Un'antica leggenda metropolitana racconta che tagliando la testa ad un pollo, l'animale continuerebbe a vivere per qualche tempo, riuscendo persino a camminare e a muovere in maniera coordinata gli arti. Per quanto impressionante e cruenta, questa leggenda si è però dimostrata vera, quando nel 1947 l'allevatore Lloyd Olsen portò all'Università dello Utah a Salt Lake City un pollo dal nome Mike, che visse circa 18 mesi completamente privo della testa.
La storia del pollo Mike recentemente è ritornata a diffondersi sulla rete, di seguito alla pubblicazione di un documentario da parte di History Channel intitolato "Zombie Chicken". Questo documentario presentava la vicenda ovviamente con toni estremamente sensazionalistici, ma bisogna tuttavia ricordare che negli Stati Uniti il caso del "pollo senza testa" è molto celebre. Dal 1999 in Colorado infatti, presso la comunità di Fruita, si celebra una giornata dedicata a Mike (e a tutti i galli che hanno fatto questa fine), ad inizio settembre.
Sono stati infatti tanti gli allevatori che nel corso del tempo, in America, dopo aver letto della storia di Mike, hanno tentato di replicare "l'incidente" del 1945, che privò della testa il famoso pollo. Solo recentemente però la scienza ha ristudiato il caso, spiegando come sia possibile per un animale apparentemente semplice come un pollo continuare a vivere, perdendo buona parte del sistema nervoso centrale.
Prima di proseguire con la lettura dei prossimi paragrafi, vogliamo però avvertirvi che abbiamo deciso di non inserire in questo articolo nessuna immagine o ripresa reale del "pollo senza testa", per rispettare i lettori più facilmente impressionabili. Se siete curiosi quindi di cercare delle foto che ritraggono Mike, basta che fate una ricerca su Google, cercando "Mike The Chicken".
Storia di Mike, il pollo che ha vissuto senza testa per 18 mesi
Secondo le cronache, la storia del pollo Zombie iniziò il 10 settembre 1945, quando in Colorado, nell'allevamento della famiglia Olsen, il signor Lloyd fu mandato dalla moglie nel recinto delle galline, in cerca di un pollo per la cena. Il capofamiglia decise di selezionare un giovane pollo, di circa cinque mesi, che era stato castrato proprio per finire nella tavola imbandita di qualche festicciola privata.
Quando però Olsen tagliò nettamente la testa del pollo con un colpo di accetta, l'uomo rimase immediatamente impressionato dal modo in cui questi continuò a muoversi, come se non fosse privo della testa. Il pollo, che presto avrebbe ricevuto il nome di Mike, non volle neppure morire dissanguato e pochi secondi dopo la decapitazione, iniziò tra l'altro anche a sgambettare e a divincolarsi sopra il tavolo del macello, in cui giaceva inerte la sua testa. Ciò impressionò ulteriormente il povero allevatore, che rischiò quasi di svenire.
Rinvenuto dallo spavento, nei primi minuti Olsen attribuì quell'incidente a un miracolo o a un'allucinazione, dovuta dal caldo, tuttavia presto si rese conto che l'animale era davvero sopravvissuto, per una serie di contingenze. Nel suo pur netto taglio della testa, l'uomo aveva infatti sì separato il collo da buona parte del cranio, ma non aveva colpito la giugulare né reciso del tutto il cervello del pollo.
Parte del tronco encefalico, infatti, era rimasto integro e penzolante, al di fuori del taglio praticato dalla lama, permettendo così al resto del corpo di continuare a ricevere gli impulsi nervosi e i preziosi ormoni, (fra cui quelli relativi alla crescita), che permisero a Mike di crescere e di sopravvivere nel corso dei 18 mesi seguenti, con l'aiuto di un'alimentazione forzata con il contagocce.
Fu così che la famiglia Olsen, con un senso sopraffino per gli affari, intuì il potenziale economico che tale "incidente" poteva avere per le sorti della famiglia. Insieme alla moglie, infatti, il fattore cominciò a girare per diverse città degli Stati Uniti d'America, in una tournée che permise a diverse migliaia di persone di vedere di presenza "il Pollo senza Testa", per una modica cifra di 25 centesimi di dollaro.
Mike divenne così un rinomato fenomeno da baraccone e nei suoi spettacoli era noto per entrare in scena in una piccola arena, con una testa di pollo rinsecchita posta sulle spalle che, contrariamente a quanto diceva Olsen, non gli apparteneva. Secondo infatti la ricostruzione fornita all'Università dello Utah, la sua testa "originale" era stata mangiata dal gatto di famiglia, il giorno successivo della sua decapitazione, e quella che si portava appresso era in verità la testa di un gallo, mai castrato.
