La rapida perdita delle foreste tropicali e l'impatto della crisi climatica, sono i principali responsabili del peggioramento dello stato di conservazione per molte specie minacciate di uccelli presentato nell'ultimo aggiornamento della Lista Rossa IUCN, il più completo inventario globale sul rischio di estinzione. Presentato da BirdLife International in occasione della COP15 di Montreal sulla biodiversità, il nuovo aggiornamento ha permesso di rivalutare lo stato di conservazione per oltre 11.000 specie di uccelli in tutto il mondo, incorporando nuovi e più aggiornati dati che sottolineano ancora una volta che il mondo naturale è a un vero e proprio punto di crisi.
Con quasi la metà delle specie di uccelli in declino e una specie su otto seriamente minacciata di estinzione, i nuovi dati non fanno altro che confermare tutte le preoccupazioni ormai note da decenni, evidenziando ancora una volta l'urgenza di intensificare gli sforzi di conservazione. Nonostante ciò, se da una parte arrivano solo pessime notizie per molte specie di uccelli, alcuni grandi traguardi e successi raggiunti di recente, dimostrano che gli sforzi mirati possono davvero cambiare le sorti e il futuro anche delle specie in maggiore pericolo.
La deforestazione dilaga in Asia
Le foreste tropicali sono tra gli ecosistemi più ricchi di biodiversità al mondo e contribuiscono ad assorbire e a sottrarre dall'atmosfera miliardi di tonnellate di carbonio, aiutandoci così a mitigare gli effetti negativi della crisi climatica. Nonostante ciò, gli ecosistemi forestali di tutto il mondo stanno soffrendo a causa della crescente e insostenibile domanda di risorse, mettendo così sempre più a rischio la biodiversità del nostro Pianeta. Le immagini satellitari raccolte dal World Resources Institute che gestisce il Global Forest Watch mostrano che, negli ultimi 20 anni, in molte aree la perdita di foreste è stata più rapida di quanto si potesse immaginare, e questo si riflette nell'aggiornamento della Lista Rossa di quest'anno: diverse specie strettamente legate agli habitat forestali sono state infatti spostate in categorie di rischio di estinzione più elevate.
In Asia, dove troviamo alcune tra le foreste più antiche del mondo, le aree maggiormente colpite sono la penisola tailandese-malese e le isole del Borneo, Sumatra e Giava. Qui la deforestazione ha inevitabilmente comportato la riduzione delle popolazioni di molte specie. Per esempio, lo speroniere di Malesia e il dorso di fuoco senzacresta sono stati spostati rispettivamente nelle categoria In pericolo (EN) e In pericolo critico (CR), con il secondo che si teme abbia perso quasi il 70% del suo habitat dal 2001. La deforestazione ha anche spinto diverse specie endemiche del Borneo molto più vicine all'estinzione, come il fagiano pironoto (In pericolo EN) o il cuculo terragnolo del Borneo (Vulnerabile VU) e il testariccia del Borneo, specie simbolo presente su tutte le guide locali di birdwatching e passato da Quasi minacciata (NT) a Vulnerabile (VU).
Anche in America Centrale e in Africa la deforestazione è stata molto più rapida di quanto immaginato. In queste aree la combinazione di perdita di foresta e pressione dovuta alla caccia, ha portato diverse specie ad avvicinarsi maggiormente all'estinzione, come il tinamo pettoardesia del Centro America, ora Vulnerabile (VU), oppure come l'apalis di Sharpe, che nell'ultimo decennio ha visto il suo habitat forestale nell'Africa occidentale ridursi di ben il 22%. Queste sono solo alcune delle modifiche alla Lista Rossa IUCN che sottolineano l'urgenza di conservare le foreste tropicali, un messaggio chiaro e urlato che ci dice che bisogna quanto prima porre fine alla deforestazione e, infine, invertire la rotta restaurando gli ecosistemi e le foreste.
I cambiamenti climatici sono già qui
Quest'ultimo aggiornamento della Lista Rossa sottolinea inoltre che i cambiamenti climatici non possono più essere considerati un problema per il futuro, il loro impatto sta già avendo un effetto devastate sugli uccelli oggi. Tutto ciò è evidente soprattutto in Australia, dove siccità, ondate di caldo, alluvioni e incedi hanno colpito pesantemente numerose zone negli ultimi 10 anni. Come sta già accadendo altrove, gli effetti si vedono soprattutto sulle specie che vivono in alta quota.
