Nel 2002 il neonato Partito per gli Animali (PvdD) olandese ha ottenuto appena lo 0,49% dei voti, trovando sbarrata la porta del Parlamento. Alla nuova tornata elettorale del 2006 è arrivato a sfiorare il 2% ottenendo i primi seggi, e confermandosi come la prima formazione politica dichiaratamente animalista a fare il proprio ingresso in un Parlamento europeo.
Da quel momento in poi ha accresciuto il numero dei propri rappresentanti e ad oggi il Partito per gli Animali dei Paesi Bassi è il traino del gruppo animalista in Europa: l'Animal Politc Eu, sotto le cui insegne sono riuniti gli altri sette gruppi politici di altrettanti Paesi.
L'ascesa del PvdD è la spia di quanto i temi della tutela animale e della biodiversità stiano acquisendo una importanza crescente all'interno del dibattito pubblico, tuttavia non si può dire che il fenomeno olandese si sia ripetuto con la stessa intensità nel resto d'Europa.
In una democrazia rappresentativa come quella italiana, ad esempio, sarebbe scontato dire che il Parlamento è lo specchio dei suoi elettori, tuttavia a causa di vari fattori, non ultimo i meccanismi elettorali, ciò non corrisponde quasi mai alla realtà, soprattutto quando si parla di diritti e benessere degli animali.
Vediamo quindi qual è la realtà dei partiti animalisti in Italia e nel resto d'Europa, e soprattutto cosa si intende quando si parla di queste formazioni politiche.
Cos'è un partito animalista
Per fare chiarezza Kodami ha dialogato con il filosofo Simone Pollo, docente dell'Università Sapienza di Roma: «Di animalismi ce ne sono molti ed è difficile tracciare le linee comuni. Tuttavia, una forza politica per qualificarsi come genuinamente interessata a questo tema deve partire da un orientamento programmatico volto a trasformare le nostre relazioni con gli animali. L'animalismo, a livello politico, se preso sul serio non chiede solo benessere e attenzione per gli animali, ma propone una trasformazione articolata. Non è possibile dichiararsi animalisti e contemporaneamente lasciare tutto così com'è».
Per posizionarsi come partito animalista, quindi non basta solo il nome, c'è bisogno di linee programmatiche volte a riscrivere il rapporto ad oggi esistente con gli animali non umani. Riconoscere queste formazioni, appare però molto più complesso di quanto si creda: «In questo momento storico è un dato di fatto che gli animali siano oggetto di attenzione pubblica e politica. Difficilmente si incontrano partiti che dichiarano di essere completamente disinteressati al tema, e più o meno tutte le formazioni hanno dichiarato di avere inclinazioni animaliste», spiega Pollo.
Questo appare evidente alla luce dei programmi presentati dai partiti per le elezioni del 25 settembre 2022. Kodami li ha analizzati singolarmente e i riferimenti più articolati alla tutela del benessere animale sono emersi nei programmi di partiti afferenti all'area di sinistra con Alleanza Versi -Sinistra e persino di centrodestra. Caso particolare quello della Lega che rispetto al programma presentato per le politiche del 2018 ha incrementato in maniera sostanziale le proposte e la riflessione sugli animali, anche se non in un’ottica prettamente animalista.
«L'interesse collettivo nei confronti degli animali determina però usi strumentali di questo tema – ricorda Pollo – Non è raro imbattersi in esponenti politici che protestano contro le forme di sacrifico rituale praticate in alcuni casi al termine del Ramadan e che poi difendono gli allevamenti intensivi e le sagre in quanto eventi culturali e della tradizione. In questi casi si tutelano soprattutto gli interessi umani, dato che l'orizzonte principale delle tutele sono gli animali d'affezione, che hanno una funzione precisa – quella affettiva appunto – e tutelati in virtù di questa. La spia è il doppio standard applicato a cani e gatti rispetto agli animali impiegati nelle produzioni».
Bisogna quindi sapere guardare sotto le insegne di partito e difendersi da chi reitera ancora una funzione strumentale dell'animale: «È necessario capire se sono davvero gli interessi degli animali ad essere oggetto di attenzione politica, o sono gli interessi degli esseri umani che passano attraverso gli animali».
Il partito animalista in Italia
Il Ministero dell'Interno italiano per la tornata elettorale del 25 settembre 2022 ha ammesso 75 dei 101 simboli consegnati. Di questi, solo uno fa esplicito riferimento agli animali e ai loro diritti: il Partito animalista italiano (Pai), parte del gruppo europeo Animal Politc Eu capitanato dai Paesi Bassi.
In Italia il peso dei partiti animalisti è pressoché ininfluente, e le possibilità di superare lo sbarramento è vicina allo zero, soprattutto con l'attuale legge elettorale. L'attuale sistema misto, infatti, premia le coalizioni e i partiti più grandi regalando più seggi a chi ha il maggior numero di preferenze. Al contrario di quanto avviene nei Pesi Bassi, dove il sistema proporzionale permette di dare espressione anche alle forze di dimensioni ridotte, come il partito animalista, appunto.
Il Partito Animalista Italiano nasce nel 2006 ed è capeggiato dall'avvocato Cristiano Ceriello. Anche se come rilevato dal più recente rapporto Italia dell'Eurispes, negli ultimi anni è cresciuta l'attenzione dei cittadini rispetto ai diritti degli animali, Cerciello durante le precedenti politiche ha totalizzato lo 0,6% dei voti, e anche per l'appuntamento del 25 settembre è improbabile che riesca a portare le istanze animaliste alla Camera o al Senato.
