La relazione con una specie diversa dalla nostra può portare a dei benefici davvero unici e farci anche superare le nostre paure: è quello che è successo il 14 maggio al Vaccination Center dell'Ospedale Meyer a Firenze. Davide, un paziente “fragile” dell'ospedale, è riuscito infatti a superare il timore del vaccino grazie a Polpetta, un cane da pet therapy dell'associazione onlus Antropozoa, che gli ha fatto compagnia durante questo momento difficile ed è riuscito a dargli il supporto che gli serviva. Questa vicenda ha messo in luce quanto la pet therapy, o per meglio dire gli interventi assistiti con gli animali possono essere davvero d'aiuto per chi ne ha bisogno. E' proprio questo il principio su cui si basa l'associazione Antropozoa che collabora in maniera costante con l'ospedale Meyer di Firenze per portare benefici ai pazienti attraverso l'ausilio degli animali. A spiegarci come funziona l'associazione, quali sono le attività che svolge, come vengono educati i cani e gli altri animali per la pet therapy è la presidente Francesca Mugnai, referente scientifico e direttore del Centro di Ricerca Antropozoa.
Che cos'è Antropozoa e quali sono le attività che svolge?
Da più di 20 anni l'associazione collabora sia nel panorama regionale che extraregionale con strutture pubbliche e private, ospedali, case di riposo, centri di salute mentale, scuole e Università, con progetti e interventi che prevedono l’ausilio degli animali. Il gruppo è costituito e collabora attivamente con professionisti specializzati con conoscenza ed esperienza nel campo delle scienze psicologiche educative e riabilitative e specialisti del mondo animale. Siamo l’unica associazione in Italia a lavorare in modo costante e continuativo in una struttura sanitaria pubblica: l’AOU pediatrica Meyer di Firenze dove i cani entrano in tutti i reparti, anche i più delicati come l'oncoematologia e la rianimazione: dal 2002 la pet therapy è parte integrante del percorso di cura. Una sezione specifica dell'associazione comprende inoltre il Centro Studi che si occupa di ricerche e nuove frontiere esplorative nell’ambito degli IAA sia in ambito di ricerca che di divulgazione di un modello corretto e supervisionato di interventi in ambito clinico e di cura.
Cos'è esattamente la pet therapy?
È una co-terapia che integra, rafforza e coadiuva le tradizionali terapie e può essere impiegata su pazienti affetti da differenti patologie con obiettivi di miglioramento comportamentale, fisico, cognitivo, psicosociale e psicologico-emotivo. Gli interventi assistiti con gli animali sono una co-terapia che facilita l'approccio medico e terapeutico delle varie figure mediche e riabilitative soprattutto nei casi in cui il paziente non dimostra collaborazione spontanea. La presenza di un animale in molti casi consolida un rapporto emotivo con il paziente e consente di avere sia un canale di comunicazione paziente-animale-medico sia uno stimolo alla partecipazione attiva. L’efficacia terapeutica del co-terapista animale è da ricercare nella facilità che questi dà all’instaurarsi di un rapporto empatico tra psicoterapeuta e paziente. Il principio caratterizzante il “Modello Antropozoa”, sviluppato in tanti anni di lavoro con varie realtà, è che l’operatore è attivatore e facilitatore allo stesso tempo insieme all’animale di dinamiche relazionali complesse e strategiche, in cui si realizza il cuore dell’intervento di pet therapy.
A chi sono rivolti gli interventi di pet therapy?
E' indicata per tutti coloro che presentano problemi di comunicazione, di relazione e di socializzazione. Per l’autismo, i disturbi pervasivi dello sviluppo, i disturbi del comportamento e psichiatrici è uno strumento riabilitativo importante. Anche per le malattie croniche è uno strumento utile, monitorando l’aspetto di salute e la fase di malattia a livello psicologico. Per le persone con Alzheimer o con demenza, poi, riduce l’ansia, aumenta le manifestazioni di piacere e interesse e riduce quelle di tristezza.
