1824. Il re francese Carlo X, per l’ampliamento dello zoo reale, la Ménagerie del Jardin du Roi, ricevette in dono una giraffa africana dal viceré Mehmet Ali, catturata nella savana africana a 2 mesi di età dopo averle ucciso la madre. Fu trasferita in Francia su un brigantino sardo con un viaggio via mare di 32 giorni fino a Marsiglia da dove, a piedi per 880 chilometri, raggiunse Parigi. Solo a Lione accorsero in 30 mila per andarla a vedere. Trasferita nello zoo del giardino del palazzo reale, la giraffa attrasse, soltanto nell’estate del 1827, oltre 100 mila visitatori. Ma tre anni dopo, racconta lo scrittore Honoré de Balzac, nessuno andava più a vederla. Oggi il suo corpo impagliato si trova al Museo di storia naturale di La Rochelle.
Ottobre 2022. La Cina invia al Qatar due panda giganti come dono in occasione dei Mondiali di calcio che prenderanno il via il 20 novembre. Si tratta dei primi esemplari a mettere piede in Medio Oriente e sono stati accolti con tutti gli onori in un recinto di lusso con l'aria condizionata al parco Al Khor, una cinquantina di chilometri a nord di Doha. Ad attendere l'arrivo del maschio di 3 anni e della femmina di quattro, c'era una folla di giornalisti e bambini. Il piccolo emirato del Golfo è il ventesimo Paese a ospitare panda, al di fuori di Cina e Taiwan.
Dall'Ottocento al XXI secolo: ma davvero non è cambiato niente?
In mezzo a questi due avvenimenti, così simili per molti aspetti, pensavamo fossero passati quasi due secoli di consapevolezza. Pensavamo che ormai fosse un dato acquisito per tutti che gli animali sono esseri senzienti e non pacchi da trasferire da un mondo all’altro, senza curarsi del loro habitat originario, delle loro abitudini, del clima, dell’inutilità della loro esibizione forzata. Eravamo quasi certi che non avremmo mai più visto istituzioni nazionali far dono di animali vivi da trasferire come oggetti in cattività in un habitat completamente estraneo, per ragioni di obsolete pratiche diplomatiche.
Ma, dalla notizia che ancora a ottobre 2022 una folla si è raccolta con le bandierine in mano per accoglierli, abbiamo invece conferma che la strada è ancora fortemente in salita e che la vetta è ancora molto, troppo, lontana. «Purtroppo, in Cina i panda vengono allevati e tenuti in cattività per essere esposti al pubblico – commenta abbattuta Isabella Pratesi, direttore del programma di conservazione del WWF. – Ma personalmente ritengo che poterli usare e trattare come oggetti di scambio è una cosa orrenda e il messaggio che arriva è molto brutto: parliamo ancora infatti di dominio dell’uomo su questi animali».
La "diplomazia del panda": animali usati come merce di scambio
Speravamo quindi di non dover più assistere ad esempi folgoranti di quella che qualcuno ha chiamato “la diplomazia dei Panda” e che ha visto la Cina in prima fila per diversi decenni nella consuetudine del “cadeaux vivente” da recapitare a stati e istituzioni per ingentilire la strada verso scambi commerciali e sostegni di natura politica di vario genere.
Accadde persino nel 1972 per distendere i rapporti tesi tra Cina e Stati Uniti: dall’Asia arrivarono allo zoo nazionale di Washington una coppia di panda per il presidente USA Nixon. Hsing-Hsing e Ling-Ling erano il dono del governo cinese come segno di distensione tra i due paesi e facevano seguito alla storica visita di Nixon di due mesi prima in Cina per incontrare Mao Tse-tung. Questa volta i panda arrivano invece in un paese che di panda non ha mai visto uno, ma che con gli animali e con il loro benessere ha un rapporto perlomeno conflittuale.
A partire dall’ultima notizia del massacro di 29 cani in concomitanza dei mondiali di calcio che ha svelato una realtà a dir poco drammatica che, come ha raccontato a Kodami una volontaria attiva nel paese del Golfo Persico, non si esaurisce certamente nella manifestazione sportiva in arrivo, malgrado questa non abbia fatto altro che polarizzazione ulteriormente la situazione.