Questa improvvisa fama attirò ovviamente alcuni imprenditori, come Hope Wade, che si presentò ad Olsen con la proposta di rendere Mike il “miracolo piumato d'America” e di farne una star. Insieme Wade e Olsen cominciarono ad espandere così la lista delle mete da visitare e collaborarono anche con alcuni circhi degli orrori, che all'epoca andavano molto di moda negli stati centrali degli Stati Uniti.
Grazie a questi spettacoli, Mike ottenne in poche settimane una fama invidiabile, almeno rispetto agli altri polli di campagna che vissero negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale. E nel momento di maggior fama riuscì ad ottenere il valere straordinario di 10.000 $, che Olsen e Wade dividevano a metà. Olsen non si dimostrò però un grande imprenditore.
Il 19 marzo del 1947, a Phoenyx, in Arizona, 18 mesi dopo la perdita della testa, Mike infatti morì, proprio per colpa dell'uomo che in teoria avrebbe avuto più da perdere, con la sua morte. Olsen quella sera infatti si scordò di pulire e di nutrire il povero pollo, di ritorno da una esibizione, che morì soffocato per colpa della sua stessa saliva. Olsen si ritrovò così senza la sua "gallina dalle uova d'oro" e fu costretto a dichiarare fallimento, mentre Wade fuggì con parte degli ultimi guadagni che la coppia aveva ottenuto, non prima di aver tentato di sedurre la moglie del povero fattore.
La vicenda di Mike non scosse però particolarmente gli ambienti accademici dell'epoca. Tutti infatti pensarono che l'uccello fosse nato privo di testa e che tale mancanza fosse dovuta a una malformazione congenita, che tuttavia gli aveva concesso di sopravvivere. Nessun scienziato in breve sembrò destare molto attenzione alla sua storia, finché Olsen, cercando di riprendersi dagli scandali che lo avevano accusato di truffa, non consegnò il pollo all'Università dello Utah, per effettuare delle ricerche.
Grazie tuttavia al successo che avevano ottenuto in Colorado come in diverse altre nazioni che avevano visitato, i tre (Mike, Olsen e Wade) ispirarono molti altri allevatori, che cominciarono a tentare di decapitare i propri galli per esporne il tronco encefalico.
Solo pochi altri allevatori riuscirono in questa impresa, finché l'interesse scemò di seguito al cambiamento culturale che portò le famiglie a preferire la televisione, rispetto ai circhi degli orrori.
Come potrebbe sopravvivere un pollo senza testa?
I fattori che permisero a Mike di sopravvivere sono diversi e molto difficili da replicare.
Innanzitutto, le probabilità di sopravvivenza crescono se l'uccello risulta molto giovane e con un sistema nervoso ancora non completamente formato. Un gallo adulto infatti ha meno chance di sopravvivere alla decapitazione, in quanto il suo cervello sarà meno capace di riallocare i vari processi nervosi, nei pochi brandelli di tessuto che in teoria dovrebbero rimanere per permettere ad un pollo zombie di continuare a svolgere le sue funzioni vitali.
Il taglio netto di Olsen inoltre consentì alla struttura cranica di Mike di disarticolarsi, senza intaccare le prime vertebre cervicali dell'esemplare. Questo risultò fondamentale, perché il midollo spinale lì presente, non essendo danneggiato, consentì il passaggio degli impulsi nervosi dalle fibre del tronco encefalico al resto del corpo e viceversa, consentendo agli organi di sopravvivere, come se l'animale disponesse di un cervello intero. Cosa è però nello specifico il tronco encefalico?
Esso costituisce la parte basale del cervello, quella porzione dell'encefalo in cui sono presenti i centri nervosi, che permettono di svolgere diverse funzioni considerate essenziali per la vita di tutti i vertebrati.
Nel tronco encefalico per esempio c'è la sede di controllo delle visceri, il centro che regola il respiro, la temperatura corporea, il ciclo giorno notte, come anche la sede dell'emozioni più primitive, come la rabbia e la paura. Tuttavia, la decapitazione di Mike costrinse questa parte del suo cervello a svolgere anche altre funzioni, che erano elaborate dai centri nervosi superiori dell'encefalo prima che venissero persi.
Un altro fattore che permise a Mike a sopravvivere a lungo fu il mantenimento dell'integrità delle vie respiratorie e dell'esofago. Se l'accetta di Olsen avesse infatti tagliato male il collo all'animale, Mike probabilmente sarebbe morto entro pochi minuti, non potendo respirare né nutrirsi.
