video suggerito
video suggerito
19 Aprile 2024
17:24

È vero che avere un gatto raddoppia il rischio di schizofrenia? Lo studio

Vivere con un gatto può raddoppiare il rischio di sviluppare la schizofrenia. La causa scatenante però non è il gatto in sé, ma un parassita che è possibile trovare nelle sue feci: il Toxoplasma gondii. È la conclusione alla quale sono giunti i ricercatori dopo aver analizzato 17 studi pubblicati negli ultimi 44 anni.

9 condivisioni
Immagine

Vivere con un gatto può raddoppiare il rischio di sviluppare la schizofrenia. Questo è quello che in queste ore è stato riportato da diversi media online, ma è vero? In senso lato sì: diversi studi pubblicati negli ultimi anni evidenziano che convivere con un gatto può raddoppiare le probabilità di incorrere in disturbi correlati a questa patologia. La causa scatenante però non è il gatto, bensì un parassita che è possibile trovare nelle sue feci e che può essere trasmesso all'essere umano: il Toxoplasma gondii.

Immagine
Protozoi di Toxoplasma gondii

Nel 2019 uno studio condotto dai ricercatori dell'Università di Copenaghen, pubblicato sulla rivista scientifica Brain, Behavior, and Immunity, ha evidenziato il legame tra Toxoplasma gondii e disturbi psichiatrici, auto-violenza e comportamenti a rischio come la guida spericolata. Lo studio ha preso in esame i dati di 81.912 individui per identificare i soggetti con diagnosi psichiatrica, e i campioni di plasma sono stati analizzati per la ricerca di anticorpi di immunoglobulina contro il Toxoplasma gondii, oltre che di Citomegalovirus.

Questo studio sierologico su larga scala è stato il primo a esaminare la temporalità dell'esposizione al patogeno e a fornire prove di una relazione causale tra Toxoplasma gondii e schizofrenia. Non solo, è stata rilevata anche un'associazione tra incidenti stradali e Toxoplasmosi, seppur molto blanda.

Un dato che non deve stupire se pensiamo a come il parassita Toxoplasma gondii sia in grado di manipolare il comportamento di altri mammiferi. Uno studio pubblicato nel 2021 su Nature Communications ha evidenziato per la prima volta che questo animale spinge i cuccioli di iena a non aver paura dei leoni: questa audacia indotta dal microrganismo aumenta di quattro volte le possibilità di essere uccisi. Si tratta di un'alterazione del comportamento ben nota nei roditori che già all'epoca si riteneva potesse essere diffusa anche in altri mammiferi, essere umano compreso.

Nel corso degli anni altri team internazionali di ricerca hanno prodotto studi analoghi, ma non sempre i risultati sono stati omogenei. Al fare chiarezza sono stati alla fine del 2023 i ricercatori del Queensland Centre for Mental Health Research, i quali hanno condotto un'ampia analisi su 17 studi pubblicati negli ultimi 44 anni, provenienti da 11 Paesi, tra cui Stati Uniti e Regno Unito. Secondo lo psichiatra John McGrath, che ha coordinato il progetto, è emersa «un'associazione positiva significativa tra il possesso di gatti in senso lato e un aumento del rischio di disturbi legati alla schizofrenia». In particolare, gli individui esposti ai gatti avevano circa il doppio delle probabilità di sviluppare la schizofrenia. Tuttavia è lo stesso McGrath ad affermare la necessità di un ulteriore approfondimento in merito.

Dall'analisi delle ricerche analizzate, infatti, sono emerse alcune incongruità circa il periodo cruciale in cui l'esposizione al gatto, e quindi alla Toxoplasmosi, è connessa al successivo sviluppo della schizofrenia.

«La nostra revisione fornisce il supporto per un'associazione tra il possesso di gatti e i disturbi legati alla schizofrenia – hanno sottolineato i ricercatori – C'è bisogno di altri studi di alta qualità, basati su campioni ampi e rappresentativi, per comprendere meglio il possesso di gatti come fattore candidato a incidere sul rischio di sviluppare disturbi mentali».

La Toxoplasmosi è una zoonosi, cioè una malattia trasmissibile dagli animali all'essere umano, ed è causata dal parassita Toxoplasma gondii, capace di infettare tutti i mammiferi. Il legame tra il gatto e il parassita è nel ciclo riproduttivo di quest'ultimo, come aveva spiegato su Kodami Giuseppe Borzacchiello, docente di Fisiopatologia veterinaria all'Università Federico II di Napoli: «Il gatto è l’ospite definitivo del Toxoplasma gondii. I gatti infetti eliminano con le feci nell’ambiente esterno delle forme parassitarie immature che, in determinate condizioni, divengono infettanti».

Un singolo gatto può espellere con le feci milioni di forme immature fin quando non sviluppa protezione specifica che lo protegge dalla possibilità di divenire di continuare a infettare l’ambiente. «Le forme immature diventano infettive a certe condizioni di temperatura e umidità a distanza di 1-5 giorni dall’ escrezione persistendo nel loro stato infettante per molti mesi – continua il docente – La contaminazione di acqua, suolo, e cibo è la fonte principale di infezione per l’uomo e gli altri animali in cui si completa il ciclo di sviluppo del parassita. Questi, dopo una serie di replicazioni nell’intestino, si diffonde attraverso il circolo ematico in vari organi incistandosi nei tessuti come cuore, cervello, polmoni, muscoli».

La lettiera è quindi il luogo che va maneggiato con più cura per evitare di entrare in contatto con il parassita.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
Sfondo autopromo
Segui Kodami sui canali social