«La concezione del mondo animale che vediamo ancora oggi è fortemente legata al concetto di lusso e, in particolare, alla falconeria (per la caccia), e ai cavalli e cammelli, che sono considerati mezzi di trasporto – aveva raccontato pochi giorni fa a Kodami Patrizia Pellegrini coordinatrice dei volontari del 2nd Chance Rescue di Rawdat al Ajuz, a Nord della capitale Doha. – I cani, invece, sono visti come animali da guardia e, certamente, non entrano nelle case come avviene in Europa ma, piuttosto, vengono tenuti lontani e non raramente, torturati e uccisi».
Che anche stavolta si tratti di diplomazia non c’è dubbio. Come ha riportato il China Daily «Due panda giganti sono arrivati a Doha, la capitale del Qatar, mercoledì, a bordo di un aereo speciale proveniente dalla Cina per adempiere a un accordo di cooperazione sulla conservazione e la ricerca sui panda giganti tra le due nazioni. – ha scritto il quotidiano. – Mohamed Al-Dehaimi, ambasciatore del Qatar in Cina, ha dichiarato in collegamento video durante la cerimonia di addio ai panda giganti a Chengdu di apprezzare le relazioni bilaterali tra il Qatar e la Cina, aggiungendo che il dono dimostra quanto profondamente si siano sviluppate le relazioni. L'ambasciatore ha inoltre affermato che l'evento è una pietra miliare della diplomazia culturale, che porta le relazioni tra le due parti a un livello superiore e a un campo più ampio». A questo servono dunque i due panda. A sottolineare che Cina e Qatar, in questo momento vanno d’accordo e faranno affari d’oro insieme.
Un po’ come quando Re Sole, Luigi XIV di Francia, sposò la regina di Spagna per creare un’alleanza fra le due nazioni sull’orlo di una guerra. In Medio Oriente, però, i panda non si erano mai visti. E certamente le temperature di Doha non sono esattamente quelle cinesi delle foreste di Sichuan da dove provengono.
Protetti e ben nutriti, ma esposti ai visitatori. Come in uno zoo
Il China Conservation and Research Center for the Giant Panda della provincia del Sichuan, ha rassicurato tutti che per i due esemplari – la femmina Si Hai di 3 anni e il maschio Jing Jing di 4 anni – sono stati inviati allevatori ed esperti veterinari per aiutarli ad adattarsi al nuovo ambiente, dove rimarranno per quindici anni. In particolare, l’allevatore Dong Li, ha affermato di aver preparato pane di mais al vapore, germogli di bambù, carote e altri alimenti per i panda giganti, nel caso ne avessero avuto bisogno durante il viaggio.
Per loro il governo del Qatar ha detto di aver costruito una sala dedicata, in modo che «possano godere di un impianto di aria condizionata e di una zona notte separata. Inoltre, sono state predisposte strutture per la nursery, le cure mediche, la preparazione del cibo, la conservazione del bambù e il monitoraggio della sicurezza». Addirittura, informano, ottocento chilogrammi di bambù fresco verranno trasportati in aereo ogni settimana per nutrirli.
E Tim Bouts, il direttore di Al Wabra Wildlife Preservation, dove vivono animali selvatici importati da tutto il mondo, ha assicurato che oltre a riprodurre il clima interno perfetto per i panda, il recinto in cui abiteranno li proteggerà anche da rumori stressanti consentendo loro di essere però visti dai visitatori. Esposti, quindi. Come allo zoo.
Tutto questo dopo che, secondo quando riporta il China Daily, «nel maggio 2020, la Cina e il Qatar avevano firmato un accordo di cooperazione per promuovere la conservazione del panda gigante e la ricerca su questa specie vulnerabile e sulla biodiversità». Già la famosa, e ormai abusata, biodiversità di cui tutti parlano. Quella che ci dovrebbe salvare dalla catastrofe. Quella per cui gli ambienti, e i loro animali, vanno preservati e custoditi per evitare che i disastri naturali ci travolgano e che il Pianeta Terra non sia più in grado di ospitarci come ha fatto, faticosamente, fino ad ora.
«Io continuo a pensare che la sostenibilità, la transizione ecologica, il recuperare il rapporto con la natura del Pianeta, devono abbracciare per forza anche una sfera etica – ci dice ancora Isabella Pratesi. – Dobbiamo ripensare il legame tra politica e interessi: non fatelo per favore sulla vita e sulla pelle dei panda anche se sono allevati. Questa situazione mi sembra davvero molto, molto sbagliata. E mi dispiace davvero per quei due panda». Che invece malgrado tutto, rimarranno in Qatar per quindici anni, ambasciatori inconsapevoli di una diplomazia senza scrupoli e, probabilmente, senza etica.