Due cani sono morti per avvelenamento a Cava D’Aliga, frazione del comune di Scicli, in provincia di Ragusa. È il secondo caso dopo quello di un mese fa, quando delle polpette avvelenate sono state lanciate sul terrazzo di una abitazione dove vivevano altri due cani. A lanciare l'allarme delle esche avvelenate è l'associazione LAV Ragusa, molto preoccupata per il poco tempo trascorso tra i due eventi criminosi: «Restiamo sconcertati per la leggerezza con cui si condannano a morte delle vite innocenti, spesso per futili motivi, come potrebbe essere il fastidio dato dall'abbaiare».
Ma lo sconcerto non ferma questo tragico fenomeno che si verifica da Nord a Sud senza distinzione e che uccide centinaia di animali selvatici e domestici: basti pensare che solo nel 2022 sono stati circa 2.300 gli animali morti per sospetto avvelenamento di cui confermati più del 40 per cento, ovvero 950 animali, senza grandi cambiamenti nei dati dei del 2023 che hanno confermato lo stesso trend. Una piaga di difficile risoluzione, soprattutto per la mancanza quasi sempre di telecamere di sicurezza messe a controllare le aree cani, i parchi o giardini pubblici.
«C’è ancora tanta strada da fare per sradicare dalla nostra terra la cultura di chi crede di essere padrone della vita altrui tanto da provocarne la morte – continua Iurato – Noi continueremo a lavorare affinché la necessità di combattere il maltrattamento degli animali possa radicarsi almeno nelle nuove generazioni, perché si rispettino le disposizioni di leggi e ordinanze a tutela della salute di tutti e perché, chi commette questi atti delittuosi, paghi per il reato commesso». In Italia, infatti, l’avvelenamento di un animale è un reato del codice penale punibile con la reclusione fino a 18 mesi e la distribuzione di sostanze velenose è un reato punibile con la reclusione fino a tre anni e una multa fino a 500 euro.
Nel frattempo, l'associazione chiede che almeno vengano messe in atto «tutte le disposizioni dell'ordinanza del Ministero della Salute Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati». L’ordinanza, infatti, prevede che, dopo aver verificato la presenza o meno del microchip da parte della Polizia Municipale, l'ASP Veterinaria proceda recuperando il corpo dell'animale e prelevando i campioni biologici per accertare presso l'Istituto Zooprofilattico la causa della morte e la natura delle esche. Nel frattempo il Comune, dove è avvenuto il fatto, ha l’obbligo di bonificare la zona e allertare i cittadini lì residenti con cartellonistica adeguata che potrebbero esserci altri bocconi avvelenati, pericolosi non solo per gli animali ma anche per i bambini.
Al netto degli allarmi e di quello che devono fare le forze di polizia e le Amministrazioni per contrastare quella che va definita una vera e propria piaga, è innegabile che al momento ciò che può fare davvero la differenza è il controllo da parte del pet mate di ciò che annusa e assaggia il proprio cane quando vanno a passeggio. Per stare proprio tranquilli, però, l’ideale sarebbe tenerlo sempre al guinzaglio e, ancora meglio, educarlo a non raccogliere cibo da terra, anche se non è sempre facile riuscirci. In seconda battuta è fondamentale presentare denuncia, perché se è vero che dal punto di vista pratico è molto difficile trovare i responsabili di questo gesto deprecabile, segnalare anche un semplice boccone sospetto serve come atto importante di sensibilizzazione e permette alle autorità competenti, in primis Forestale e Polizia Municipale, di esaminare l’esca e "bonificare" qualora ce ne fosse bisogno l’area del ritrovamento.