Detenuti per anni in un'allevamento privato del miliardario John Hume in Sudafrica, duemila rinoceronti bianchi meridionali (Ceratotherium simum simum) sono stati acquistati da African Parks, una Ong che si impegna a liberarli in natura. Il proprietario della struttura non riusciva più a gestire le spese.
Hume, infatti, spendeva circa 425 mila dollari al mese per mantenere l’allevamento e più della metà della cifra solo per le misure di sicurezza, che comprendevano persino alcuni elicotteri per localizzare e allontanare eventuali cacciatori di frodo. Ma non era tutto rose e fiori al Platinum Rhino: Hume non allevava i rinoceronti per puro amore degli animali, ma sperava che si avviasse un commercio legale dei corni dal quale avrebbe potuto trarre dei profitti, velati sotto la facciata della speranza dell’interruzione della caccia illegale e senza scrupoli.
I rinoceronti sono infatti nel mirino di bracconieri da decenni, cacciatori disposti a tutto pur di guadagnare dalle vendite dei corni di questi imponenti animali: un mercato fomentato dalla medicina tradizionale e dalle antiche credenze secondo cui possano curare i tumori o diventare potenti afrodisiaci. I corni di rinoceronti possono arrivare a costare più di una partita di cocaina ed è così che molte sottospecie di questi animali sono state decimate fino all'estinzione, come accaduto, ad esempio, ai rinoceronti bianchi settentrionali (Ceratotherium simum cottoni) di cui sono rimasti solo due esemplari al mondo. La bella notizia, però, è che duemila esemplari sono pronti a tornare nella savana, in quella che è la più grande operazione di rewilding degli ultimi anni.
L’allevamento Platinum Rhino, esteso per ben 7.800 ettari, locato nella regione nordoccidentale del Sudafrica al confine con il Botswana, era diventato per il suo proprietario fonte di spese senza guadagno, portandolo alla decisione di mettere all’asta la struttura. Le speranze che qualcuno potesse acquistare i rinoceronti con una base d’asta di 10 milioni di dollari erano davvero poche, ma fortunatamente è intervenuta la Ong African Parks, grazie anche al sostegno di fondi statali.
I duemila esemplari rappresentano all’incirca il 15% della popolazione mondiale attuale, che si aggira intorno ai 16 mila individui. Per quanto i numeri di rinoceronte bianco meridionale siano più alti sia del rinoceronte nero (Diceros bicornis) che delle specie asiatiche (Dicerorhinus sumatrensis e Rhinoceros sp.) anche loro hanno rischiato di sparire: all’inizio del secolo scorso ne erano rimasti appena una quarantina, che grazie agli sforzi conservazionistici sono riusciti ad aumentare fino a oltre 20 mila nel 2012, per poi tornare rapidamente a 16 mila nel giro di pochi anni a causa dell’aumento del bracconaggio. Nel parco nazionale Kruger, la più grande riserva naturale del Sudafrica, il loro numero si è dimezzato dal 2010.
La maggioranza degli esemplari ancora esistenti si trova tra il Sudafrica e la vicina Namibia, che hanno adottato misure speciali per la protezione di questi animali. Anche molti privati hanno finanziato allevamenti di rinoceronti in riserve per far fronte alla costante domanda da parte del mercato nero, soprattutto asiatico, per il quale un rinoceronte vale più morto che vivo. Spesso i corni di questi grandi animali vengono limati per farne scendere il valore commerciale e garantire loro la sopravvivenza.
Il progetto di reintroduzione dei duemila rinoceronti del Platinum Rhino è uno dei più ambiziosi mai tentati e per quanto possa essere spaventoso da gestire resta una delle opportunità di conservazione più importanti a livello globale, anche se l’unica soluzione definitiva è quella di eradicare quanto prima l’azione dei bracconieri e rendere finalmente “economicamente più conveniente” mantenere in vita questi animali.