Fortuna volle però che Mike non subì alcun danno all'esofago e alla laringe, così da poter quindi continuare a respirare autonomamente e ad alimentarsi, con un piccolo aiuto. Secondo inoltre gli scienziati, circa l'80% del cervello di Mike sopravvisse alla decapitazione, poiché gran parte della materia grigia rimase attaccata al tronco encefalico, mentre Olsen separava la testa dal collo.
Come fu però la vita di Mike, nei 18 mesi passati senza testa?
Per i moderni scienziati interpellati da History Channel per il documentario, probabilmente la vita di Mike non fu particolarmente piacevole. Il pollo infatti visse tutto quel tempo completamente cieco, ignaro di quello che gli era capitato e di tutto ciò che aveva attorno. Aveva perso gran parte dei sensi e oltre a camminare e a tentare di emettere dei versi, passava le sue giornate immobile e al buio. Gli scienziati dubitano persino che potesse essere cosciente e non sono pochi gli esperti che ancora oggi reputano improbabile che abbia potuto resistere alla morte così a lungo.
D'altronde sono gli stessi attuali ricercatori dell'Università dello Utah ad aver dichiarato, di seguito alla uscita del documentario, di non aver trovato alcun documento risalente al 1947 nei magazzini del dipartimento di Biologia, che accertasse l'età dell'animale e quali fossero le opinioni dei loro vecchi colleghi. Si sa solo che Mike fu donato all'università e che fu visitato dagli scienziati che allora lavoravano all'interno della sezione di anatomia animale, per stabilire se fosse davvero possibile per lui sopravvivere senza testa nell'arco dei 18 mesi. Il loro responso quindi rimane sconosciuto.
La fattibilità di una sopravvivenza così lunga senza testa rimane così ancora avvolta nel mistero, per quanto non ci siano dubbi sulla crudeltà di lasciar in vita un animale privo di testa e di buona parte del proprio cervello.
Com'è fatto un pollo?
Il pollo (Gallus gallus domesticus) è un uccello onnivoro, che presenta una conformazione scheletrica simile a quella di altri uccelli delle stesse dimensioni. Dispone di ossa cave, leggere e molto elastiche, di una testa piccola, rispetto al resto del corpo, che dispone di un cervello ricco di terminazioni nervose, e di un petto molto preminente, in cui sono presenti i muscoli flessori delle ali.
Per quanto la sua testa sia molto piccola, il cervello di un pollo è dotato di tutte le caratteristiche che lo rendono molto più evoluto rispetto a quello degli anfibi e dei rettili. Esso infatti ha delle circonvoluzioni che ne aumentano enormemente la superficie e ha delle aree dedicate alla vista, all'olfatto, all'udito, alla memoria a lungo termine e all'equilibrio.
La differenza però più grande fra il cervello di un pollo e quello dei mammiferi è che i primi presentano di un tronco cefalico più sviluppato, che si trova, per la maggior parte, alla base della testa. Essendo la conformazione del cervello quindi diversa, rispetto a quella dei mammiferi, questi animali hanno più probabilità di sopravvivere alla perdita della testa, ma questo non porta a nessun vantaggio in natura.
Senza infatti l'intervento diretto dell'uomo, i polli decapitati non possono sopravvivere a lungo. Inoltre non esiste nel mondo nessun animale in grado di effettuare un taglio così netto e preciso, come quello che subì Mike al momento della decapitazione. Solo una lama in metallo può infatti arrecare questa tipologia di danno, senza sfilacciare ulteriormente i tessuti o intaccare nervi, viscere o vertebre.
Come anche gli esseri umani, i polli inoltre controllano gran parte delle loro funzioni vitali all'interno del tronco encefalico, lasciando al resto dell'encefalo i processi connessi al controllo del movimento, della vista, della memoria e il compito di eseguire compiti complessi, che bisognano di ragionamento.
Infine bisogna chiarire che la giugulare dei polli presenta delle diramazioni differenti, rispetto alle corrispettive arterie umane.
Olsen dichiarò che Mike sanguinò pochissimo, al momento del taglio della testa. Questo perché le arterie che irrorano di sangue la testa dei polli si fermano all'altezza della gola, formando una sorta di anello che circonda la base del cranio. La testa quindi viene irrorata dal sangue tramite dei capillari e dalle vene. Quando quindi il fattore staccò il cranio di Mike, non lacerò nessuna arteria, consentendogli di non morire soffocato.
