«Un percorso lungo quarant'anni che adesso sta terminando perché non c'è più alcun giovane medico veterinario che voglia continuare il mio lavoro in clinica». Così Dorothea Friz parla su Kodami dei motivi che l'hanno spinta a scrivere la parola fine alla lunga storia della sua clinica veterinaria di Castel Volturno, in provincia di Caserta.
La medica veterinaria Dorothea Friz, nata a Monaco 70 anni fa e trasferitasi in Italia negli anni Ottanta, è una istituzione del mondo animalista campano. A lei si deve la diffusione della cultura della sterilizzazione dei cani vaganti, ma anche tanto del lavoro per togliere questi animali da canili e rifugi.
La sua attività ha avuto come epicentro, fino al gennaio 2022, la zona di Castel Volturno, una terra ricca di bellezza ma molto complessa, in cui convivono una riserva naturale statale e i traffici della criminalità organizzata.
Non sono però le difficoltà del territorio ad averle spinta ad abbandonare il campo di battaglia, ma un nemico naturale: «I medici che lavorano con me sono vicini al pensionamento e anche io a causa dell'età non riesco a fare tutto da sola. Purtroppo non ho ancora trovato nessun giovane veterinario che desideri affittare la struttura per continuare il lavoro di cura e sterilizzazione degli animali», confida.
Imprescindibile per rilevare la clinica, è infatti che si continui il lavoro iniziato decenni fa per la salute e il benessere degli animali. «Molti volevano venire per osservare da vicino il nostro lavoro, ma solo per un periodo, nessuno voleva gestirla in prima persona», sottolinea Friz. Per questo attraverso le sue associazioni, la Lega Pro Animale e la Fondazione Mondo Animale, lancia un appello per affittarla: «Non aspettiamo necessariamente un’organizzazione protezionistica né dei veterinari altruisti, ma certamente il benessere degli animali deve essere sempre l’obiettivo principale di questa clinica!».
Nonostante le associazioni guidate da Friz siano disposte a dare contributi per «interventi mirati al controllo delle nascite e anche per sopperire ad emergenze specifiche», i locali restano vuoti e la clinica chiusa fino a data da destinarsi.
Non tutto è perduto però, e le energie di Friz si stanno concentrando verso un nuovo progetto, meno gravoso per lei in termini fisici: «Sto pensando a una nuova iniziativa: quasi tutti i veterinari che sterilizzano hanno tariffe reputate proibitivi da molte persone, per questo ho intenzione di avviare una convenzione per sterilizzare i cani e gatti padronali a un prezzo conveniente». Un esercito di nuovi veterinari che, sotto l'egida dell'Ordine di Caserta, possano raccogliere gli insegnamenti di Friz.
Da Monaco a Castel Volturno: la folgorazione in un rifugio
«Sono arrivata in Italia dalla Germania per il clima, desideravo vivere in un posto con temperatura mite», racconta Friz, e la scelta è caduta sul Sud del Paese e su quella "Campania felix" assolata e dolce fatta di macchia mediterranea, mare, ma anche di randagismo, un fenomeno sconosciuto a una tedesca.
«In Germania non avevo mai visto un cane in strada – racconta Friz – e quando sono arrivata a Napoli nel 1982 ho trovato una situazione a me sconosciuta. C'erano animali vaganti ovunque, e in qualsiasi stato di salute: vivi, feriti, e morti. È stato lo shock della mia vita».
Friz però non è la sola straniera ad essere rimasta sconvolta da quella situazione: «Attraverso una signora inglese, sono arrivata a conoscere un rifugio a Castel Volturno e rimasi folgorata. Era la spinta che mi serviva: lasciai il lavoro che avevo a Napoli per trasferirmi con mio marito a Castel Volturno allo scopo di salvare i cani che erano lì».
Friz ha portato avanti un approccio al randagismo straordinariamente moderno per l'Italia dell'epoca: la sterilizzazione massiva dei cani liberi. Oggi questa pratica è la norma, ed è prevista da ogni disposizione nazionale e regionale in materia di animali liberi, ma negli anni Ottanta era un concetto all'avanguardia.
«Ogni anno veniva ucciso un numero impressionante di cani, erano circa 5mila quelli che venivano soppressi dall'Asl di Napoli», ricorda Friz.
La vecchia norma, sostituita poi negli anni Novanta dalla legge quadro 281 del 1991 “in materia di animali d’affezione e di prevenzione del randagismo”, stabiliva l'abbattimento degli animali accalappiati dopo un periodo di permanenza all'interno del canile municipale. Una mattanza nei box, e una anche fuori, dato che il sovrannumero di cani nello stesso territorio porta spessissimo a scarsità di risorse e alle conseguenti lotte per il poco a disposizione.
