Secondo alcuni scienziati nei prossimi anni potremmo riportare in vita il ratto dell'Isola di Natale. Con l'avanzare dell'ingegneria genetica e dell'embriologia è sempre più vicino il momento in cui saremo capaci di riportare indietro specie estinte, un concetto famoso con il termine di de-estinzione. I primi candidati per questi progetti sono stati carismatici animali come i mammut, scomparsi da 4mila anni o, come nelle pellicole hollywoodiane che hanno reso celebre questo concetto al mondo, i dinosauri che abitavano la Terra più di 65 milioni di anni fa. Ultimamente si è pensato anche ai tilacini, le tigri della Tasmania, marsupiali carnivori estinti negli anni 30.
Ma la de-estinzione non è un gioco da ragazzi ed anzi, a causa della sua complessità, alcuni scienziati ritengono sia meglio partire da qualcosa di "piccolo" e più facilmente realizzabile. Tuttavia anche per specie molto conosciute, una totale "replicazione" fedele al 100% sembra essere molto difficile, mentre i costi rimangono altissimi.
In un articolo pubblicato il 9 marzo sulla rivista Current Biology, un team di paleogenetisti rivolge la propria attenzione a Rattus macleari e le loro scoperte forniscono approfondimenti sui limiti della de-estinzione in tutte le specie.
Riportare in vita una specie estinta
Pensate di dover costruire una macchina in ogni sua parte, anzi una replica di una macchina sconosciuta non più in circolazione da tantissimi anni, di cui possedete un manuale d'istruzioni sbrandellato e divorato dalla muffa.
Il più grande problema di un lavoro di de-estinzione è che si ha a che fare con qualcosa di non totalmente conosciuto. Durante il sequenziamento del genoma di una specie estinta, non è facile riuscire a possedere tutto il DNA in stato ottimale e molte parti possono essersi degenerate nel corso del tempo.
Alcune specie però le conosciamo, geneticamente parlando, molto meglio di altre. Con il ratto dell'isola di Natale (Rattus macleari), che si ritiene si sia estinto a causa di malattie portate sulle navi europee, il paleogenetista e coordinatore del progetto Tom Gilbert dell'Università di Copenaghen e colleghi hanno avuto fortuna.
Non solo il team è stato in grado di ottenere quasi tutto il genoma del roditore, ma poiché si è discostato da altre specie di Rattus relativamente di recente, condivide circa il 95% del suo genoma con il tuttora vivente e comunissimo ratto norvegese (Rattus norvegicus).
«Era un bel modello di prova», dice Gilbert. «È il caso perfetto perché quando si sequenzia il genoma, lo si deve confrontare con un riferimento moderno davvero valido».
Il confronto ratto norvegese-ratto dell'Isola di Natale è un banco di prova particolarmente valido perché la divergenza evolutiva è simile a quella tra elefante e mammut: dopo che il DNA è stato sequenziato nel miglior modo possibile e il genoma è stato confrontato con il genoma di riferimento della specie vivente, gli scienziati possono "colmare" le lacune genetiche attraverso la tecnologia CRISPR, una sorta di "taglia e incolla" genetico.
I limiti per riportare in vita il ratto dell'Isola di Natale
Sebbene il sequenziamento del ratto dell'isola di Natale sia stato quasi completo, mancano alcuni geni chiave, come ad esempio quelli correlati all'olfatto. Ciò significa che un ratto dell'isola di Natale risorto probabilmente non sarebbe in grado di elaborare gli odori allo stesso modo. «Con la tecnologia attuale, potrebbe essere completamente impossibile recuperare l'intera sequenza, e quindi è impossibile generare una replica perfetta del ratto dell'Isola di Natale», afferma Gilbert. «È molto, molto chiaro che non saremo mai in grado di ottenere tutte le informazioni per creare una perfetta forma recuperata di una specie estinta. Ci sarà sempre una specie di ibrido».
D'altronde voi ristrutturereste un quadro rinascimentale incompleto con parti di opere di altri artisti dal tratto simile? Ne potrebbe venir fuori comunque qualcosa di affascinante, ma mai fedele all'inarrivabile opera originale.
Gilbert afferma che per creare un mammut ecologicamente funzionale, ad esempio, potrebbe essere sufficiente modificare il DNA dell'elefante per rendere l'animale peloso e in grado di vivere al freddo. «Se stai facendo vivere uno strano elefante peloso in uno zoo, probabilmente non importa se mancano alcuni geni comportamentali, ma questo solleva un sacco di domande etiche».
Gilbert ha in programma di provare a fare il vero editing genetico sui ratti, ma vorrebbe iniziare con specie che sono ancora in vita. Intende iniziare eseguendo modifiche CRISPR su un genoma di un ratto nero per cambiarlo in un ratto norvegese prima di tentare di resuscitare il ratto dell'isola di Natale. Sebbene sia entusiasta della sua ricerca futura, l'intero processo lo fa comunque riflettere. «Penso che sia un'idea tecnologica affascinante, ma c'è da chiedersi se questo sia il miglior uso del denaro invece di mantenere in vita le cose che sono ancora qui».