Era stata salvata dalle guardie zoofile dell’Oipa, ma le sue condizioni di salute sono state così critiche che, alla fine, non ce l’ha fatta. È morta Nina, la gatta che a Porcia (Pordenone) era stata per una vita tenuta legata alla catena.
La sua morte è avvenuta a seguito di un megacolon, una malattia dell’intestino. L’organo si era dilatato a tal punto da riempirsi di materiale fecale e dare stitichezza cronica. «Quando abbiamo appreso la notizia, ieri pomeriggio, eravamo increduli. Pensavamo che qualche possibilità di sopravvivenza ci fosse – dice a Kodami Maria Laura D’Amore, coordinatrice delle guardie ecozoofile dell’Oipa di Pordenone – La gattina era in prognosi riservata». Molto probabilmente la patologia che l’ha uccisa può essere stata causata proprio dall’immobilizzazione a cui era costretta.
La gatta, infatti, è stata per molto tempo legata alla catena e messa una scatola. Il compagno umano che avrebbe dovuto prendersi cura di lei (e che dovrà rispondere del reato di maltrattamento davanti alla Procura della Repubblica), si è giustificato dicendo che aveva paura che uscisse di casa, come era capitato ad altri suoi gatti.
La situazione del mondo felino, in Friuli, è particolarmente sentita. A confermarlo è la stessa D’Amore. «In Friuli c’è una profonda problematica legata al randagismo dei gatti, davvero pazzesca – dice – Le gatte figliano tantissimi cuccioli e i proprietari li abbandonano. È una storia infinita, non si riesce a contenere l’emergenza».
Nel sopralluogo fatto dalle guardie ecozoofile dell’Oipa (e che aveva portato al ritrovamento di Nina), era stato notato un cane senza microchip (che è costato all'uomo una sanzione amministrativa). In una stanzetta fatiscente, invece, sono state scoperte molte gabbiette piccole e sporche, con alcuni uccelli da richiamo senza cibo né acqua (che ha portato a una denuncia al Corpo forestale provinciale di Pordenone).