di biodiversità e ad essere ricoperto in gran parte da foresta primarie tropicali e condiviso da Camerun, Gabon e Congo – Brazzaville, è una sorta di paradiso della fauna selvatica: la presenza importante di gorilla di pianura occidentali, di scimpanzé (forse 140.000, ovvero il 30% della popolazione globale) e di elefanti di foresta (stimati 20- 40.000 anche se in rapido declino) ha spinto i governi ad aumentare il patrimonio di aree protette, da 5,5% del territorio nel 1999 a 24% (42.319 km²) nel 2014».
Nell’area congolese della Repubblica del Congo si estende il parco nazionale Parco di Ntokou Pikounda (PNPN) che comprende 4.272 km² di foreste, paludi e torbiere. Creato nel 2013, il parco accoglie circa 11 mila esemplari di gorilla di pianura occidentali, circa 4.000 scimpanzé e circa 600 elefanti di foresta, oltre ad una significativa popolazione di ippopotami e di scimmie colobo rosso di Bouvier, riscoperte nel parco nel 2014, 40 anni dopo l'ultima osservazione avvenuta negli anni 70 di questa specie.
I tre paesi che se lo dividono hanno firmato un impegno per lo sviluppo sostenibile e un accordo antibracconaggio. Perché è proprio qui, in questo cuore verde del continente africano, che la caccia illegale ammazza senza freno. «Si pensa che solo a Minkebe, nel settore del Gabon, negli ultimi 10 anni siano stati uccisi più di 10.000 elefanti. Il sistema di tracciamento mediante DNA dell’avorio sequestrato ha dimostrato come una gran parte dell’avorio trafficato e sequestrato, provenga dalle zanne di elefante della foresta che vivevano proprio nel territorio di Tridom».
Malgrado l’accordo antibracconaggio del 2014 tra i tre paesi, le azioni continuano ad essere insufficienti per arginare il problema. «La stima più plausibile indica come nelle foreste di Tridom vivano ancora circa 40.000 elefanti, ma qualunque sia il numero assoluto di elefanti rimasti, la loro popolazione è in declino e rimane sotto una pressione molto pesante nonostante l'aumento delle forze dell'ordine e del pattugliamento». L’indiscusso valore sul mercato dell’avorio, in paesi ancora estremamente poveri, continua ad esercitare un’attrattiva enorme. «L'avorio di elefante è venduto localmente a 100 – 200 euro al chilogrammo, il che costituisce un enorme incentivo per la popolazione locale e la mafia dell'avorio».
Potrebbe mai esistere un’Africa senza i suoi animali? Ovviamente no, e difendere la foresta pluviale del Congo con la pulsante biodiversità che la popola e la caratterizza, è praticamente l’unico modo di difendere gli elefanti che stanno letteralmente scomparendo. «Nonostante la consapevolezza del crollo drammatico della popolazione di elefanti in tutto il continente africano – aggiunge la Pratesi – ancora oggi non esistono stime precise della consistenza di questa popolazione nel territorio di Tridom. Si teme quindi che il reale numero di elefanti possa essere minore a causa del consistente impatto del bracconaggio. Determinare la consistenza della popolazione e la loro distribuzione, i corridoi di spostamento, etc., rappresenta una baseline cruciale per dare un valore all’impatto delle uccisioni illegali, capirne il trend e i diversi hotspot e definire al meglio le azioni di conservazione urgenti».
Per questo la prima azione che il progetto “Una foresta per gli elefanti” del WWF prevede è lo studio e il monitoraggio che verranno svolti secondo le metodologie internazionali già testate per questa specie: foto-trappole con remote sensing, analisi genetiche e tagging, “dung counting” (conta degli escrementi). Per farlo sarà necessario il «coinvolgimento delle comunità locali nelle azioni di raccolta dati, monitoraggio e analisi. L’azione di conta degli elefanti in questi territori rappresenta infatti uno strumento importantissimo di presa in charge e di engagement delle comunità locali che possono essere a tutti gli effetti attori efficaci di monitoraggio, studio e censimento degli elefanti del loro territorio».