Quali sono i benefici che scaturiscono dalla pet therapy?
Gli effetti positivi vertono sull’area della socializzazione (depressione, autismo, disturbi generici dello sviluppo), sull’area cognitiva (disturbi psichiatrici e neurologici), emotiva (difficoltà di adattamento, disturbi dell’apprendimento) e neuromotoria. Altro settore è quello della riabilitazione motoria con l’animale in cui il cane o il cavallo fungono da importante motivatore al recupero psicofisico. Recenti studi scientifici dimostrano ad esempio che il legame tra madre e figlio e tra uomo e animale è causato dallo stesso ormone: l'ossitocina. Prodotta naturalmente dall'organismo umano, in particolare durante il parto e l'allattamento, è alla base anche dell'affetto che ci lega ai nostri amici a quattro zampe.
Che razze di cani vengono utilizzate per la pet therapy?
Alcune razze hanno una particolare predisposizione per la pet therapy, ma soprattutto incide il carattere dell’animale nonché del soggetto con cui deve relazionarsi. Non esiste dunque un cane giusto per ogni reparto o ogni patologia, ma viene scelto fin da piccolo in base al percorso che deve fare in ospedale. A livello di razza, sicuramente i Labrador sono tra i più adatti perché sono cani da riporto e per istinto hanno la generosità e l’entusiasmo nella collaborazione, ma anche i cani piccoli (meticci) sono molto utili in determinati ambiti: possono per esempio stare sulle gambe di un paziente durante una visita riducendo il suo stress oppure salire sui letti di pazienti che che sono in convalescenza e non possono alzarsi.
Solo cani o anche altri animali sono adatti alla pet therapy e presenti nel vostro centro?
Ci sono anche altri animali all'interno del centro terapeutico didattico di Antropozoa, che si trova a Castelfranco di Sopra ad Arezzo. Il gatto ad esempio è simbolo di libertà e creatività: è consigliato alle persone che soffrono di depressione e in generale nei disturbi psichiatrici. Stimola il contatto fisico e l’osservazione senza quell’aspetto proattivo tipico del cane. Anche il coniglio richiama l’affettività, in questo caso unita alla tenerezza e all’accudimento, perché è e sarà sempre piccolo, indifeso e stimola il senso di protezione. Il cavallo invece è simbolo di forza ed energia: i bambini che devono affrontare una riabilitazione neuromotoria, le donne che hanno subito traumi o interventi invasivi hanno molti benefici dal contatto con questo animale, che si rivela utile per recuperare un io fragile e sospeso. Infine l’asino è più mansueto, gentile e curioso, meno energico ed è un buon amico: per questo è molto richiesto con i bambini che soffrono di autismo.
Come si svolge un intervento assistito con gli animali (IAA) e da chi è composto il team di lavoro?
Un IAA è basato sul singolo paziente e sull’animale adatto a quel contesto e a quella persona. Non basta, insomma, avere un cagnolino bravissimo accanto per poter parlare di pet therapy: ci vuole formazione, animali che abbiano caratteristiche precise e siano cresciuti in questo ambito e un’equipe adatta allo scopo. Più l’obiettivo è terapeutico, più l’equipe si allarga a figure sanitarie e riabilitative e aumenta anche il monitoraggio sull’impatto sul paziente umano, mentre sull’animale rimane costante. Infatti il benessere della persona deve corrispondere a un benessere per il cane/animale che collabora in IAA: per lui l’impegno psicofisico è notevole. Per questo deve essere costantemente controllato sia a livello clinico attraverso esami specifici sullo stress, come le indagini veterinarie sul cortisolo che è valido sia per l’essere umano che per l’animale. Inoltre dobbiamo sempre portare avanti un monitoraggio comportamentale, sempre legato al benessere psicofisico dell’animale. L'entrata in vigore delle Linee guida Nazionali sugli IAA sono molto dettagliate sulla salute fisica e mentale dell’animale in stretta collaborazione col veterinario referente.