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13 Giugno 2022
18:23

Elefante con una sola zanna troppo irrequieto trasferito in libertà per non fare più danni

In Kenya si è deciso di spostare un grosso esemplare di pachiderma che durante la notte sfondava i recinti e si cibava delle coltivazioni, in un'area più lontana dello Tsavo National Park. Perché a volte per limitare il conflitto uomo/animali selvatici può essere necessario ricorrere a anche a soluzioni fuori dagli schemi.

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Giornalista
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Un altro momento delle operazioni di trasferimento: l’elefante viene assicurato all’autoarticolato che lo trasporterà (credits:@SheldrickWildlifeTrust)

Un elicottero insegue un grosso elefante che corre tra la boscaglia, fino a quando non è a tiro del fucile ad alta precisione nelle mani di un esperto tiratore. Siamo in Africa, Parco Nazionale dello Tsavo, nel cuore del Kenya ma questa volta non si tratta di caccia grossa e il fucile fortunatamente non spara proiettili che uccidono ma soltanto proietti che addormentano.

Ce ne vorranno ben due per somministrare il narcotico che addormenterà l’enorme elefante maschio con una zanna sola che corre fra alberi e cespugli alzando nugoli di polvere rossa. È infatti necessaria una dose di sedativo per permettere ai veterinari del Kenya Wildlife Service, alla squadra antibracconaggio dello Sheldrick Wildlife Trust e agli attivisti di Save the Elephant di sedare il grosso pachiderma per trasportarlo in un’altra area del parco nazionale di Tsavo, più impervia e nascosta, ricca di acqua e di abbondante cibo. Qui il bel pachiderma smetterà di fare danni alle coltivazioni mettendo a rischio, oltre che la sua, anche la vita degli abitanti.

«Il trasferimento degli elefanti non è una decisione che si prende alla leggera – spiega Amie Alden, la portavoce dello Sheldrick Wildlife Trust. – Ma ora la comunità può riposare tranquilla senza il suo sgradito ospite e lui potrà rilassarsi in un luogo sicuro, dove le sue scorribande notturne non metteranno in pericolo nessuno!».

La decisione di intervenire e di trasferire l’elefante

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L’elefante sedato in attesadel caricamento sul camion che lo avrebbe trasferito (credits@SheldrickWildlifeTrust)

L'elefante si era insediato nella zona settentrionale del Parco Nazionale dello Tsavo Ovest e ogni notte sfondava la recinzione per mangiare i raccolti delle fattorie vicine. «La sua presenza non solo danneggiava il sostentamento degli agricoltori, ma metteva anche in pericolo altre vite, compresa la sua – spiega ancora Amie Alden –  Alla fine, il Kenia Wildlife Service ha stabilito che era necessario un trasferimento per fermare le escursioni notturne del toro ribelle».

La società statale istituita da una legge del Parlamento kenyota con il mandato di conservare e gestire la fauna selvatica in Kenya e di far rispettare le leggi e i regolamenti correlati, è solita intervenire in situazioni in cui il conflitto tra uomini e animali selvatici può produrre danni irreversibili. E questo elefante un po’ irrequieto rischiava appunto di far più danni di quanto volesse.

«Il conflitto uomo-fauna selvatica è una sfida in tutto il Kenya – continua la portavoce dello SWT. – Tuttavia, le attuali condizioni di siccità hanno esacerbato il problema. Man mano che le fonti di cibo diminuiscono, sempre più creature cercano cibo più lontano. Gli elefanti hanno grandi appetiti e quando si avventurano nella terra della comunità, spesso ne derivano conflitti».

Anche in Africa, come in Italia per esempio al Parco nazionale d’Abbruzzo con l’orso Juan carlitos, prima di arrivare ai trasferimenti si cerca di ovviare al problema con deterrenti di vario tipo come recinzioni, dissuasori soprattutto. «Le recinzioni sono un deterrente molto efficace, tenendo gli elefanti e altri animali selvatici fuori dalle terre della comunità. Tuttavia, questo esemplare era più determinato della maggior parte degli altri. Si era stabilito nel confine settentrionale dello Tsavo Ovest. Mentre trascorreva le sue giornate all'interno del parco, aveva preso la cattiva abitudine di sfondare la recinzione di confine di notte e di aiutarsi a coltivare nelle fattorie vicine».

Vallarin: «In Africa il grande problema per la salvaguardia dei selvatici è il conflitto uomo/animale»

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(credits:@SheldrickWildlifeTrust)

Come già aveva raccontato a Kodami Massimo Vallarin, guida safari di lungo corso e direttore onorario del Kenya Wildlife Service: «Il problema più grande per la loro conservazione è il conflitto uomo/animale. Gli animali sono diminuiti a causa dell’aumento della pressione dell’uomo sulle aree selvagge, parchi e riserve».