Ha scelto di non presentarsi affatto alle elezioni il Movimento animalista fondato nel 2018 da Michela Vittoria Brambilla, all'epoca deputata forzista. La stessa Brambilla, immortalata in alcuni scatti ormai iconici insieme a Silvio Berlusconi mentre allattano 5 vitelli, correrà come indipendente nel collegio di Gela e non nelle liste di Forza Italia.
Secondo l'analisi presentata da Pollo, però, esistono altri partiti capaci di operare una trasformazione culturale nella relazione tra animali ed esseri umani. Tra questi la lista Alleanza Verdi – Sinistra che nel proprio programma pone tra gli obiettivi anche quello di «far sì che gli animali domestici e quelli selvatici non siano più considerati oggetti ma esseri senzienti».
La capacità di mettere in pratica una simile rivoluzione culturale, però, all'interno di un possibile coalizione di governo guidata dal partito Partito Democratico, che nel suo programma tratta la questione animali con marginalità e superficialità, pare molto difficile.
Nei Paesi Bassi il primo partito animalista ad entrare in Parlamento
Nei Paesi Bassi il partito animalista fondato nel 2002 da Marianne Thieme risulta l'unico ad aver guadagnato posizioni parlamentari e ad averle anche mantenute. Un risultato storico per uno dei paesi con le leggi più avanzate in tema di tutela e benessere animale. Ad essere oggetto di attenzione da parte degli animalisti olandesi non sono solo gli animali d'affezione, ma anche quelli considerati "da reddito". Tra le ultime azioni del governo, infatti, c'è stata la discussa dismissione degli allevamenti intensivi.
Il partito guidato da Thieme, inoltre, si è dotato di un think tank allo scopo di «condurre ricerche scientifiche e di ampliare la conoscenza e la consapevolezza di questioni di importanza sociale, in particolare per quanto riguarda i temi centrali del benessere degli animali, dei diritti degli animali, della sostenibilità e della natura». Ma si tratta anche di una forza politica dichiaratamente progressista e femminista.
In Francia il partito animalista trionfa a livello locale
Buoni risultati sono stati raggiunti anche dal Partito animalista francese, fondato nel 2016. Alle elezioni del 2019 ha ottenuto il risultato migliore tra le liste minori, incassando il supporto di volti della cultura, dell'informazione e del cinema, compreso l'endorsement di Brigitte Bardot.
Pur non avendo ottenuto la percentuale di voti necessaria per entrare in Parlamento, il partito nel 2020 è riuscito a posizionare propri esponenti durante le elezioni municipali in diverse amministrazioni locali. Forte di quel risultato, gli animalisti francesi ci riproveranno alle elezioni presidenziali con Helene Thouy come candidata presidente.
Il partito animalista in Portogallo: progressista senza essere né di destra né di sinistra
Il Persone-Animali-Natura (Pan) è il partito ambientalista e animalista portoghese. È stato fondato nel 2009. Nel 2015 ha ottenuto un seggio in Parlamento, mentre nel 2019 ha guadagnato anche un posto al Parlamento europeo e ha portato a 4 i suoi seggi nell'Assemblea nazionale.
Il Pan, che si definisce progressista ma al di fuori dell'arco politico occupato dalla destra e dalla sinistra tradizionali, ha fatto propri anche i temi dell'economia, delle pari opportunità, e del futuro delle giovani generazioni.
Spagna
Al contrario di quanto visto in Portogallo, in Spagna il Partito Animalista Contro il Maltrattamento degli Animali (Pacma) ha l'obiettivo principale di difendere i diritti degli animali. Fondato nel 2003 non è riuscito a conquistare alcuna posizione in Parlamento, complice anche una legge elettorale giudicata «non equa» dagli attivisti del Pacma: «Nonostante i nostri ottimi risultati, purtroppo il sistema elettorale spagnolo avvantaggia i partiti maggioritari e regionali, poiché i seggi sono distribuiti per circoscrizioni provinciali».
A bloccare la possibile ascesa degli animalisti però c'è stata anche negli anni una situazione interna particolarmente instabile culminata con il referendum sull'indipendenza della Catalogna nel 2017 che fa sentire i suoi strascichi sino ad oggi.
Perché i partiti animalisti non sfondano
Nonostante l'attenzione crescente che la politica mediterranea sta dedicando agli animali, i partiti animalisti raramente superano la soglia del 2% delle preferenze, restando ai margini del dibattito pubblico persino rispetto ai temi principali della loro comunicazione, soprattutto nei paesi dell'Europa mediterranea. Si tratta di un'anomalia che, secondo il filosofo Pollo, risiede nella differenza culturale rispetto ai paesi del Nord: «La politica in queste realtà prende spesso forme extra istituzionali. Lì l'impegno politico non viene percepito come tale solo se "parlametarizzato", ma fa parte della vita pubblica al di fuori dei contesti ufficiali».
«Questa distanza culturale probabilmente ha favorito un maggiore impegno da parte delle persone anche per questioni che non potevano arrivare immediatamente in Parlamento – aggiunge Pollo – Una dedizione che alla lunga ha fatto sì che queste determinati ideali, come quelli dell'animalismo, si radicassero prima nella vita delle persone». In un graduale passaggio dalla quotidianità alla politica istituzionalizzata, cosa diversa da quanto accade in Italia. «Da noi la politica tradizionalmente ha meno sfumature – sottolinea il filosofo – in Italia politica è sinonimo di partito, e infatti ce ne sono molti, ma questo non consente tempi di maturazione sufficienti rispetto a una consapevolezza politica che prima di essere istituzionalizzata deve entrare nella società che aspira a rappresentare».
«Oggi le priorità sembrano essere altre, ma una democrazia può dirsi fiorente e completa solo se c'è anche interesse per gli animali non umani», conclude Pollo.