In Italia quattro persone su dieci condividono la propria casa con animali da compagnia e i cani costituiscono circa la metà degli animali in questione. La tendenza, secondo i dati Eurispes 2021, è in progressivo aumento rispetto agli anni precedenti, indice del legame sempre più stretto che gli italiani instaurano con i loro compagni di vita.
Tra le persone che hanno introdotto un animale nella propria vita, circa il 36% ha adottato. Tra questi circa il 19% ha adottato da rifugi e il 17% direttamente dalla strada. Ancora troppo alto è però il numero di famiglie che ha deciso di acquistare (circa un quarto) e preoccupante è la percentuale (21%) di persone che hanno ricevuto un animale in dono.
Allo scenario delle numerose famiglie italiane che scelgono di vivere con un animale si contrappone la realtà degli abbandoni e dei canili strabordanti, come abbiamo raccontato nella nostra video inchiesta "Abbandono, il patto tradito". E ancora troppi, dunque, sono gli abbandoni e gli smarrimenti di cani senza microchip. Così i canili si riempiono, mentre le adozioni non sono abbastanza per poter bilanciare questo numero.
I canili in Italia
In Italia distinguiamo due tipologie di canili, i canili sanitari di prima accoglienza e i canili rifugio per la (purtroppo) medio-lunga degenza. Nel nostro Paese manca effettivamente un dato certo riguardo al numero delle strutture esistenti. Il Ministero della Salute, come organo competente nell’ambito della Sanità Animale, pubblicava fino a non molto tempo fa il numero delle strutture esistenti sul territorio nazionale, dato non più riscontrabile. L’ultimo dato pubblicato riportava circa 1.050 strutture.
Sul sito de Ministero sono però resi pubblici i numeri degli ingressi dei cani nei canili, il numero dei cani dati in adozione, oltre anche al numero di gatti sterilizzati nell’anno dai Servizi Veterinari. Questi dati sono trasmessi annualmente dalle Regioni e dalle Province Autonome al Ministero ai fini della ripartizione del fondo per la lotta al randagismo istituito con la Legge 281/91 (Legge quadro in materia di tutela degli animali d’affezione e lotta al randagismo).
L’ultimo aggiornamento al 10 dicembre 2021 riporta che nell’ultimo anno gli ingressi nei canili sanitari sono stati 68.371, 40.297 gli ingressi nei rifugi e 45.385 le adozioni.
Azzardato sarebbe affermare che questi numeri, effettivamente esorbitanti, descrivano in maniera attendibile la realtà. Ciò che manca in Italia è quindi un censimento delle strutture e delle presenze (cani vivi presenti nei canili in un dato momento.
Il ruolo dei canili secondo la normativa
Il ruolo dei canili secondo la legge nazionale e le leggi regionali è quindi un ruolo di protezione degli animali. In primis per poter assicurare la restituzione alle famiglie in caso di smarrimento e, nei casi di mancata restituzione, poterne garantire l’adozione a famiglie consapevoli e pronte per l’arrivo di un nuovo componente della famiglia.
Un inciso: se state pensando di far entrare un cane o un gatto nel vostro nucleo familiare, potreste iniziare dal nostro questionario MiFido: è solo un primo "test" che abbiamo deciso di condividere con voi qui su Kodami: non è assolutamente sostitutivo di quel "viaggio" che affronterete se avrete scelto di adottare consapevolmente rivolgendovi a persone, associazioni e rifugi che badano al benessere di tutti i membri che faranno parte della relazione a cui state pensando di dare vita. Pensiamo possa essere però utile per schiarirvi le idee ancora prima di iniziare il vero cammino e augurando a tutti che possa portarvi a una gioia immensa che ricompenserà sempre qualsiasi problema possiate affrontare.
Riprendendo il nostro focus, gestione difficile e potenzialmente equivoca è quella dei cani randagi “propriamente detti” accalappiati e rinchiusi nelle strutture, proprio in quelle terre dove la convivenza con i cani in libertà è consentita e regolamentata dalle leggi regionali. Animali che non andranno mai in adozione, e né tantomeno si adatteranno all’ambiente del canile.
Business e interessi economici
Nel nostro Paese veniamo a volte a conoscenza di notizie-scandalo riguardo canili fatiscenti e gestioni senza scrupoli. Strutture inadeguate, obsolete, sporche che non garantiscono nemmeno i minimi requisiti per la protezione e il benessere degli animali. Luoghi in cui il personale non qualificato è al limite, o al palese compimento, del maltrattamento animale e della detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura o produttive di gravi sofferenze (per citare gli articoli del Codice penale, rispettivamente art. 544-ter e art. 727).
Dilagano spesso notizie che ci raccontano di “canili lager”, termine inesistente in qualunque normativa ma coniato per descrivere il più orrido, doloroso e vergognoso degrado. In queste condizioni la vita degli animali è completamente priva di valore per i personaggi del malaffare che li detengono e li gestiscono.
Negli anni si susseguono sequestri di strutture, spesso abusive e senza autorizzazione sanitaria, denunce e misure cautelari per gestori e operatori e a volte anche di veterinari consenzienti e associazioni involucrate.
Ma come mai esistono, e perdurano, queste circostanze? La risposta giace sempre e solo nel “dio denaro”. Alcuni gestori di canile non compiono il proprio lavoro per la specifica missione della protezione animale ma per riempirsi le tasche di soldi sporchi di sofferenza. Tagliare i costi relativi alle strutture, alle risorse, al personale qualificato, alle profilassi sanitarie e alle prestazioni veterinarie con il fine di ricavarne profitto portano a scenari dell’orrore.
Accalappiamenti indiscriminati, anche di animali che potrebbero vivere liberi sul territorio, abolizione delle adozioni, mancanza di programmi di sterilizzazione, divieto di ingresso a cittadini e associazioni generano quindi scenari di sovraffollamento e precarietà sanitaria, con animali troppo spesso denutriti con evidenti segni di incuria e di maltrattamento, lasciati fuori dalla portata degli occhi di tutti. Cani feriti, affetti da patologie e infezioni, malnutriti, relegati in spazi angusti e sovraffollati, trascurati e soli, stressati, impauriti e con gravi problemi motori dovuti a mancanza totale di attività di sgambamento.
L’ “astuzia” di queste persone per accalappiarsi più denaro possibile si riscontra inoltre nella mancata comunicazione dei decessi, così da generare incassi anche per il mantenimento di animali non più presenti in struttura o nella comunicazione di un numero maggiore di catture rispetto al reale, pratiche associate a scambi di microchip.
La relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sulle attività svolta e sui risultati conseguiti dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) nel 2018 riferisce inoltre il ruolo dell’infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione ed il mantenimento di alcune strutture. Alcune missioni andate a buon fine nel Sud Italia, ne confermano gli agganci. Così il denaro pubblico, derivante dai Comuni che pagano per cane/giorno, si trasforma in un introito diretto per questi individui.
I Comuni dovrebbero essere i primi a svolgere supervisioni ed ispezioni sulla gestione dei canili che hanno in carico i loro cani e le gare d’appalto dovrebbero essere tarate sulla qualità garantita e non sul miglior offerente. A volte le amministrazioni pubbliche sono compiacenti rispetto a tali situazioni, altre volte sono vittime, ma vero è che i controlli non sempre vengono svolti.
Noi, come cittadini, abbiamo il dovere di denunciare qualunque situazione di dubbia o palese cattiva gestione, per il rispetto e la tutela dei diritti degli animali in primis, per l’osservanza della normativa e anche per la salvaguardia del denaro pubblico, che potrebbe altrimenti essere investito nel pieno rispetto della dignità degli animali.