Le arterie giugulari umane e di tanti altri mammiferi si spingono invece molto oltre la gola, raggiungendo la base del cervello. Questo per due ragioni. Uccelli e mammiferi hanno una storia evolutiva molto differente e gli adattamenti costanti che sono intervenuti per rendere efficiente l'irrorazione del cervello hanno trovato diverse soluzioni a problemi comuni.
Il cervello dei mammiferi in media, rispetto alle dimensioni del corpo, risulta molto più grande, in confronto al cervello degli uccelli. Queste proporzioni differenti da un parte hanno reso i mammiferi gli animali più intelligenti del pianeta, ma dall'altra parte hanno spinto quest'organo a chiedere molto più sangue, rispetto al sistema nervoso degli altri animali.
Non che il cervello dei polli appartenga a degli animali stupidi: ricordiamo infatti che gli uccelli sono capaci di sviluppare pensiero complesso e risultano fra i cacciatori più competitivi del pianeta.
Perché si tratta di un fenomeno raro?
Come detto sono stati diversi gli allevatori che hanno tentato di duplicare il successo della famiglia Olsen, cercando di decapitare in maniera netta e pulita i propri polli. Sono stati però pochissimi gli animali che sono riusciti a sopravvivere a questo trattamento, tanto che alla lunga le vicende del pollo del Colorado sono sembrate più il frutto di un mito, che un'antica vicenda di cronaca.
Visto però che esistono diversi giornali risalenti agli anni Quaranta che hanno raccontato la storia del Pollo Zombie e considerando che esistono diverse immagini e video che testimoniano le capacità di Mike di camminare, privo di testa, per quale ragione è così difficile replicare la stessa tipologia di esperienza su di un altro pollo?
Abbiamo in parte cercato di spiegare perché nel paragrafo di sopra, ma esistono altre ragioni molto importanti che limitano enormemente la "nascita" di un nuovo pollo senza testa, in grado di sopravvivere per mesi.
Per prima cosa, gran parte degli uccelli finiti sotto la lama dei loro allevatori sono morti pochi istanti dopo la decapitazione, non tanto per il dissanguamento o l'esportazione del tronco encefalico, ma per via dello shock.
Di certo l'esperienza non è tra le meno cruente e il corpo dei pennuti sembra subire l'amputazione della testa, anche quando il cervello rimane integro.
Gli impulsi nervosi provocati infatti al momento della decapitazione producono una tempesta elettrica così importante che gran parte delle fibre nervose rilasciano tutti i loro neurotrasmettitori, un fenomeno che impedisce ai nervi d'inviare altri impulsi, nell'arco dei secondi successivi, e agli organi di svolgere il proprio lavoro.
Le probabilità inoltre che il taglio sia così pulito da non intaccare il tronco encefalico sono molto ridotte, soprattutto se l'animale comincia a scalciare e a scuotersi, impaurito per la puzza di sangue proveniente dall'ambiente in cui di solito si macellano questi animali.
Continuare poi ad alimentare un eventuale nuovo pollo zombie è molto estenuante, come conferma il decesso stesso del povero Mike. Basta sbagliare le dosi o dimenticarsi una volta di nutrire l'animale, che si rischia di ucciderlo, in quanto questi polli non hanno un buon controllo delle pareti molli dell'esofago e hanno il costante bisogno di essere alimentati.
Le infezioni virali e batteriche possono inoltre indebolire l'animale o diffondersi a partire dalle ferite inferte per decapitarlo, diminuendo ulteriormente le chance di sopravvivenza.
La conformazione stessa del cervello della potenziale vittima deve essere inoltre predisposta a subire un così radicale intervento di lobotomizzazione. Non tutti i cervelli infatti sono in grado di rispondere adeguatamente alla perdita di buona parte della sua superficie e questo vale anche per l'uomo.
Per comprendere la variabilità di resilienza a tali tipologie di danni del cervello, possiamo infatti prendere come esempio i malati di ictus o di tumori al cervello. Ci sono soggetti il cui cervello reagisce alla malattia, trasferendo le proprie funzioni da una parte all'altra dell'encefalo, che nel tempo si riappropria delle proprie capacità naturali. Altri pazienti, invece, meno fortunati, possiedono un cervello meno in grado di dimostrare questa elasticità, risultando quindi meno predisposto a reagire a tali patologie.
Con i polli succede la stessa cosa. Mike aveva un cervello incredibile, in grado di reagire alla terribile menomazione a cui l'uomo lo aveva sottoposto, riuscendo a sopravvivere con la perdita complessiva dell'20% del suo sistema nervoso. Altri uccelli invece probabilmente non avranno la stessa capacità di recupero, che scaturisce probabilmente dal caso e da una diversa qualità dei geni.