La nuova legge che prevede norme per la tutela degli animali e la prevenzione del randagismo è stata approvata all’unanimità dall'Assemblea regionale siciliana. Tra le misure introdotte dal ddl è prevista l'istituzione di un Garante dei diritti degli animali che sarà designato dall'Ars.
«La legge risolverà il problema dei cani abbandonati nell'Isola», è l'ottimistica dichiarazione del presidente dell'Assemblea, Gianfranco Micciché, dopo l'esito positivo del voto.
La nuova legge prevede soprattutto strumenti finanziari per affrontare il fenomeno del randagismo, a cominciare dai tre milioni e mezzo di euro stanziati per costruire nuovi rifugi nelle province siciliane. E' disposto anche un contributo di solidarietà per ciascuna nuova iscrizione all'anagrafe canina e la possibilità per i Comuni di trattenere gli introiti delle sanzioni comminate a chi non gestisce i propri compagni di vita secondo la legge. L'individuazione di queste persone avverrà attraverso un registro dei profili genetici, cioè dei Dna, collegati al microchip dei cani. Una iniziativa già realizzata in altre parti d'Italia, come ad esempio ad Atrani, dove grazie alla banca dati le sanzioni vengono comminate a chi non raccoglie le deiezioni dei cani.
«Questa misura indurrà ad una responsabilizzazione nella produzione e nella detenzione dei cani, perché in caso di ritrovamenti, incidenti stradali, cucciolate abbandonate, soggetti abbandonati, sarà in breve tempo possibile risalire a chi si sia reso artefice di una improvvida o incauta gestione», ha spiegato Giovanni Giacobbe, consulente dell'Ars sul tema del randagismo. Il riferimento è alle cucciolate casalanghe, un fenomeno sempre da evitare poiché alimenta l’abbandono di cani e, seppur indirettamente, favorisce l’affollamento dei canili.
Il randagismo, ha spiegato Giacobbe, «costa alla Sicilia oltre 25 milioni di euro l’anno». Cifre dietro cui si nasconde anche un altro problema legato alle strutture che dovrebbero accogliere gli animali vaganti che molto spesso si rivelano essere veri e propri lager.
La nuova legge dispone infatti la costruzione di nuovi rifugi sanitari pubblici in tutte le province siciliane, e l'istituzione di case famiglia per cani e microcanili, destinati a contenere fino a 20 individui. Una misura pensata per aiutare le piccole associazioni locali. È noto come i volontari tendano a condurre in casa gli animali che salvano se non trovano uno stallo affidabile e la Regione, quindi, prevedendo strutture a capienza limitata intende così sostenere il lavoro e le esigenze del Terzo settore locale.
Tra le novità una ha destato particolare clamore già durante la fase di stesura del disegno di legge, quella relativa all'obbligo di portare con sé una bottiglietta per pulire la pipì del cane per strada. Una misura che per l'educatore cinofilo ed esperto del comitato scientifico di Kodami Luca Spennacchio si rivela utile soprattutto per le casse dello Stato ma poco per migliorare la percezione dei cani nella società: «È un modo per complicare la vita alle persone che vivono con un cane e quindi per comminare un maggior numero di sanzioni. Ma così facendo si amplifica l'idea del cane come deturpatore dell'ambiente urbano, un ulteriore segno che il nostro rapporto con la natura è sempre più "sterilizzato"».
Nonostante il voto a larghissima maggioranza, la legge è stata frutto di un lungo labor limae, come ha svelato il consulente dell'Ars: «Un testo difficile, non tanto per quello che c’è dentro, quanto per quello che c’è stato fuori. Fare “brain-storming” è stato difficilissimo. Mettere d’accordo idee diametralmente opposte ha richiesto delle scelte, ma le stesse sono avvenute nel solco di una strada non ancora aperta, e soprattutto dalla situazione economica della Sicilia post Covid, dove tutto parrebbe essere più importante di questo tema».
Ora saranno i prossimi dati che la Regione dovrà fornire al Ministero della salute a svelare se le riforme strutturali messe nero su bianco dai politici siciliani saranno davvero messe in atto e con quali risultati.