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9 Dicembre 2022
10:48

DNA antico 2 milioni di anni ci rivela una Groenlandia mai vista

Un nuovo incredibile ritrovamento ci permette di capire le potenzialità della nuova tecnica sul DNA antico, premiata quest'anno con il Nobel.

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Nello stesso anno in cui l'Accademia delle Scienze Svedese premia Svante Paabo con il Nobel, per la sua introduzione del DNA antico nella ricerca e lo sviluppo della Paleogenetica, un nuovo articolo pubblicato su Nature ci permette di oltrepassare le frontiere del tempo. Una equipe danese surclassa qualsiasi record sia mai stato scritto in questo campo, comunicando infatti di aver appena recuperato delle sequenze di DNA in Groenlandia risalenti incirca a 2 milioni di anni fa, in pieno Pleistocene, rivelando com'era la vita all'epoca nella punta settentrionale dell'isola, che oggi tutti noi immaginiamo come un cumulo uniforme di ghiaccio e neve.

Nessuno finora era riuscito ad estrarre DNA così antico e a mostrare nel dettaglio come fosse costituito un ecosistema primitivo.

I mastodonti della Groenlandia 

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Il sito dove sono avvenuti i carotaggi

Queste sequenze sono state recuperate dal suolo ghiacciato e suggeriscono che l'isola un tempo fosse dimora di grandi mastodonti ( Mammut americanum, proboscidati primitivi da non confondere con i Mammut europei) e renne giganti. Questi animali erano adattati al clima freddo che era presente anche all'epoca sull'isola, ma a differenza di quello che è possibile vedere oggi, i dati confermano che durante il Pleistocene la Groenlandia era ricoperta principalmente da un ecosistema boscoso diverso da qualsiasi altro trovato sulla Terra.

I reperti che sono stati analizzati – come si è scoperto – erano stati prelevati agli inizi degli anni 2000 e sono rimasti rimasti in un congelatore a Copenaghen dal 2006, quando Willerslev, uno dei principali autori della scoperta, visitò la Groenlandia settentrionale per tutt'altre ragioni. Willerslec infatti era andato così a nord alla ricerca di antichi resti umani che potessero essere collegati con le attuali popolazioni Inuit o gli eredi dei vichinghi che giunsero sull'isola molto più a sud attorno all'anno mille. Possiamo dire, con il senno di poi, che i suoi viaggi ci hanno permesso di scoprire qualcosa di molto più antico.

L'equipe danese ha sequenziato e setacciato quasi 16 miliardi di frammenti di DNA antico, tra cui la maggior parte provenienti da microrganismi moderni, che avevano contaminato i campioni. Come infatti tutti i genetisti di questo campo sanno, la contaminazione è il problema principale per questa sfera della ricerca.

Quando il team ha però lavorato su queste sequenze con i database di genomi di piante e animali moderni, c'è stata la grande sorpresa.

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Albero filogenetico dei proboscidati

La Groenlandia all'epoca era libera dai ghiacci – un po' come durante il periodo del basso medioevo –  e dalle specie che sono comparse dal database, è emersa una rappresentazione bucolica di Kap København – il sito in cui erano stati effettuati i carotaggi. Foreste di pioppi, abeti rossi e tassi, inframmezzati da boschetti che presentavano invece carici, arbusti e specie di betulle crescevano su tutta la Groenlandia, dimostrando come allora il paesaggio fosse molto diverso dal monotono biancore attuale, almeno per buona parte dell'anno.

Nei campioni però è la presenza di sequenze provenienti da specie animali ad aver dato ancora più risalto a questa scoperta. Oltre infatti ai mastodonti e alle renne, ci sono sequenze di tanti piccoli animali che oggi si trovano ben più a sud e che insieme rappresentano perfettamente l'ecosistema di una foresta continentale.

Considerando che sino alla pubblicazione di questo articolo gli zoologi confidavano che le renne non sarebbero dovute sopravvivere e nemmeno esistere a quelle latitudini in quel momento (anticipando perciò la loro comparsa), i campioni groenlandesi sono colmi di sequenze provenienti da animali simili a roditori, oche, volpi, orsi e conigli. Sono però gli antichi antenati degli elefanti e delle attuali renne a essere protagonisti assoluti della scoperta e, soprattutto, i resti dei mastodonti non erano mai stati trovati così vicini al polo.

«Ti saresti aspettato che animali così giganteschi fossero difficili da perdere nella documentazione sui fossili», afferma Ludovic Orlando, uno specialista di DNA antico presso il Centro di antropobiologia e genomica di Tolosa in Francia, intervistato da Nature, commentando come sino ad ora la scienza non si era aspettato la loro presenza in passato così a nord. «Tali scoperte mostrano il potenziale dell'antico DNA sedimentario di produrre intuizioni sorprendenti sugli ecosistemi del passato».

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Il paleogenetista Eske Willerslev mentre prepara campioni di DNA per il sequenziamento.

Willerslev pensa inoltre che il lavoro del suo team e i dati che insieme hanno ottenuto potrebbero dire qualcosa di più anche sulle risposte dei futuri ecosistemi nei confronti del cambiamento climatico. «In questi organismi c'è una capacità di adattamento nella composizione e nella gamma che non comprendiamo e non possiamo prevedere», afferma sempre all'interno della rivista rilasciata alla prestigiosa rivista britannica.

Ricercare le corrispondenze fra il DNA antico – che in questo caso può definirsi anche DNA ambientale – e quello delle specie presenti si è dimostrato così ancora una volta una tecnica imprevedibile, che ci ha condotto ad esplorare un mondo mai prima d'ora conosciuto.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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