Le temperature che aumentano spingono le specie montate a salire sempre più di quota per cercare fresco e habitat più idonei. C'è però un problema enorme: le montagne a un certo punto finiscono e non è più possibile continuare a salire. Clamoroso è stato, per esempio, il salto di ben tre categorie subito dallo scricciolo delle felci, passato da Minor preoccupazione (LC) direttamente alla categoria In pericolo (EN). In appena 15 anni, la sua popolazione si è ridotta di oltre il 50% a causa dell'aumento delle temperature, ed è molto probabile che altre specie alpine seguiranno, purtroppo, lo stesso percorso.
L'aumento delle temperature rende ancora più gravi e frequenti soprattutto gli incendi. Nell'estate nera del 2019-2020, le fiamme si sono estese per almeno 19 milioni di ettari e si stima abbia ucciso circa 180 milioni di singoli uccelli, contribuendo a spostare in categoria di rischio maggiori almeno 10 specie. Si stima che circa il 30% della popolazione totale di uccello pilota sia andata persa, così come il 21% di quella del cacatua gang gang, già in declino a causa del disboscamento. Entrambi gli uccelli sono ora stati inseriti nella categoria Vulnerabile (VU). Questi casi allarmanti provenienti dall'Australia, sottolineano l'urgenza di intensificare la nostra lotta contro la crisi climatica, che dovrà necessariamente passare anche per la tutela e salvaguardia della biodiversità.
Non tutto è perduto
Mentre una buona parte della biodiversità si avvicina sempre più rapidamente al baratro, alcune storie di recupero riaccendono le speranze, dimostrando che gli sforzi di conservazione possono davvero cambiare le sorti delle specie minacciate, come sta accadendo alla petroica delle Chatham. Questo piccolo uccello nero endemico delle isole Chatham in Nuova Zelanda, era ormai sull'orlo dell'estinzione a causa dei mammiferi alloctoni introdotti dall'uomo, in particolare i ratti.
Nel 1976 erano rimasti solamente sette individui superstiti in un'area di appena 0,15 km². Nonostante gli sforzi portati avanti dal New Zealand Wildlife Service, nel giro di pochi anni il numero è è sceso addirittura a cinque, con un'unica femmina rimasta ribattezzata Old Blue. Sembrava tutto perduto, ma i conservazionisti hanno provato il tutto per tutto utilizzando una tecnica pionieristica molto rischiosa: spostare le uova della petroica nei nidi di altre specie, spingere la femmina a deporre un'altra covata e allo stesso tempo far allevare la prima da una "madre surrogata".
Conosciuta come cross-fostering, questa tecnica si è rivelata un enorme successo e da allora le popolazioni di petroica delle Chatham sono diventate sempre più forti, con oltre 300 esemplari divisi oggi su due isole e tutti discendenti di Old blue. Grazie a questi sforzi, la specie è stata perciò declassata partendo da In pericolo critico (CR), prima a In pericolo (EN) e ora, con quest'ultimo aggiornamento, a Vulnerabile (VU).
Un'altra storia simile proveniente sempre dalla Nuova Zelanda, ha invece come protagonista il calleide caruncolato di South Island o sellarossa. Nel 1964 erano rimasti solamente 36 esemplari, ma grazie a un trasferimento su un'altra isola, la popolazione si è ripresa rapidamente e ora ci sono circa 5.000 uccelli su oltre 20 isole, con la specie che è stata spostata nella categoria Minor preoccupazione (LC), quella più lontana dall'estinzione.
Queste storie dimostrano che la conservazione può cambiare radicalmente le sorti delle specie, anche quelle in situazioni davvero drammatiche. Tuttavia, bisogna darsi una mossa: come ha evidenziato anche il report State of the World's Birds, quasi la metà delle specie in tutto il mondo sono in declino e molte di queste si avvicinano sempre più rapidamente all'estinzione. L'accordo storico raggiunto alla COP15 per la conservazione del 30% di terra e oceani entro il 2030 è sicuramente un grande passo in avanti, ma bisognerà metterlo in pratica e investire sempre di più nel ripristino degli ecosistemi e nei progetti di conservazione per le specie più minacciate.