Dormire è un comportamento semplice e trasversalmente diffuso nel mondo animale: anche moltissime specie di invertebrati, oltre che praticamente la totalità di vertebrati, lo esprimono, ma a che serve un comportamento del genere? Il sonno infatti è un'attività che porta via una percentuale di tempo non indifferente agli animali, costringendoli sostanzialmente a rimanere immobili ed esposti a potenziali pericoli derivanti dal mondo esterno ed impedendo loro di compiere azioni molto più utili, come ad esempio la ricerca del cibo o di un partner. Tuttavia, secondo un nuovo studio condotto su un piccolo verme, dormire è molto importante per fissare nella memoria esperienze e per rimodellare le sinapsi neuronali.
In termini evolutivi, se un comportamento è così “costoso” per un animale, allora deve nascondere necessariamente da qualche parte dei vantaggi per far sì che l’ago della bilancia penda in senso positivo per spiegare perché lo stesso si sia così diffuso e conservato nel mondo animale durante il corso dell’evoluzione. Una delle ipotesi evolutive più interessanti a riguardo suggerisce appunto come il sonno sia un comportamento essenziale per fissare i ricordi e le esperienze acquisite durante la veglia grazie anche agli effetti positivi che può avere a livello del rimodellamento delle sinapsi neuronali.
In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Cell un gruppo di ricercatori ha cercato di investigare proprio il ruolo che il sonno può avere nel migliorare l’efficienza di processi di apprendimento e memorizzazione, utilizzando come modello di riferimento un piccolo verme appartenente al phylum dei nematodi, il Caenorhabditis elegans, un animale molto apprezzato nell’ambito della ricerca biologica data la sua facilità di studio e la somiglianza di molti meccanismi biologici e comportamentali che possiede, utili per estrapolare informazioni per spiegare meccanismi e comportamenti simili in altre specie animali, uomo compreso.
Anche questo vermetto ha mostrato infatti comportamenti ascrivibili al sonno, rendendosi dunque un candidato ideale per testare gli effetti che questo comportamento ha sul suo sistema nervoso dato che quest'ultimo è facilmente studiabile a causa della sua estrema semplicità, essendo costituito infatti da poco più di 300 neuroni in totale.
Per testare l'ipotesi in questione gli scienziati hanno mandato "a scuola" questi animali, sottoponendoli ad un processo di apprendimento dove imparavano ad associare l’assenza di cibo ad una molecola odorosa particolarmente attrattiva per loro, il butanone, insegnandoli dunque ad ignorarla. Dopo questa fase di apprendimento molto spesso i vermetti schiacciavano un pisolino, descritto dai ricercatori per la presenza di una postura tipica del sonno in questa specie, simile per conformazione assunta da loro a quella di un bastone da pastore, assieme ad una ridotta sensibilità agli stimoli e una ridotta attività motoria e dunque in presenza di uno stato di quiescenza e riposo generale.
Non solo, i ricercatori hanno monitorato contemporaneamente gli effetti del sonno sui circuiti neuronali implicati nel processo di apprendimento in questione, costituiti unicamente da un neurone olfattivo responsabile del riconoscimento della molecola odorosa del butanone e le sinapsi di quest’ultimo con un interneurone essenzialeper consolidare la memoria del processo di desensibilizzazione alla molecola odorosa in questione.
Dopo aver diviso i vermetti in due gruppi di cui ad uno veniva impedito di dormire subito dopo essere andati a scuola, i ricercatori hanno potuto osservare come proprio questi ultimi non consolidavano i ricordi ottenuti durante la lezione rispetto al gruppo di vermetti che invece era riuscito a dormire.
Non solo, anche a livello neuronale le sinapsi fra il neurone olfattivo e il suo interneurone non si modificavano nei vermi che non avevano schiacciato il pisolino, mentre diminuivano di numero in quelli che l’avevano fatto. Ciò suggerisce dunque come dormire abbia aiutato questi animali a ricalibrare le loro sinapsi fra i neuroni coinvolti nel processo di apprendimento, consolidando in questo modo la memoria dell’esperienza vissuta da svegli.
Questi risultati sembrano dunque confermare come il sonno svolga in questa specie di nematodi due importantissime funzioni connesse fra loro, il consolidamento della memoria e l’efficacia del rimodellamento sinaptico proprio fra i neuroni coinvolti in tale processo, dimostrando in questo modo come queste due siano almeno alcune delle sue possibili funzioni adattative.
Inoltre, il fatto che questo piccolo verme possieda un sistema nervoso molto semplice e con un numero di neuroni sicuramente ridotto rispetto a quello di molte altre specie animali, ma non per questo privo di capacità comportamentali comparabili ad animali con sistemi nervosi più complessi, potrebbe suggerire come la necessità e le funzioni evolutive connesse al comportamento del sonno non siano emerse parallelamente all’evoluzione di cervelli via via più complessi (come ipotizzato da molti ricercatori) e come dunque tale comportamento esista nel mondo animale sin dai tempi più remoti per delle specifiche ragioni evolutive.