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15 Giugno 2021
13:19

E’ possibile un “animalismo democratico”? Il filosofo Simone Pollo: «Non si può creare una linea netta tra animali umani e non»

I modi in cui entriamo in relazione con gli animali sono tantissimi e diversi: allevamenti, sperimentazione, animali selvatici e domestici. Ma come dovrebbero essere considerati gli animali all'interno della società odierna? A parlarcene è Simone Pollo, Professore di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia dell'Università La Sapienza di Roma.

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Intervista a Prof. Simone Pollo
Professore di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia dell'Università La Sapienza di Roma
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La relazione e la convivenza tra tutte le specie, umana e non, riveste un ruolo importante nella società odierna. Gli animali sono infatti da una parte considerati sempre più parte integrante della comunità rispetto al passato, dall'altra vengono ancora utilizzati come strumenti a disposizione degli esseri umani, come negli allevamenti intensivi. È ormai risaputo però che le specie non umane soffrono, provano piacere e interesse proprio come noi, motivo per cui dovrebbero essere tutelati e riconosciuti i loro diritti e la loro individualità come esseri senzienti. Tra le tante cose che stanno cambiando ci sono anche i nuovi metodi alternativi per produrre fibre tessili di derivazione animale. Tra queste una start-up che ha vinto la finale della competizione “HEC-42 Launchpad”, che propone l'idea di utilizzare il sottopelo che i cani perdono naturalmente, raccolto negli allevamenti, per produrre un lana tipo cachemire. Ci siamo così interrogati sulla questione etica riguardo le molteplici relazioni che intessiamo con gli animali e abbiamo chiesto un parere a Simone Pollo, Professore di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia dell'Università La Sapienza di Roma.

Cosa ne pensa della start-up che utilizza il sottopelo dei cani per produrre fibre tessili? Può essere davvero considerata animal-friendly?

Apparentemente potrebbe sembrare un metodo di produzione animal-friendly, ma in realtà se facciamo alcune considerazioni ci rendiamo conto che non è proprio così. In primis perché stiamo parlando comunque di allevamenti di cani. Questa infatti è una pratica molto antica ma che ad oggi rappresenta una situazione problematica. Infatti ci sono molti più cani al mondo rispetto a quelli che hanno una condizione accettabile di vita. Continuare a farne nascere di nuovi non è di certo la cosa più sensata da fare. Inoltre molti allevamenti trattano razze che si basano sull'estetica ma non sul benessere e che rappresentano un vero e proprio maltrattamento genetico. Richiedere il sottopelo agli allevamenti per di più solleva un ulteriore problema, ossia quello di diventare un incentivo per farli crescere. Infine mi sembra che questo metodo implichi solo la sostituzione di un animale con un altro: invece di usare le pecore usiamo i cani, la vera e propria innovazione invece sarebbe stata eliminare da questo tipo di attività gli animali, in modo tale da avere una produzione a costo zero (per loro).

Quando l'interazione con l'animale  può essere considerata rispettosa e animal friendly?

Direi che si può considerare animal friendly quando tra animale e uomo si stabilisce un buon rapporto e, ovviamente, viene rispettato del tutto il benessere animale. Se l'animale è usato solo per produzione, quindi come strumento dell'uomo, e non c'è un'interazione positiva non si può parlare di concetto di animal-friendly. Ad esempio un'interazione positiva è quella che si crea nello sviluppo della relazione con i cani da pet therapy o quelli che collaborano con le forze dell'ordine.

Perché le persone sono ancora così tanto interessate a prodotti di origine animale come le pellicce, pur sapendo che si basano sul maltrattamento e l'uccisione?

Questi prodotti continuano ad andare di moda perché sono tradizionali. Sinceramente non sono sicuro ci sia così tanta informazione sul trattamento riservato agli animali da pelliccia. Al contrario temo che, come accade anche per la carne, c'è un immagine un po' favolistica della cosa. Se con la carne si pensa all'animale che vive libero al pascolo, con la pelliccia ugualmente si ha l'idea dell'animale che viene cacciato e non alla cruda realtà degli allevamenti intensivi. Non c'è una grande sensibilizzazione riguardo le modalità di produzione e di conseguenza sono in pochi ad avere davvero coscienza di quello che accade.

Cosa si potrebbe fare per aumentare la consapevolezza riguardo il maltrattamento degli animali da pelliccia?

Come strumento per l'opinione pubblica sicuramente una maggiore divulgazione potrebbe avere degli effetti positivi. Per gli animali da pelliccia senza alcun dubbio ci vorrebbe una normativa che li proibisce. Già l'abbiamo fatto per la sperimentazione con i cosmetici, non vedo perché non si possa fare anche con le pellicce che non sono assolutamente necessarie, anzi: servono solo per omologarsi a un gusto legato alla tradizione. Abolire e chiudere questi allevamenti sarebbe assolutamente necessario.

Lei è autore del "Manifesto per un animalismo democratico", quali sono i valori dell'animalismo oggi?

L'animalismo com'è presente oggi nelle nostre società è un pezzo fondamentale della nostra vita democratica. L'idea che gli animali non umani devono essere oggetto di protezione giuridica e morale è una grande scoperta della società contemporanea. Chi dice che gli animali dovrebbero essere semplicemente considerati cose si collocherebbe infatti del tutto al di fuori dalla società odierna. Non si può dare una definizione generale di animalismo, ma al contrario questo si divide in diverse correnti: può cambiare molto sia dalle domande che si pone che dagli obiettivi che persegue. Ci sono alcuni che ritengono che la cosa più importante sia combattere la sperimentazione animale, ma secondo me sono un po' fuori bersaglio. Se vediamo le condizioni e i numeri della sperimentazione animale rispetto ad esempio alle pellicce o all'allevamento a scopo alimentare vediamo che c'è maggior bisogno di attenzione in questi ultimi due ambiti.

In cosa consiste un animalismo democratico?

L'idea di un animalismo democratico non è quello di rendere gli animali cittadini a tutti gli effetti, ma di farli prendere parte a una vita democratica compiuta. Se la democrazia si basa su valori come la libertà e l'uguaglianza, questi devono essere applicati anche per gli animali non umani. E il motivo è semplice da capire: non si può creare una linea netta tra animali umani e non perché anche loro soffrono, provano piacere e interesse verso il mondo.

Come dovrebbero essere considerati gli animali nella società odierna e cosa dovrebbe cambiare?

Le cose che dovrebbero cambiare sono tante perché sono tanti i modi in cui entriamo in relazione con gli animali: allevamento, sperimentazione, animali selvatici e così via. Io penso che il punto di partenza sia acquisire definitivamente l'idea che gli animali sono esseri senzienti e non strumenti a disposizione degli esseri umani. Bisogna cambiare quindi la percezione delle persone. Per fare un esempio, verso gli animali selvatici che si avvicinano alle città, come gli orsi del Trentino, si applica spesso il termine "gestione". Il fatto che gli animali possano essere gestiti li rende cose. Dobbiamo sicuramente limitare la presenza di animali se questa genera dei problemi, ma il termine gestione è indicativo della considerazione degli animali come oggetti. Allo stesso modo quando si parla di "orso problematico" lo si fa come se ci si riferisse ad una persona problematica, ma in realtà è un orso normale che noi consideriamo in tal modo. Un'altra cosa da cambiare è sicuramente la normativa: non sui singoli aspetti, come solo nella sperimentazione, ma proprio nella carta costituzionale. È necessario dare agli animali una giuridicità.

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