Un grave evento ha causato un vero e proprio disastro ambientale in California: sabato 2 ottobre, al largo della costa della contea di Orange, un oleodotto si è rotto e sono fuoriusciti almeno 126.000 galloni di petrolio che sono andati a riversarsi nell'Oceano Pacifico. Le conseguenze sono, purtroppo, evidenti: si è creata infatti una chiazza di 34 chilometri, soprannominata la marea nera, che ha cominciato ad espandersi velocemente. L'ecosistema marino e gli organismi che lo abitano o che sono in qualche modo interconnessi con esso sono in grave pericolo e le ripercussioni non hanno tardato ad arrivare: pesci e diversi uccelli marini si sono già arenati e i loro corpi sono stati ritrovati sulle spiagge, da Huntington Beach fino a Newport Beach.
Le squadre di polizia si sono subito adoperate per fare il possibile ma purtroppo non sono riuscite a contenere del tutto la fuoriuscita, la cui causa non è ancora molto chiara. Quello che si sa è che l'oleodotto, collegato a una piattaforma petrolifera offshore chiamata Elly e gestita da Beta Offshore, si è improvvisamente rotto. La guardia costiera della zona sostiene di essere riuscita a recuperare circa 3.150 galloni di petrolio, grazie anche al dispiego di 14 barche e l'utilizzo di barriere galleggianti che aiutano a contenere il petrolio.
Non è ancora arrivata conferma però che la fuoriuscita sia stata del tutto bloccata e per ora le spiagge di Huntington Beach sono state rese inaccessibili fino a nuovo avviso. Il petrolio è, purtroppo, quasi sempre mortale per gli animali coinvolti: può penetrare nel piumaggio degli uccelli o nella pelliccia dei mammiferi, rendendoli così vulnerabili ai cambiamenti nella temperatura. Inoltre, compromette la capacità di volo e di movimento, non permettendo agli animali di andare via o di scappare da un predatore.
I danni possono portare anche alla morte a lungo termine: se ingerito anche solo in piccole quantità il petrolio può portare danni ai reni, disidratazione, avvelenamento o cambiamenti nell'equilibrio ormonale. La biologa tedesca Silvia Gaus ritiene infatti che meno dell'1% degli uccelli coperti di petrolio può sopravvivere, anche dopo che vengono puliti, e che quindi questa pratica di salvataggio non ha quasi mai esito positivo.
Gli animali infatti, suggerisce la biologa, moriranno lo stesso per danni a reni o al fegato e la pulizia avrà causato loro solo stress. I mammiferi invece, come ad esempio le foche, se entrano in contatto con il petrolio possono diventare ciechi o soffrire di ipotermia, a causa del ridotto potere isolante della pelliccia causato dal contatto con il petrolio. Infine, anche le cure parentali possono essere danneggiate, e di conseguenza la sopravvivenza dei neonati, in quanto le mamme che utilizzano l'olfatto per trovare i loro piccoli possono non riconoscerli più e rifiutarli.