La notte fra il 26 e il 27 marzo una piccola gabbietta è stata poggiata davanti la guardiola del Centro Animali Non Convenzionali di Torino (Canc). Al suo interno una sorpresa: due ratti.
«Trovati due ratti da compagnia varietà Black Eyes Siamese – scrivono in un post su Facebook gli operatori del Canc – Immaginiamo abbandonati visto che ci sono stati lasciati di notte in guardiola senza compilare nessun verbale di ritrovamento. Controlliamo lo stato di salute per alcuni giorni, ma poi cercano casa… come animali da compagnia!»
Potremmo definirlo un ritrovamento inusuale, se non fosse che al centro di animali "fuori dalla norma" se ne vedono parecchi. A settembre del 2022, ad esempio, un pitone giallo lungo 5 metri era stato operato proprio lì a causa di un blocco intestinale. Un intervento molto rischioso, perché anche solo spostando un rettile così grande si rischia di danneggiargli alcune vertebre. Come se non bastasse alcuni giorni dopo un boa di circa due metri e un'iguana erano stati ritrovati in strada a Torino, ma fortunatamente sono stati subito prelevati e tenuti in custodia dagli operatori del centro.
Il tema dell'abbandono è sempre vivo fra gli appelli del Canc e a renderli così speciali è il fatto che spesso ad essere abbandonati sono animali selvatici tenuti in cattività. Questa volta, però, non parliamo di rettili esotici ma di mammiferi che possono essere comunemente trovati fra le strade di molte città. Sono dei ratti che il centro stesso definisce "da compagnia", ma questo fa sorgere una domanda: esistono veramente ratti domestici?
Vengono chiamati "fancy rat" ma, a differenza di altri animali, non sono la sottospecie domestica della loro controparte selvatica, che in questo caso è il ratto marrone (Rattus norvegicus). Infatti, sono in tutto e per tutto come i selvatici ma sono stati incrociati artificialmente molte volte in modo tale da isolare caratteri come colorazioni del manto peculiari e un comportamento più mansueto. Il nome stesso fancy rat è tutto un programma: in inglese significa letteralmente "ratto elegante" e la sua domesticazione non ha nulla a che vedere con il millenario rapporto fra homo sapiens e altri animali come cani, gatti, pecore e cavalli ma è solo dettato dall'estetica.
Storicamente i primi ratti domestici risalgono al XVIII secolo, quando i cacciatori di ratti di tutta Europa li intrappolavano per arginare le infestazioni e la diffusione della peste. Alcuni di questi venivano uccisi, mentre altri venduti a persone senza scrupoli per dilettarsi "al massacro del ratto": un'attività violenta in cui si mettevano gli animali in una fossa e si scommetteva su quanto tempo sarebbe servito a un cane per ucciderli tutti.
Questo "hobby" divenne popolare fino all'inizio del XX secolo e si ritiene che degli aguzzini, sorpresi e affascinati dal colore del manto di alcuni roditori, li iniziarono ad allevare come animali domestici. Chi fu il primo in assoluto ad allevarli è ancora dibattuto, ma fra i nomi che più comunemente vengono indicati ci sono due britannici: Jack Black, autoproclamatosi cacciatore di ratti della regina Vittoria, e Jimmy Shaw, proprietario di uno dei più grandi centri sportivi pubblici di Londra.
Oggi i ratti da compagnia sono diffusi in gran parte del mondo ed esistono vere e proprie organizzazioni di estimatori che si occupano di fissare degli standard per le razze valutando criteri estetici e comportamentali. Fino ai primi del 2000 alcuni studi indicavano come i ratti fossero fra i piccoli mammiferi da compagnia più diffusi nelle case, secondi solo a criceti, furetti e porcellini d'india.
La storia dei fancy rat ci permette di osservare un fenomeno terribile: l'uomo crede di poter controllare la natura in ogni suo aspetto e, proprio come è accaduto per altri animali selvatici, utilizza lo strumento della selezione artificiale. Si tratta dell'insieme di incroci fatti dall'essere umano per ottenere animali con determinate caratteristiche fisiche e comportamentali, un modo per imporsi sugli altri organismi del Pianeta secondo standard il più delle volte innaturali e forzati.
Il Canc di Torino ha tutte le ragioni per prendersi cura di questi animali abbandonati e cercare un nuovo compagno umano per un'adozione. Sono roditori che hanno passato la loro intera esistenza al fianco del proprio pet mate e difficilmente riuscirebbero a sopravvivere al di fuori di un ambiente domestico. Ricordiamo, però, che dietro ogni tentativo di domesticazione c'è sempre una tragica storia di cattività e che la crudeltà contro gli animali non passa solo attraverso gli abusi fisici che facciamo nei loro confronti, ma parte proprio da un concetto fondamentale: gli animali non sono oggetti che possiamo utilizzare a nostro piacimento.