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12 Luglio 2023
17:10

Ecco come i vermi riescono a “sentire” nonostante siano privi di timpano

Per riuscire a sopravvivere e a orientarsi, gli organismi viventi fanno affidamento sui loro sensi, tra cui l'udito. Un nuovo studio ha dimostrato che alcuni vermi, finora considerati "sordi", possono percepire i suoni nonostante non abbiano il timpano.

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In natura gli esseri viventi adattano i propri sensi in base a quelli che sono gli ambienti nei quali vivono. La vista, ad esempio, è uno dei sensi più diffusi e sviluppati nel mondo animale, al contrario dell'udito che è stato riscontrato solo nei vertebrati e in alcuni artropodi. Darwin, infatti, intorno al 1800 sostenne che invertebrati come i lombrichi non fossero capaci di sentire, ma attualmente sembrerebbe non essere proprio così. Un nuovo studio ha dimostrato per esempio che un piccolo verme nematode (Caenorhabditis elegans) ritenuto da sempre sordo, in realtà possiede il senso dell'udito. I risultati di tale ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Neuron.

Ricerche precedenti avevano provato che C. Elegans disponesse di olfatto, gusto, tatto e addirittura del senso della propriocezione, il cosiddetto sesto senso della consapevolezza del corpo. «E, a quel punto, mancava solo una cosa, ovvero la sensazione uditiva», spiega Xu, biologo sensoriale; «abbiamo passato tutti questi anni a cercare proprio questo». Dopo tanti sforzi, finalmente il team di ricercatori scopre che si, i vermi possono sentire. Quindi il caro Darwin si sbagliava, ma non possiamo dargli tutti i torti. Questo esserino, infatti, non dispone di un vero e proprio organo preposto alla funzione uditiva, ma alcuni esperimenti hanno rivelato che la sua pelle raddoppia diventando una membrana sensibile al suono, rendendo di fatto l’intero corpo del verme un timpano.

Ma come hanno fatto a giungere a questa conclusione? Sono ripartiti dall'esatto punto in cui si era fermato Darwin, il quale a suo tempo face suonare a suo figlio una serenata con il fagotto interamente dedicata a questi lombrichi, per vedere se si allontanavano strisciando. Ovviamente ottenne una risposta negativa, ma Xu e i suoi collaboratori non si sono scoraggiati e hanno provato a riprodurre lo stesso esperimento. Il team di ricercatori con grande sorpresa ha osservato che quando questi animali venivano raggiunti da un forte rumore, allora cominciavano a spostarsi verso la direzione opposta rispetto alla fonte d'origine del suono. «È stato molto emozionante vedere che quando facevamo sentire i suoni ai vermi, loro si muovevano», racconta Elizabeth Ronan, dottoranda presso il laboratorio di Xu e coautrice dello studio, che ipotizza che questi lombrichi, presenti in tutto il mondo, abbiano sviluppato la capacità di elaborare i suoni così da poter sentire predatori come centopiedi e insetti alati, e poter sfuggire.

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C'era però un problema: vedere i vermi che strisciavano via allontanandosi dal suono non era una prova sufficiente del fatto che questi percepissero effettivamente le onde sonore. Era possibile che quella dei vermi fosse una reazione ai movimenti fisici delle onde sonore sulla loro pelle, invece di un rilevamento dei segnali elettrici da parte del sistema nervoso. Per questo motivo, i ricercatori si sono rimboccati le maniche e hanno continuato a indagare fino a quando non hanno rintracciato le molecole del sistema nervosoresponsabili della percezione del suono: i recettori nicotinici (nAChR dall’inglese nicotinic acetylcholine receptors), neurotrasmettitori ampiamente studiati che si riscontrano in molti animali. Tali molecole, trovate su ogni singola parte della pelle dei vermi, sono in grado di rivelare le onde sonore e avvisare il cervello della loro presenza.

In conclusione, si può affermare che Caenorhabditis elegans è in grado di percepire e reagire alle onde sonore trasmesse, ma sostenere che i vermi "sentano" è una cosa a parte. C'è chi ritiene che per parlare di udito siano indispensabili la presenza di livelli di percezione più profondi, come il collegamento dei suoni a una mappa cognitiva. Tuttavia, altri scienziati non la vedono allo stesso modo. «Questo verme somiglia letteralmente a un tubo riempito di liquido che è in grado di rilevare queste sensazioni sonore. Perciò ritengo che potremmo almeno dare la possibilità ad altri di esplorare i possibili significati di udito», spiega Ronan. Effettivamente il caso di C. elegans, come tanti altri in natura, dimostra che vi sono più vie per percepire i suoni.

Sicuramente questa ricerca rappresenta una svolta per quanto riguarda il modo in cui gli altri animali percepiscono il mondo, ma c'è ancora tanto lavoro da fare. I ricercatori affermano che nei prossimi studi sarebbe interessante studiare, ad esempio, come reagiscono questi animali nel momento in cui sentono i suoni dei predatori in avvicinamento. In ogni caso, i primi animali sulla Terra erano per la maggior parte a corpo molle afferma Daphne Soares, neuroetologa presso il New Jersey Institute of Technology, quindi in qualche modo dovevano pur riuscire a percepire l'ambiente circostante.

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Alessia Mircoli
Dottoressa Magistrale in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi
Sono laureata in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi e la divulgazione scientifica è la mia passione. Durante il mio percorso ho scoperto il mondo del giornalismo scientifico e ho capito che è la mia strada. Sono estremamente affascinata dalla natura e da tutto ciò che ne fa parte, credo nell’importanza di diffondere un’informazione corretta sugli animali e l’ambiente.
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