Il primo a occuparsi della domesticazione degli esseri viventi fu Charles Darwin, che nel 1859 descrisse la selezione naturale nella sua celeberrima monografia “Sulle origini delle specie”, e poi, qualche anno dopo, nel 1868, pubblicò i due volumi de “La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico”, approfondendo il concetto della selezione artificiale. Da Darwin in avanti, i biologi concordano su una questione fondamentale: la domesticazione esercita una forte selezione sugli organismi, e incide drammaticamente sulle loro traiettorie evolutive. Nei mammiferi domestici, essa ha certamente portato a cambiamenti simultanei, e correlati tra loro, nel comportamento, nella fisiologia e nella morfologia. Una condizione, questa, nota come “sindrome da domesticazione”. Come conseguenza, le specie domestiche, rispetto alle controparti selvatiche, hanno il cervello più piccolo e sono meno pigmentate, mostrano concentrazioni diverse di ormoni e neurotrasmettitori, sono meno aggressive e paurose, e più socievoli.
La domesticazione dei pesci
Tra le specie di pesci veramente domestiche, quelle, cioè, il cui ciclo vitale è totalmente controllato dall’uomo, spicca la carpa comune (Cyprinus carpio). Varie forme domestiche di carpa comune, con e senza squame, sono state selezionate tra il XII e il XIV secolo in Europa. Più recentemente, negli anni 50, in Giappone sono apparse alcune aberrazioni cromatiche che, oggi, sono i pesci d’allevamento più costosi: le carpe koi. Tempo fa mi è capitato di leggere di una carpa koi venduta in Giappone alla cifra da capogiro di 1.5 milioni di euro! Come le carpe, pienamente domestici sono anche la trota iridea (Oncorhynchus mykiss), il salmone atlantico (Salmo salar) e il branzino (Dicentrarchus labrax).
Il pesce rosso: storia di una domesticazione che si tinge di mistico
Il pesce rosso (Carassius auratus) è stato domesticato circa 1200 anni fa, nell'antica Cina, dalla carpa cruciana (Carassius carassius), uno dei principali pesci d'allevamento. In buona sostanza, i pesci rossi sono fondamentalmente carpe, che i cinesi, in origine, allevavano per il consumo alimentare. Le carpe, di solito, sono grigie o verdi, con qualche spruzzata di rosso o dorato. Riproducendosi forsennatamente, come è loro solito, danno origine a variazioni di colori e di forme davvero sorprendenti. Può così capitare che, per una mutazione, si spengano le cellule del pigmento grigio, e si esprimano solo quelle gialle e rosse. Ecco, l’uomo ha preso questa mutazione e ha creato una specie. Intorno al IX secolo, quando i pesci rossi capitavano nelle reti dei pescatori, invece di essere mangiati, venivano rilasciati negli stagni buddisti della misericordia. Era un rituale di fang sheng, un atto considerato compassionevole, perché i monaci nutrivano e proteggevano questi rari pesci rossi scarlatti, sottraendoli ai pericoli delle acque aperte. Alla fine del XVI secolo, dalla Cina sono giunti in Giappone, per poi diffondersi in Europa e nel resto del mondo, a far da ornamento vivente negli acquari e nelle fontane.
"Oh, animale domestico bagnato"
Scrisse il poeta americano Ogden Nash, sintetizzando la misera – diciamolo pure – condizione odierna del pesce rosso, il cui habitat più frequente è una boccia di vetro poggiata su un mobile del soggiorno di casa.
La novità: abbiamo domesticato anche i pesci combattenti siamesi
Allevati selettivamente nel sud-est asiatico, sin dal lontano XIV secolo d.C., per i combattimenti, i pesci combattenti siamesi (Betta splendens) sono una delle più antiche specie domestiche di pesci. A partire dagli inizi del XX secolo, l’uomo ha cominciato ad allevarli anche a scopo ornamentale, fino a portarli a far parte del gotha degli animali da compagnia più popolari al mondo. Recentemente, è uscito uno studio su bioRxiv in cui è stato sequenziato l'intero genoma di più specie, popolazioni e individui di Betta. Ed ecco la sorpresa: la loro domesticazione risale a più di 1.000 anni fa, dunque ad almeno tre secoli prima di quanto suggerito in precedenza! Questo millennio di domesticazione ha certamente portato alla creazione di vere opere d’arte viventi – esseri sgargianti, dalle lunghe pinne che paiono frange di seta – e che secondo Yi-Kai Tea, esperto di evoluzione e speciazione dei pesci presso l'Università di Sydney, rappresentano “l’equivalente pesce della domesticazione del cane".
Tuttavia, ha anche causato enormi cambiamenti genetici in questi animali. I pesci combattenti domestici sono molto diversi dai loro antenati, che avevano pinne più corte e meno fluenti, e colorazioni molto meno variegate e brillanti, e sono anche molto più aggressivi dei Betta selvatici: due esemplari maschi, se messi nella stessa vasca, si attaccano a vicenda e arrivano a combattere fino alla morte. Del resto, come detto, le specie ornamentali erano inizialmente allevate per combattere, un po’ come i galli. A complicare le cose, la domesticazione dei Betta splendens ha portato anche a frequenti incroci tra i pesci domestici e quelli selvatici. Un’ibridazione probabilmente dovuta al rilascio di Betta domestici in natura, che può rivelarsi molto pericolosa per la conservazione di questa specie: gli ibridi, potenzialmente più forti, potrebbero infatti soppiantare le controparti selvatiche, alcune delle quali sono già a rischio di estinzione, soprattutto a causa della perdita dell'habitat naturale.
Bibliografia
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