Partecipò anche un cane alle torride giornate del G8 di Genova, dal 19 al 22 luglio 2001, un cucciolone nero di cui rimane una diapositiva scattata dai fotografi genovesi Marco Paba e Andrea Moretti. Non ha una medaglietta al collo con inciso il suo nome a identificarlo ma un enorme cartello che tiene in bocca e porta il messaggio: "Domani ogni città sarà in rivolta".
Quasi un presagio a leggerlo oggi, quando la discussione su green pass, covid e varianti ha riportato gli umani negli abissi della conflittualità e quando, ancora una volta, sembra impossibile ricostruire un tessuto sociale capace di affrontare la complessità senza schierarsi in curve da stadio.
Concluso il ventennale del G8, questa foto resta a rappresentare l'indignazione contro l'oppressione; un'oppressione autentica, però, quella esercitata al G8 di Genova che Amnesty international ha definito come “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale”.
Le giornate del G8 di Genova
Nel luglio 2001 persone da tutto il mondo si radunarono a Genova in occasione del 27esimo vertice del G8. La protesta condotta con intenzioni pacifiche dalle organizzazioni no-global del Genoa Social Forum passò in secondo piano rispetto al prevalere dei gruppi più violenti, i black bloc, che devastarono buona parte delle vie intorno alla "zona rossa" del vertice.
I manifestanti chiedevano l'uguaglianza socioeconomica e si opponevano a un modello di sviluppo che mette al primo posto i profitti, l’economia e la finanza, contrapponendo un’altra idea di globalizzazione. Migliaia di attivisti, di associazioni in rappresentanza del mondo ambientalista, pacifista, ONG, del mondo cattolico, dei centri sociali e anche un cane. Almeno un cane, come testimonia la diapositiva.
L'immagine di questo Labrador trasmette tutta la sensazione di vulnerabilità condivisa da animali e uomini di fronte a una violenza ingiustificata che arriverà da lì a poco, con le azioni di chi devastò buona parte delle vie intorno alla "zona rossa" del vertice e con la gestione dell'ordine pubblico che culminerà con la morte di Carlo Giuliani, ucciso durante gli scontri in piazza Alimonda, e con "la macelleria messicana" alla scuola Diaz.
Chiunque abbia avuto a cuore una causa e abbia lottato per essa, potrà riconoscersi negli occhi di questo "riot dog"; da 40mila anni, in fondo, uomini e cani marciano assieme per le cose di cui hanno bisogno e si appoggiano reciprocamente per quei bisogni universali che sono l'amore e l'affetto.
Storie di "riot dog"
L’espressione “riot dog”, letteralmente “cane da sommossa”, nasce in Inghilterra per identificare quei cani, di solito randagi, che scelgono spontaneamente di unirsi ai manifestanti durante i cortei di protesta. Si mettono nel bel mezzo dell'azione, davanti alla folla, spingendosi spesso dove le persone non osano. Non sorprende che siano stati esposti a molti gas lacrimogeni durante gli scontri e che in alcuni casi, come quello del cane greco Loukanikos, questo li abbia portati in seguito alla morte.
Loukanikos, il cane simbolo di Atene
Un caso passato alle cronache è quello di Loukanikos, un cane registrato regolarmente all'anagrafe canina, che nel 2009 diventò il simbolo delle proteste anti austerity della popolazione greca unendosi ai manifestanti in strada. Nel 2011 la rivista Time gli ha dedicato una copertina come personalità dell’anno. Secondo il giornalista di Avgi Petros Katsakos, la salute del cane era stata compromessa dai gas lacrimogeni e dall'essere stato preso a calci dalla polizia, costringendolo a ritirarsi dalla protesta attiva nel 2012 quando venne accolto in una famiglia ad Atene fino alla morte avvenuta nel 2014: "Era sul divano a dormire, quando improvvisamente il suo cuore ha smesso di battere", dichiarò la pet mate di Loukanikos ad Avgi.
Negro Matapacos, “il nero ammazzasbirri”
Questo randagio ha trascorso la sua vita tra le vie di Santiago del Cile e nel 2011 ha iniziato a seguire un gruppo di studenti del campus universitario che lottavano per una riforma dell’istruzione pubblica. Negro divenne una presenza fissa negli scontri tra i manifestanti e la polizia e anche dopo la sua morte, nell'agosto del 2017, è stato ricordato in murales e immagini che hanno fatto il giro del web. Non solo, durante le successive proteste di piazza nel 2019 conto l'amministrazione di Sebastian Pinera le strade si sono riempite di volantini con la sua icona. L'artista Marcel Solà gli ha anche dedicato una statua per essere stato il simbolo del movimento di protesta.