Se la promessa di un cielo sereno l'aveva portata a Napoli dalla sua Monaco, è stata la tempesta dei randagi di Castel Volturno a convincerla a spostarsi definitivamente nell'agro aversano. All'inizio Friz continua a collaborare con il rifugio di Castel Volturno in cui l'aveva portata l'amica inglese, ma pochi anni dopo decide di aprire la sua clinica a Villa Literno.
Dorothea Friz: tra disobbedienza civile e confronto con le istituzioni
«Nessuno voleva cambiare, nessuno pensava che le cose potessero cambiare, così abbiamo lasciato il rifugio e con mio marito ho acquistato una fattoria dismessa non lontano da Castel Volturno. Da lì sono partite tutte le mie battaglie, anche contro lo Stato italiano per la parificazione del titolo di laurea tra i diversi Paesi. Pur essendo laureata in medicina veterinaria in Germania, per lo Stato italiano esercitavo abusivamente, e sono stata anche denunciata per questo», racconta con un sorriso.
La ratificazione dei trattati che parificavano i titolo di studio arrivò solo molti anni più tardi, e fino a quel momento Friz ha condotto una campagna di disobbedienza civile continuando a curare gli animali in opposizione alla legge italiana.
Battaglie che venivano condotte in prima persona e fisicamente, perché in quegli anni "l'attivismo da tastiera" dell'era dei social non esisteva: «Scrissi a tutti per chiedere aiuto, e lo facevo con una vecchia macchina da scrivere da viaggio. Lì ho battuto le prime lettere indirizzate ad altre associazioni e ai politici».
Non solo con le istituzioni, in quegli anni Friz si scontra anche con la comunità italiana e campana: «Gli animali malati si abbandonavano con molta più facilità. Un cane malato o una cucciolata casalinga il più delle volte venivano lasciati in strada al proprio destino».
Per Friz però non era un problema meramente culturale, ma di tipo pratico: «Gli strumenti a disposizione delle persone erano pochi, e si agiva con quello che c'era. Basti pensare alla scarsità di veterinari, di farmaci per animali, persino di mangimi e collari. Queste difficoltà quotidiane si sommavano poi a una concezione vecchia del rapporto con l'animale domestico».
Soprattutto rispetto alla salute animale le conoscenze erano scarse: «Molto spesso i cani e i gatti venivano abbandonati perché si pensava che tutte le loro malattie fossero trasmissibili all'essere umano. È soprattutto su questo aspetto che sono intervenuta attraverso l'opera di informazione e sensibilizzazione. E questo lavoro funziona».
Specchio di questo del vuoto di conoscenze di quegli anni era rappresentato dalla grande diffusione della Leishmaniosi, una malattia ancora oggi molto presente nel Sud della Penisola: «All'inizio la scambiavo per rogna, non sapevo cosa fosse la Leishmania perché in Germania e in Nord Europa non esiste, e nei testi dell'università era lettera morta, mentre qui la malattia è ancora radicata».
Per questo tra le attività messe in atto dalla dottoressa in prima battuta, oltre alle sterilizzazioni e alle cure, si affiancano le attività con gli studenti delle scuole e i corsi per giovani veterinari.
«I giovani di oggi non possono sapere cosa ho trovato all'epoca nei rifugi, in cui gli stessi volontari erano contro le sterilizzazioni e tenevano maschi e femmine insieme – racconta con un moto d'orrore nella voce – Il risultato di questa equazione coincideva spesso con la morte dei cuccioli e degli individui più deboli. Il rifugio deve essere una struttura di stallo, non un lager».
Per questo Friz inizia a lavorare al fianco delle istituzioni locali per sterilizzare e reimmettere i cani sul loro territorio: «I primi sono stati quelli che vagavano nei pressi della stazione di Villa Literno, li trovavo grazie alle segnalazioni del capostazione. Sono stati sterilizzati e reimmessi sul territorio grazie al sindaco di allora che nel 1994 con una delibera mi ha permesso di compiere queste operazioni nel rispetto della legge».
Tra le attività di cui va più fiera c'è proprio la diffusione della pratica della sterilizzazione e della vaccinazione: «Abbiamo fatto vari censimenti in Campania, in 3-4 anni abbiamo catturato circa 2mila cani che dopo la sterilizzazione sono tornati liberi, dopo pochi anni i cani trovati in strada erano 40. La gran parte dei cani prelevati non erano randagi, ma padronali che giravano in strada».
Friz ha una sola speranza per il futuro della sua clinica e dei giovani veterinari che spera ne prendano le redini: «Desidero che il lavoro iniziato 40 anni fa lavoro prosegua, nell'interesse della comunità e per il benessere di tutti gli animali».