È legale in Italia vendere un cane senza microchip? Per rispondere a questa domanda, iniziamo col dire che nel nostro ordinamento è previsto l'obbligo di iscrizione dei cani presso le anagrafi canine regionali (che a breve confluiranno tutte nell'Anagrafe nazionale degli animali d'affezione), con corrispondente identificazione dei singoli animali mediante l'inoculazione di microchip.
La vendita di un cane senza microchip rimane sostanzialmente valida, ma il venditore, a seconda delle normative regionali di riferimento, rischia di incorrere in sanzioni amministrative, anche piuttosto elevate.
Vendere cani senza microchip: cosa dice la legge
Come accennato sopra, in Italia la registrazione dei cani nelle banche dati regionali, che poi confluiscono in quella nazionale, con inoculazione del microchip identificativo è obbligatoria per legge. Detto adempimento amministrativo era già richiesto dalla legge 281 del 1991 (Legge quadro in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo), è stato confermato e precisato da ordinanze ministeriali (ad es. l'Ordinanza 06.08.2008 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali) e ne è stata poi ulteriormente ribadita l'obbligatorietà dall’Accordo Stato-Regioni del 24 gennaio 2013.
In particolare, quest'ultimo prevede che:
«le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano si impegnano […] ad adottare disposizioni specifiche in materia di responsabilità e doveri del proprietario e del detentore di animali d'affezione che prevedano, in particolare:
- a) istituire e implementare l'anagrafe degli animali d'affezione attraverso una banca dati regionale collegata alla banca dati nazionale;
- b) che il proprietario o il detentore di un cane provveda a far identificare e registrare l'animale entro il secondo mese di vita, mediante l'applicazione del microchip; […]
- e) il divieto di vendita e cessione, a qualsiasi titolo, di cani e gatti non identificati e registrati secondo quanto convenuto con il presente Accordo, nonché di cani e gatti di età inferiore ai due mesi, fatti salvi i casi in cui i cuccioli devono essere allontanati dalla madre per motivi sanitari certificati da un medico veterinario pubblico o privato abilitato ad accedere all'anagrafe canina regionale».
Le norme citate hanno scaricato sulle regioni il compito di regolamentare in dettaglio la materia. Queste lo hanno fatto, recependo in buona misura le richiamate indicazioni, seppur con qualche differenza tra le une e le altre.
Possiamo fare qualche esempio concreto:
- La Legge regionale del Piemonte n. 18 del 2004 sul punto prevede che: «chiunque intende, a qualsiasi titolo, detenere un cane è tenuto ad accertarsi preliminarmente della registrazione e identificazione ai sensi dell'articolo; sono vietate la cessione, la vendita ed il passaggio di proprietà di cani non registrati all'anagrafe canina o non identificati ai sensi dell'articolo; i proprietari ed i detentori, a qualsiasi titolo, di cani provvedono entro sessanta giorni dalla nascita di cucciolate e comunque prima della loro cessione, alla identificazione tramite microchip dei cani, ai fini della registrazione nella banca dati dell'ASL».
- La Legge Regionale 30 dicembre 2009 n. 33 della Regione Lombardia stabilisce: «è vietato o cedere, a qualsiasi titolo, cani e gatti destinati al commercio non identificati e non registrati in anagrafe, nonché cani e gatti di età inferiore a sessanta giorni ed esporre nelle vetrine degli esercizi commerciali o all'esterno degli stessi tutti gli animali d'affezione». «Il proprietario, il possessore o il detentore, anche temporaneo di un cane o di un gatto, compreso chi ne fa commercio, è tenuto a iscriverlo all'anagrafe regionale degli animali d'affezione, entro quindici giorni dall'inizio del possesso o entro trenta giorni dalla nascita e comunque prima della sua cessione a qualunque titolo […]».
- La Legge regionale 20 ottobre 2009, n. 59 della Regione Toscana prevede che: il responsabile del cane provvede, entro il sessantesimo giorno di vita dell'animale, all'iscrizione ed alla identificazione dello stesso all'anagrafe canina. Ancora, che: «è fatto obbligo di garantire la certificazione di provenienza degli animali posti in vendita e l’identificazione degli stessi laddove obbligatoria».
Cosa rischia chi vende un cane senza microchip?
Abbiamo visto come molte regioni prevedano nelle proprie normative, oltre all'obbligo di iscrizione dei cani in anagrafe, anche il divieto di cederli qualora siano privi di microchip. La conseguenza dell'inottemperanza non è però l'invalidità della cessione, bensì sanzioni di natura amministrativa.
Il rischio è quello di essere soggetti, nei casi specifici di volta in volta individuati, a una multa, per dirla con un linguaggio comune e non tecnico.
Facendo riferimento – sempre a titolo esemplificativo – alle normative regionali menzionate nel paragrafo precedente:
- La Legge regionale del Piemonte n. 18 del 2004 punisce con una sanzione amministrativa da euro 77,00 a euro 464,00 «chiunque acquista, vende o detiene a scopo di commercio cani non registrati all'anagrafe canina e non correttamente identificati».
- La Legge Regionale 30 dicembre 2009 n. 33 della Regione Lombardia prevede una sanzione che va da euro 500 ad euro 3.000 per chi cede, a qualsiasi titolo, cani e gatti destinati al commercio non identificati e non registrati in anagrafe.
- La Legge regionale 20 ottobre 2009, n. 59 della Regione Toscana punisce con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100,00 a euro 600,00 chi omette di garantire la certificazione di provenienza degli animali posti in vendita e l’identificazione degli stessi laddove obbligatoria.