Gli elefanti sono noti per la loro mole, per la longevità e per la robustezza fisica. Una delle curiosità più affascinanti su questi animali è la loro presunta resistenza ai tumori, che almeno in teoria non dovrebbe esserci in animali così grossi e quindi con un numero maggiore di cellule.
Al contrario invece, come accade anche per le balene, gli elefanti mostrano una straordinaria capacità di resistenza ai tumori. Ciò accade per un mix di fattori genetici e cellulari ancora in parte da chiarire e approfondire, tra cui c'è però anche la presenza più abbondante di alcuni geni e proteine "anti-tumorali" coinvolti nei processi di riparazione del DNA delle cellule.
Perché gli elefanti resistono ai tumori?
La risposta a questa domanda è oggetto di studio da decenni ed ancora in parte avvolta nel mistero. Sono sicuramente più di uno i fattori genetici e fisiologici coinvolti in questo processo, ma la maggiore resistenza ai tumori sembra essere legata, almeno in parte, a una proteina chiamata P53. Questa proteina agisce come una sorta di guardiano del genoma, rilevando danni al DNA e attivando i meccanismi di riparazione o, in caso di danni irreparabili, il trigger per la morte cellulare programmata, noto come apoptosi.
Nei mammiferi, e in particolare negli elefanti, la P53 sembra essere particolarmente efficiente nel rilevare e rispondere ai danni al DNA, contribuendo così alla loro maggiore resistenza ai tumori. Diversi studi hanno infatti confermato che gli elefanti africani possiedono nel loro genoma 20 copie del gene soppressore tumorale TP53 (quello che codifica la proteina P53), rispetto per esempio agli esseri umani, che ne hanno solo una. Questo è uno dei segreti che permette a questi animali enormi di resistere meglio all'insorgenza dei tumori.
Il paradosso di Peto
Questa resistenza agli sviluppi tumorali negli elefanti solleva però un interrogativo noto come "paradosso di Peto". Nonostante le dimensioni corporee enormi e il conseguente maggiore numero di cellule, gli elefanti non sembrano essere più suscettibili ai tumori rispetto agli animali più piccoli. Questo fenomeno contrasta con ciò che ci si potrebbe aspettare, dato che il rischio di sviluppare tumori dovrebbe aumentare proporzionalmente con il numero di cellule nel corpo.
Tuttavia, proprio perché elefanti (ma anche le balene) hanno sviluppato strategie evolutive uniche per mantenere la loro resistenza ai tumori, come l'efficace funzionamento della P53. Ci sono diverse prove a sostegno del fatto che il rischio di cancro e le dimensioni del corpo sono correlate positivamente, anche se non sembra essere vero per tutte le specie. Per esempio, all'aumentare della taglia dei cani aumenta anche la probabilità di sviluppare tumori.
Ciò accade perché, evolutivamente parlando, il cane ha continuato a vivere e riprodursi a prescindere dalla natura e a causa del nostro intervento, non sviluppando così i sistemi protettivi che milioni di anni di evoluzione e selezione naturale hanno concesso invece alle specie selvatiche.
Chi è il peggior nemico dell'elefante?
Sebbene la resistenza ai tumori sia una caratteristica sorprendente degli elefanti, la loro sopravvivenza a lungo termine non è affatto scontata ed è minacciata soprattutto dalle attività umane. La distruzione degli habitat, il bracconaggio per l'avorio e i conflitti con gli esseri umani che si espandono sempre di più, rappresentano le principali minacce per la sopravvivenza in natura degli ultimi elefanti del pianeta, ovvero quello africano di savana (Loxodonta africana), quello africano di foresta (L. cyclotis) e l'elefante asiatico (Elephas maximus).
Questi magnifici e maestosi animali, che hanno prosperato per milioni di anni, ora affrontano una lotta per la sopravvivenza a causa delle azioni distruttive dell'uomo. Sebbene la resistenza ai tumori degli elefanti abbia contribuito farli prosperare, è importante ricordare che la loro sopravvivenza dipende esclusivamente dalla conservazione degli habitat e dalla riduzione da minacce antropogeniche. Solo attraverso sforzi congiunti di conservazione e sensibilizzazione possiamo assicurare un futuro prospero per questi magnifici giganti della natura.