Sulle spiagge di Su Barone e di Bidderosa, in provincia di Orosei, a pochi giorni uno dall’altro, sono state ritrovate da dei turisti le carcasse sfilettate di due delfini, uccisi probabilmente per estrarne illegalmente il mosciame, una specialità gastronomica che si ottiene soprattutto dai tonni ma che anche da questi cetacei è molto richiesta.
Questa orribile pratica prevede di catturare e di sfilettare i delfini al largo, rigettando poi le carcasse in mare che così vengono trasportate dalle correnti a riva.
Quelli ritrovati non erano i primi delfini rinvenuti quest’estate, già a maggio un’altra carcassa si era spiaggiata a La Caletta nella zona di Siniscola.
La denuncia allora era arrivata anche dalla pagina Facebook della Clinica Veterinaria Duemari che aveva recuperato il cetaceo: «Vi possiamo far vedere solo la testa, tutto il resto è inguardabile. Lo hanno ucciso e hanno asportato tutti i muscoli della schiena, mettendo a nudo la colonna vertebrale e rendendo evidente la sua natura di mammifero marino, così simile a noi. Abbiamo da tanti anni la fortuna di lavorare e aiutare tartarughe marine e cetacei, per questo quando vediamo queste cose ci indigniamo».
Aggiungendo che insieme ai biologi del Cres e dell’Area Marina Protetta del Sinis, avevano deciso di dare questa notizia perché tutti sapessero anche che «la concentrazione di metalli pesanti che spesso si trova nei muscoli dei cetacei rende la loro carne tossica per chi la mangia».
Ma se l’evento ha choccato i turisti, molto meno sorprese sono rimaste le associazioni animaliste. Enpa in primis che da anni denuncia la pratica illegale di ottenere il mosciame essiccando il filetto di cetaceo.
Nonostante il decreto legge del 3 maggio 1989 vieti di «pescare, detenere, trasportare o commerciare esemplari di cetacei, tartarughe e storioni in Italia se non per motivate esigenze di conservazione faunistica o di ricerca scientifica», negli anni il traffico illegale del mosciame di delfino non si è fermato ma semmai è diventato così "prezioso" da invogliare ancora di più i pescatori di frodo.
I delfini sono specie protette da leggi nazionali e accordi internazionali e per il loro maltrattamento e l’uccisione sono previste sanzioni che vanno dalle multe (da duemila a 12mila euro) all’arresto (fino a due anni).
E così, dopo aver danneggiato l'ambiente e schivata la multa per aver ucciso una specie minacciata, la specialità arriva all'incauto consumatore che pensando di mangiare qualcosa di eccezionale, dovrà poi invece fare i conti con la propria salute. Infatti, i delfini sono ai vertici della catena alimentare e le loro carni spesso contengono elementi tossici come il mercurio.