Non si comprendono pienamente le azioni della premier danese Wette Frederiksen che a novembre, temendo una nuova epidemia di Covid, aveva ordinato la soppressione di 17 milioni esemplari di visoni e adesso ha annunciato di voler avviare un nuovo programma di allevamento da pellicce e di volerne quindi importare 10 mila da Islanda, Norvegia, Spagna, Polonia e Finlandia non appena il divieto temporaneo di allevamento sarà revocato, ovvero dal prossimo gennaio.
Sicuramente per Joanna Swabe, direttrice delle relazioni pubbliche di Hsi, Humane Society International Europe, «spedire questi animali per riempire le sterili gabbie metalliche di una manciata di allevamenti di pellicce danesi i cui proprietari hanno deciso di continuare a trarre profitto letteralmente dalle spalle di animali indifesi è spregevole».
E proprio per questo l’organizzazione ha invitato sia le autorità nazionali competenti che la Commissione europea «a controllare attentamente qualsiasi movimento di massa di animali potenzialmente infettivi, nonché ad agire per chiudere il commercio di pellicce prima che si scateni la prossima pandemia».
C’è da dire che anche a livello culturale e sociale, nonché economico, visto il sempre più cospicuo numero di brand che rinunciano alle pellicce nelle loro collezioni e soprattutto visto il sempre più ampio consenso da parte dei consumatori al tema, sembra davvero una pessima idea.
Basti pensare che la Danimarca è stato uno dei primi Stati membri dell'UE a raggiungere la soglia nazionale di firme per l'iniziativa dei cittadini per un'Europa senza pellicce, petizione che in tutta l’Ue è stata firmata, finora, da più di un milione di persone.
L’industria della pelliccia è in declino finanziario da anni. E dopo la pandemia, con la chiusura degli allevamenti e l’introduzione di divieti in diversi altri paesi europei, la situazione è peggiorata ulteriormente.
L’allevamento di pellicce è stato vietato in 19 paesi europei, Italia inclusa. Svizzera e Germania hanno implementato le norme con regole talmente rigide che l’allevamento di animali da pelliccia è di fatto cessato. E anche la Danimarca, così come la Svezia e l’Ungheria, ha imposto misure che hanno posto fine all'allevamento di alcune specie. Per questo non si comprende appieno la volontà di riaprire di certo allevatori.
In Italia dal 1 gennaio 2022 tutti gli allevamenti di animali da pelliccia rimasti hanno dovuto definitivamente cessare l'attività. Il divieto, previsto dall’emendamento alla Legge di Bilancio 2022, ha portato così alla chiusura definitiva di 5 allevamenti di visoni dove sono rinchiusi migliaia di esemplari.
Nonostante la notizia sia stata chiaramente accolta con grande soddisfazione dagli animalisti e dai cittadini che hanno a cuore il benessere degli animali, la risposta su che cosa succederà ai visoni allevati nelle 5 strutture, non è ancora stata data.
Infatti, in realtà non c’è ancora alcuna certezza sul destino che li attende perché tutte le modalità dovevano essere definite da un decreto emanato entro il 31 gennaio 2022, ma di cui ancora oggi non si ha traccia.
Ed è proprio la mancanza del decreto che ha permesso, lo scorso 5 dicembre, che più di 1500 visoni ancora presenti nell’allevamento di Galeata in provincia di Forlì-Cesena in Emilia-Romagna, terzo focolaio di coronavirus in allevamento italiano, siano stati tutti uccisi.
La LAV è intervenuta immediatamente per denunciare ancora una volta «una gestione inadeguata, opaca e pericolosa del contrasto alla diffusione del coronavirus negli allevamenti di visoni italiani». Infatti, dice l’associazione animalista, «se l’ex Ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli avesse adottato nei tempi previsti il Decreto per consentire il trasferimento dei visoni presso centri di ricovero, probabilmente questo focolaio non si sarebbe verificato o comunque, non avrebbe comportato l’uccisione di 1.523 animali».
Anche perché dopo questa ennesima strage, ora preoccupa la sorte degli altri 3.660 visoni rimasti nei 4 allevamenti in dismissione, che dipenderà a questo punto dal Ministro Lollobrigida, al quale spetta il compito di dare attuazione alla legge 234/2021 con la quale in Italia si sono vietati, per sempre, questi allevamenti.
Per questo «per risparmiare la vita di milioni di animali sfruttati solo per il valore della loro pelliccia», LAV e Human Society International/Europe invitano chi ancora non lo avesse fatto «a firmare la petizione di Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe”» per chiedere alla Commissione Europea di vietare in tutta l’UE gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce.
La petizione per avere valore deve raggiungere entro maggio 2023, 1 milione di firme in tutta l’UE. Ad oggi già oltre 600.000 europei hanno dato il proprio consenso.