Una tragedia nella tragedia quella che si sta verificando sull'isola di Ischia dalla notte tra venerdì 25 e sabato 26 novembre, quando una frana partita dal monte Epomeo ha investito i Comuni sottostanti, sommergendoli di fango e detriti.
In queste ore i cani di Ischia stanno tornando sulle macerie della loro casa in cerca della famiglia che hanno perduto: scavano, guaiscono, si muovono apparentemente confusi e perduti loro stessi, in corrispondenza di quella che una volta era la loro abitazione. Si tratta di un comportamento molto comune, come spiega Elena Garoni, veterinaria comportamentalista e membro del comitato scientifico di Kodami: «Nelle ore immediatamente successive a un simile disastro i cani si trovano in uno stato di shock post traumatico. A causarlo sono la mancanza improvvisa di punti di riferimento e un ambiente completamente stravolto, a ciò si aggiunge il forte impatto olfattivo che un simile evento può avere sui cani». Per i cani è l'olfatto il senso di riferimento, e un mondo che ha perso il suo consueto odore è di per sé ignoto, e quindi in grado di incutere timore.
«L'emozione più diffusa è quindi la paura per il drastico cambiamento della loro quotidianità», sottolinea Garoni. Tutti questi elementi portano i cani a restare, almeno in un primo tempo, vicino all'area del disastro, dove però non c'è più nulla del mondo che conoscevano.
Secondo le cifre fornite dalla Protezione Civile sono 7 le vittime sino ad ora accertate, 5 i dispersi, e oltre 200 gli sfollati. A questi numeri vanno ad aggiungersi anche il gran numero di cani rimasti improvvisamente in strada senza casa e senza famiglia in tutta la zona colpita dalla frana dell'Epomeo, una lunga dorsale che va da Casamicciola, la città più colpita, fino a Forio, passando per Lacco Ameno.
Proprio all'interno del Palazzetto dello sport di Forio è stata allestita la prima area d'accoglienza della Protezione Civile, arrivata sull'isola con oltre 650 operatori e con il supporto anche delle prime unità cinofile, impegnate in queste ore nella ricerca dei dispersi.
I cani, non sono solo vittime del disastro, ma anche i salvatori di coloro che sono ancora sepolti sotto il fango. In questo caso tratta di animali con una formazione specifica che vengono addestrati insieme ai loro umani fin dalla tenera età per muoversi in contesti catastrofici, caratterizzati da territorio instabile e difficilmente accessibile. È su questi animali e sui loro conduttori che ricade la responsabilità di salvare i dispersi ancora in vita, e anche di ritrovare i morti da riconsegnare ai cari in attesa.
Le famiglie da ore infatti si trovano separate da montagne di fango, impossibilitate a comunicare, e questo vale sia per i componenti umani che per i cani. Non sono pochi i compagni animali rimasti indietro durante una fuga precipitosa, oppure scappati da casa e impossibilitati a tornarci perché ormai ricoperta dal fango.
Ad occuparsi di loro sono soprattutto i volontari di strada che si sono attivati per cercare di dare conforto ai cani rimasti forse per la prima volta senza umani sui quali fare affidamento. «Raccogliamo cibo secco per cani e gatti, coperte, se qualcuno ha tende grandi da campeggio da donare o anche solo prestare, potrebbero essere utili in questo momento – è l'appello lanciato dai volontari della Laai di Lacco Ameno – Stiamo organizzando un punto di raccolta e uno stallo di emergenza come alloggio per eventuali animali in difficoltà».
Per gli animali d'affezione, infatti, il pericolo non arriva solo dall'evento catastrofico in sé, ma anche da ciò che ne consegue. La capacità di procacciarsi del cibo e di evitare pericoli viene appreso attraverso l'esperienza o l'insegnamento di una madre competente, quando questa formazione non avviene, come nel caso di cani che vivono tutta la vita in famiglia, il pericolo di morire di stenti o di freddo è altissimo.
Dopo le prime fasi di shock, però, ci sono delle strategie che i cani mettono in atto per sopravvivere, e che dipendono dal carattere e dalle esperienze che ha avuto nella vita. «I cani hanno una straordinaria capacità di adattamento, la cui proporzione dipende dall'individuo – sottolinea David Morettini, educatore cinofilo e membro del comitato scientifico di Kodami – Un cane, nonostante sia conosciuto per la sua grande fedeltà all'uomo, resta un animale molto flessibile anche per ciò che concerne il legame di attaccamento».
Il cane nell'arco della sua vita compie infatti almeno un doppio attaccamento: «Spessissimo quelli che vivono in casa sperimentano sia il legame con la mamma biologica e con la famiglia umana – sottolinea l'esperto – Qualunque cane ha quindi nel suo repertorio emozionale di base le conoscenze per attuare il distacco con la madre creando l'attaccamento con i membri di un'altra specie: è qui che risiede la capacità di costruire legami molteplici. Tutto però dipende come sempre dall'individuo, un po' come accade anche a noi umani quando metabolizziamo esperienze dolorose di separazione senza andare a chiudere le nostre future possibilità relazionali. Questo non significa però che il cane non soffra enormemente davanti al distacco».
Un distacco ancora più doloroso alla luce delle risorse che la convivenza con l'uomo mette loro a disposizione. I cani infatti beneficiano dei comfort delle persone, e una volta acquisiti è difficile tornare indietro. «Strappare il legame di riferimento e mettere fine ai comfort è molto doloroso – aggiunge Morettini – A questo punto però si apre un nuovo fronte ecologico. Se i cani non vengono presi continueranno a muoversi sul territorio, come cani vaganti, perché incapaci di legarsi a un nuovo ambiente. Dopo un primo momento di smarrimento il cane creerà nuove relazioni, che sia libero con altri cani, oppure con nuove persone che li adotteranno».