Il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento ha approvato il Disegno di Legge presentato lo scorso mese di febbraio dal Consigliere Claudio Cia, il cui testo vieta l'utilizzo della catena ai responsabili della detenzione di un’animale d’affezione.
La normativa, approvata il 30 novembre con 20 voti favorevoli e 9 astensioni, entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2023 e prevede sanzioni dai 400 agli 800 euro, che verranno raddoppiate nel caso in cui il comportamento dei trasgressori sia recidivo.
«Multare chi tiene i cani alla catena è un modo per valorizzare il loro ruolo»
La nuova legge va a sostituire la precedente Normativa Provinciale n.4 del 28 marzo 2012, il cui testo recitava: «Bisogna evitare di tenere i cani legati alla catena. In caso contrario, essa deve avere una lunghezza adeguata e deve esserne assicurato lo scorrimento».
Questa soluzione, però, non prevedeva alcuna sanzione amministrativa e inoltre, l'utilizzo del termine "lunghezza adeguata" lasciava fin troppo spazio di manovra ai possibili trasgressori. «Una legge senza sanzioni è inutile, perché non dà alcuna possibilità di intervenire alle forze dell'ordine – spiega a Kodami Claudio Cia – Multare chi tiene alla catena i cani, invece, è un modo per valorizzare l'importanza del loro ruolo di compagni di vita e collaboratori».
La scorsa primavera, in occasione della presentazione del Disegno di Legge, lo stesso Cia aveva dichiarato a Kodami che, a partire dal 1° gennaio sarebbero stati disposti ulteriori 3 mesi di tolleranza per adeguare il proprio ambiente alle nuove disposizioni. Nel frattempo, però, il periodo di transizione è stato allungato a 7 mesi: «Vogliamo far sì che tutti abbiano l'opportunità di creare recinzioni adeguate per la tutela degli animali – spiega Cia – Al termine di questo lasso di tempo, però, non vi sarà più alcuna flessibilità».
In Italia ancora divieti e leggi troppo vaghe
Sanzioni e divieti legati agli animali tenuti a catena in Italia sono spesso poco chiaro e, ad oggi, non esiste ancora una normativa nazionale che regolamenti l'utilizzo di questo strumento di controllo. Ciò determina che siano i Comuni e le Province ad agire in autonomia, generando così enormi differenze gestionali tra i territori.
In Lazio, ad esempio, è in vigore la Legge Regionale n. 34 del 21 ottobre 1997, secondo la quale è possibile tenere i cani a catena a patto che essa sia lunga almeno cinque metri (che si riducono a tre nel caso in cui venga fissata a un anello di scorrimento). Le sanzioni, in questo caso, variano da 300 mila a 3 milioni, ma la valuta non è mai stata aggiornata e si tratta quindi ancora di Lire.
Anche le Marche, la Lombardia, la Toscana, la Sardegna e la maggior parte delle altre regioni, permettono ancora l'utilizzo della catena in determinate "situazioni di necessità". In alcuni casi viene invece richiesto l'intervento del veterinario per determinarne l'effettivo bisogno, oppure viene autorizzata a priori, a patto che l'utilizzo riguardi un periodo di tempo circoscritto.
Lo stesso accade anche con la nuova legge Trentina, nella quale vengono inserite entrambe queste variabili: «Viene fatto divieto di utilizzo della catena, salvo che per ragioni sanitarie, documentabili e certificate dal veterinario – si legge nel testo – o per ragioni urgenti e temporanee di sicurezza».
Questi termini, però, non contengono una definizione chiara di "ragioni urgenti" e di "temporanee": «Anche questo è un fattore che ci ha portati ad allungare i tempi di tolleranza fino a luglio – commenta Cia – Noi stessi vogliamo che il testo sia più chiaro e desideriamo prenderci il tempo per definire meglio queste deroghe».
Il vicino Alto Adige rimane ancora indietro
Nel frattempo, nella vicina Provincia Autonoma di Bolzano, invece, è ancora attiva la Legge provinciale n. 9 del 15/5/2000, la quale prevede che i cani si possano tenere a catena, a patto che non indossino un collare a strozzo e che la catena sia lunga almeno 4 metri e disponga di un sistema di carrucole che permetta al cane di muoversi su una superficie di 20 metri quadrati.
«In Alto Adige sono ancora restii ad intervenire con una legge più restrittiva, perché il loro territorio è cosparso di masi, dove è molto diffusa l'abitudine di avere il cane a catena per fare la guardia. Un intervento come il nostro trova quindi maggiore resistenza – conclude Cia – Per quanto riguarda il Trentino, invece, siamo molto orgogliosi di aver ottenuto un risultato di questa entità e speriamo di essere un esempio anche per le regioni che sono rimaste indietro con i tempi. Oggigiorno il cane è un compagno che fa parte a tutti gli effetti della famiglia e come tale va trattato».