I gatti sono da sempre accusati di non affezionarsi agli umani con cui vivono, al contrario dei cani. In realtà, studi recenti dimostrano che anche i gatti manifestano attaccamento. La relazione uomo-cane si è però evoluta in modo diverso rispetto alla relazione uomo-gatto e questi differenti percorsi hanno sempre influenzato il modo in cui percepiamo cani e gatti e persino il modo in cui la scienza li studia.
Il cane si pensa sia accanto all’uomo da almeno di trentamila anni, il gatto lo è solo da diecimila, un terzo del tempo. Ma quello che differisce in questi due percorsi non è solo la durata ma soprattutto il tipo di relazione con l’uomo.
La relazione tra uomo e gatto
I cani si sono evoluti incarnando i bisogni che l’uomo esprimeva nell’adattarsi all’ambiente, sono cambiati, fisicamente e mentalmente per dare all’uomo la possibilità di svolgere meglio, con più efficienza, più velocità, meno fatica alcune mansioni. Questo ha finito per forgiarne le morfologie e i comportamenti innati su una specie che, derivando da un lupo ancestrale, aveva già una fortissima tendenza alla vita cooperativa e solidale.
Il gatto, invece, ha sempre vissuto una sorta di storia parallela accanto all’uomo: sfruttava i vantaggi che questi gli offriva ma sempre in funzione della sua straordinaria abilità nel cacciare i topi. Questo lo ha portato a differire veramente poco dal suo ancestrale selvatico e a conservare molto del suo repertorio da predatore solitario, sviluppando nel contempo una socialità plastica, multiforme, fortemente legata al contesto di vita e alle esperienze nelle prime settimane di vita.
Questi diversi percorsi hanno portato i ricercatori a ritenere per lungo tempo che le abilità socio-cognitive dei cani fossero più interessanti e complesse rispetto a quelle dei gatti i quali, tutto sommato, restavano animali poco più che solitari. Ultimamente, però, le cose stanno cambiando grazie a recenti studi in grado di mettere in discussione la sottovalutazione del mondo sociale felino. Si fa sempre più largo l’idea che non solo gli esseri umani e i cani siano in grado di provare certe condizioni affettive.
I gatti si affezionano? I risultati dello studio
Alcune ricerche sul comportamento sociale sono andate a investigare, ad esempio, se il gatto sia in grado di esprimere delle forme di attaccamento simili a quelle riconosciute nei bambini, nei primati e nei cani. Sebbene sia un campo di ricerca controversa in cui negli anni esperimenti diversi hanno dato risposte persino opposte, secondo alcuni autori i gatti manifesterebbero l’equivalente umano dell’attaccamento sicuro: se lasciati in una stanza sconosciuta da soli, tendono a preoccuparsi per poi rasserenarsi e iniziare ad esplorare l’ambiente con il rientro del loro umano di riferimento. Esprimerebbero quindi un legame affettivo assimilabile a quello che lega un piccolo al suo caregiver, la madre ma anche un altro adulto.
Così all’Università dell’Oregon hanno testato l’ipotesi che i gatti possano esprimere delle forme di attaccamento verso chi si prende cura di loro andando a testare la reazione di 38 soggetti, tra micetti e adulti, in una situazione sperimentale denominata Secure Base Test. La SBT è un semplificazione del ben noto Strange Situation Test usato in umana per la valutazione dell’attaccamento caregiver-bambino, ma in questo caso veniva osservata la reazione dei gatti in seguito all’allontanamento e poi al ritorno del loro petmate da un ambiente estraneo.
Secondo il risultato dei test condotti sul (assai ristretto, a dire il vero) campione, il 65,8% dei gatti ha manifestato un attaccamento sicuro e secondo gli autori questo risultato potrebbe essere indizio del fatto che, come i cani, anche i gatti sono dei generalisti sul piano sociale e che l’attaccamento all’uomo è il risultato di un adattamento flessibile dell’attaccamento madre-gattino che ha facilitato il successo negli ambienti antropici.