Quale è il meccanismo che rende nemici uomini e selvatici? «Molto semplicemente le vacche dei pastori invadono le zone selvagge e i leoni uccidono le vacche. Allora i leoni vengono uccisi col veleno dai pastori. Oppure i coltivatori coltivano vicino alle aree selvagge e gli elefanti gli distruggono le coltivazioni. E allora i coltivatori uccidono gli elefanti con lance e frecce. Viene chiamato “human/wildlife conflict” ed è la peggior forma di bracconaggio qui in Kenya».

Una lunga ricerca con l’elicottero per individuarlo nella boscaglia

Proprio per evitare che i raid notturni del grande elefante degenerassero, quindi, il Kenya Wildlife Service ha deciso per il suo trasferimento. «Per prima cosa al mattino la nostra autogru personalizzata si è diretta verso l'area dove sapevano che si trovava l’elefante – spiega la Alden – Nel frattempo, il nostro team anti-bracconaggio ha collaborato con la comunità per conoscere la sua ultima posizione».

Le scorribande della notte precedente avevano sicuramente lascito dei segni che il pilota dell’elicottero avrebbe potuto individuare sorvolando la zona dall’alto. «Infatti, il nostro pilota ha scoperto subito la rottura della recinzione, ma il toro non si trovava». È stata proprio la comunità, riferendo che questo esemplare era caratterizzato dall’avere una sola zanna, a metterlo sulle sue tracce. «Dopo aver girato l'area per un po' di tempo, combattendo con raffiche di vento mentre perlustrava la natura selvaggia sottostante, il nostro pilota ha deciso di fare un ultimo tentativo. Ed è stato quello fortunato, poiché ha finalmente individuato l’elefante con un’unica zanna».

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Le operazioni per l’imbracatura dell’elefante e il suo sollevamento grazie alla gru (credits@SheldrickWildlifeTrust)

L’operazione è stata supervisionata dal dottor Poghon, capo dell'unità di cattura KWS, e dal dottor Limo, capo dell'unità veterinaria mobile congiunta dello Sheldrick Wildlife Trust e del Kenia Wildlife Service.  «Una volta individuato l’elefante, il nostro pilota di elicottero è volato alla pista di atterraggio di Kamboyo, dove lo stavano aspettando il dottor Poghon e il dottor Limo. Abbiamo anche preso con noi anche i nostri amici di Save the Elephants che, non appena catturato, avrebbero dotato l’elefante di un radiocollare per monitorare i suoi movimenti».

La sedazione e poi il radiocollare, per i controlli a distanza

Dopo aver avvistato l’elefante e riuniti tutti coloro che avrebbero partecipato all’operazione, gli avvenimenti si sono succeduti velocemente. La sedazione, grazie alle dosi sparate con il fucile di precisione, l’attesa che il sedativo facesse effetto. E poi l’inizio delle operazioni che avrebbero portato l’elefante a risvegliarsi in un’altra zona del parco, più adatta alla sua vivacità. «Mentre Save the Elephants gli assicurava il radiocollare al collo, le nostre squadre hanno sistemato corde e imbracature. La gru lo ha sollevato da terra con tutto il suo enorme peso e posizionato con delicatezza sul pianale del camion».

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L’elefante sotto osservazione dei vari veterinari e tecnici intervenuti nell’operazione di trasferimento (credits:@SheldrickWildlifeTrust)

Le operazioni per il trasferimento sono andate avanti per diverse ore. «Spostare un paziente di grandi dimensioni richiede estrema precisione. Oltre alle competenze veterinarie necessarie, ci sono anche considerazioni pratiche. Ad esempio, le zampe di un elefante devono essere sempre rivolte verso il lato sinistro del veicolo, perché non si può rischiare che sbalzino fuori urtando con i veicoli che arrivano in senso opposto». Ma una volta che l’elefante è stato ben assicurato al grosso autoarticolato che lo avrebbe trasportato, è cominciato il viaggio verso Tsavo Est. «Il dottor Poghon e il dottor Limo lo hanno monitorato durante tutto il viaggio, assicurandosi che la frequenza cardiaca e la respirazione rimanessero stabili».

Il risveglio e il ritorno nella natura selvaggia

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Un altro momento delle operazioni di trasferimento: l’elefante viene assicurato all’autoarticolato che lo trasporterà (credits:@SheldrickWildlifeTrust)

Una volta raggiunta un’area piuttosto remota vicino al fiume Galana, dove l’elefante avrebbe trovato con facilità acqua e cibo, l'anestetico è stato contrastato e l’elefante si è svegliato e lentamente alzato in piedi. «Dopo aver dato un'occhiata in giro, si è incamminato verso la natura selvaggia, alla scoperta del suo nuovo territorio».

Poiché l'elefante è stato dotato di un collare di localizzazione, i conservazionisti di Save the Elephant e del Kenya Wildlife Service saranno in grado di seguire i suoi movimenti e i suoi progressi anche in futuro, monitorando la sua salute e assicurandosi che abbia accesso a cibo e acqua nella sua nuova casa. «Il conflitto uomo-fauna selvatica è una questione complessa, che richiede anche soluzioni fuori dagli schemi. Il nostro elefante ribelle, nel frattempo, è in un posto sicuro dove le sue scorribande notturne non metteranno più a rischio nessuno».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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