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11 Febbraio 2023
13:55

Nella dieta dei nostri antichi parenti c’era la carne di ippopotamo

Un nuovo ritrovamento suggerisce che antiche specie di ominidi fossero in grado di usare degli strumenti per mangiare la carne di grandi animali, come gli ippopotami. Ma a chi appartengono questi ritrovamenti è ancora motivo di dibattito.

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Lo scavo nei pressi del Lago Vittoria

Alcuni nuovi ritrovamenti di manufatti in Kenya hanno permesso agli scienziati di delineare meglio la paleodieta di alcuni nostri antichi parenti. In uno scavo archeologico sulle rive del Lago Vittoria alcuni paleontologi hanno infatti portato alla luce negli scorsi anni centinaia di strumenti di pietra e decine di fossili, appartenuti ai resti di antiche creature simili a ippopotami, che promettono di ampliare notevolmente le conoscenze di questo settore della paleoantropologia.

Risalenti a 3 o a 2,6 milioni di anni fa (la datazione è ancora incerta), questi fossili costituiscono infatti le più antiche prove dirette di come i primi ominini fossero in grado – tramite semplici lame ricavate dalla pietra – di nutrirsi di grandi animali, anticipando di molto le battute di caccia delle forme più note del genere Homo. Lo studio è stato effettuato da un'equipe di studiosi cui facevano parte diversi esperti internazionali, che hanno deciso di unire i loro sforzi per studiare i reperti e per pubblicare le scoperte in un articolo su Science.

Il luogo, noto come Nyayanga, in cui hanno ritrovato i fossili in realtà era anche conosciuto da tempo. All'inizio del millennio, infatti un operaio aveva detto di aver trovato vicino ad uno scavo presso il Lago Vittoria numerosi strumenti di pietra e alcuni fossili che spuntavano direttamente dal terreno. Tuttavia sono stati necessari anni affinché i ricercatori indagassero su quest'antica segnalazione, iniziando a scavare solo nel 2015.  Durante lo scavo, i paleontologi hanno così portato alla luce un numero sorprendente di manufatti, per esattezza ben 330 tra cui circa una quarantina di diversi strumenti di pietra della tipologia Olduvaiana. I manufatti sono stati inoltre trovati sparsi intorno alle ossa di quello che sarebbe stato poi identificato come un ippopotamo primitivo.

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Strumenti realizzati nell’industria litica

Gli esperti ovviamente sono certi che questa tipologia di ritrovamenti supporta la teoria che vuole i nostri progenitori come degli onnivori capaci di procacciarsi della carne, poiché alcune delle ossa mostrano i caratteristici segni lasciati dalla manipolazione. Esse infatti sono state tagliate e raschiate fino al midollo dagli stessi strumenti di pietra trovati nel sito, utili non solo come coltelli per tagliare e incidere la carne, ma anche per frantumare le ossa ed eventualmente ferire l'animale, se questo fosse stato moribondo.

«Questi risultati suggeriscono che gli strumenti di pietra erano fondamentali per accedere a cibi difficili da ottenere – afferma uno degli autori dello studio, Thomas Plummer, paleoantropologo della City University di New York – I primi ominidi erano infatti limitati da ciò che potevano strappare con le mani e i denti e gli strumenti di pietra consentivano loro di lavorare il cibo fuori dalla bocca». Ovviamente questo non induce direttamente a pensare che questi ominidi fossero in grado di abbattere un animale grosso come un ippopotamo. Anche perché «un ippopotamo è come un gigantesco sacco di cuoio. È pieno di cibo che potresti mangiare, ma che è difficile ottenere. Inoltre senza strumenti di pietra, non puoi arrivarci neanche volendo».

Ma chi erano gli ominidi che si sarebbero eventualmente cibati di questi animali?

Per rispondere a questa domanda i paleontologi hanno scavato attentamente la zona attorno al sito e alla fine nel 2017 si sono imbattuti in un dente che apparteneva ad uno dei meno noti fra i parenti degli esseri umani. Una specie che appartiene al genere chiamato Paranthropus.

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Un esemplare di Paranthropus boisei

Sorprendentemente, quando parliamo di questo genere non stiamo parlando di diretti antenati della nostra specie, seppur i parantropi condividano con noi gran parte della loro storia evolutiva. In breve, possiamo definirli come un ramo morto dell'evoluzione dei primati, dei cugini o una forma particolarmente derivata degli austrolopiteci che però non sono riusciti ad adattarsi – a differenza dei primi uomini – al cambiamento climatico che colpì l'Africa circa 2,5 /1 milione di anni fa, all'inizio del Pleistocene.

I parantropi sono stati quasi sempre rappresentati come delle forme particolarmente robuste di ominidi, che avevano sviluppato dei poderosi apparati boccali capaci di mangiare le fibre più dure presenti nella savana selvaggia dell'Africa preistorica. Aver però ritrovato un loro dente nei pressi di uno scheletro di ippopotamo apre nuove prospettive sulla conoscenza di questi nostri parenti, molto più grossi dei moderni gorilla e dell'australopiteci.

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Come si può vedere in questa foto, l’apparato boccale dei parantropi presentava denti molto più robusti e molari molto più grossi rispetto a quelli dei successivi omonidi

Questa scoperta ovviamente da una parte conferma come già 2 milioni (e oltre) di anni fa specie simili a noi fossero in grado di elaborare semplici strumenti e di consumare la carne, ma in parte sta anche dividendo il panorama accademico, a seguito di alcune dichiarazioni di personalità rinomate nel campo della paleoantropologia, non coinvolte però direttamente nella scoperta.

Il problema consiste proprio nell'aver trovato un dento di parantropo così vicino ai resti macellati di un ippopotamo.

«Non è così sorprendente che altri lignaggi di ominidi possano aver creato strumenti o essere andati a caccia, considerando che i primi strumenti conosciuti risalgono a prima dell'emergere di Homo habilis», afferma per esempio Sonia Harmand, archeologa della Stony Brook University di New York. Di tutt'altro avviso però è Mohamed Sahnouni, antropologo presso il Centro nazionale di ricerca sull'evoluzione umana a Burgos, in Spagna. «Personalmente non credo che Paranthropus abbia realizzato strumenti e che sia stato in grado di mangiare la carne stopposa di un ippopotamo. L'anatomia dell'ominide suggerisce che era ben adattato a mangiare tutt'altro genere di cibo e che potrebbe non aver avuto bisogno di padroneggiare l'uso degli strumenti per sopravvivere. Molto più probabile che il responsabile di questo ritrovamento fosse qualche australopiteco o primissime forme appartenute al genere Homo» .

Gli autori dello studio dal canto loro non sono convinti al cento per cento che i parantropi fossero in grado di mangiare la carne, ma sono stati loro a sottolineare che nei pressi del sito non si sono trovati segni di altre specie al di fuori di loro. «Sosteniamo inoltre che i primi manufatti olduvaiani fossero più diffusi di quanto precedentemente noto, che fossero utilizzati per elaborare diversi alimenti tra cui la megafauna e che è possibile associare il loro uso anche al genere Paranthropus sin dal suo esordio». Per gli autori dell'articolo bisognerà solo capire se l'ippopotamo fosse stato trovato morto o se i parantropi o qualsiasi altra specie abbia cacciato direttamente l'animale.

«Dopotutto non possiamo stabilire con certezza se il Paranthropus stesse usando questi strumenti o semplicemente sia morto nello stesso posto – conclude Plummer, chiarendo comunque che tutte le opzioni a questo punto sono possibili – Anche in questo caso, sembra quasi che una scoperta apra a molteplici nuove possibilità». Saranno però ancora necessari molti anni per comprendere appieno quale fosse il rapporto esistente fra le antiche specie di ominidi e le altre specie che vivono insieme a loro nello stesso ambiente.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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