Quella che pare una banalità è in realtà un concetto che per lungo tempo è rimasto all’ombra della scienza. Quando si è cominciato a studiarne il comportamento, gli animali – gli altri naturalmente, non l’uomo – erano visti come automi le cui azioni non erano altro che risposte automatiche a stimoli. Finché non è arrivato Tolman, nel 1948, a mostrarci che anche un piccolo ratto è in grado di risolvere un grosso problema, come trovare la via d’uscita in un labirinto sconosciuto, e imparare pure in fretta a memorizzare la soluzione, scegliendo – sce-glien-do – la strada giusta. Del resto, se anche gli animali non umani non fossero dotati di simili abilità cognitive, al mondo ci saremmo solo noi. Che è come dire che non esisterebbe più nessuno, perché gli esseri viventi, tutti, sopravvivono proprio grazie alla forza della biodiversità. La capacità di prendere decisioni e muoversi all’interno di uno spazio, elaborando informazioni di volta in volta diverse, e nelle più svariate situazioni, è fondamentale, infatti, perché permette agli animali di adattarsi all’ambiente.
Le mappe cognitive, teatro della realtà
Come fa il ratto di Tolman a trovare la via d’uscita di un labirinto e a impararla? Attraverso la rappresentazione mentale di quello spazio fisico. In poche parole, l’acuto roditore si crea nella mente una mappa cognitiva, ossia una riproduzione in 3D dell’ambiente, nella quale fa esperimenti per trovare la giusta soluzione al suo problema, per poi metterla in atto nella realtà. Lo stesso fa uno scimpanzé, un polpo o una ghiandaia marina, ad esempio, per cercare soluzioni ai vari problemi della vita: per sapere dov’è, come ritrovare la strada verso il rifugio, oppure in quale modo raggiungere una risorsa poco accessibile. Come si crea una mappa cognitiva? Tutto parte dalla percezione multisensoriale degli stimoli ambientali. Fondamentale è la percezione della terza dimensione, che origina da meccanismi cognitivi di natura visiva. Attraverso i sensi, gli animali interrogano l’ambiente, e da questo ricevono informazioni multimodali che il cervello elabora, e codifica, portando alla costruzione delle mappe mentali.
Abilità cognitive sofisticate necessarie per sopravvivere
La capacità di un animale di rappresentarsi mentalmente lo spazio in cui si trova sembra essere legata alle proprietà fisiologiche di alcune parti dell’ippocampo, una preziosa struttura del cervello a forma di cavalluccio marino, e di specifici tipi di cellule al suo interno che, quando si accendono, permettono di riconoscere posti differenti, ma anche lo stesso posto in momenti differenti. Nell’ippocampo, le informazioni spaziali salienti vengono conservate nello scomparto della memoria a lungo termine, pronte per essere richiamate ogni qualvolta l’animale ne abbia bisogno. È evidente come la rappresentazione mentale dello spazio sia un processo cognitivo molto importante, senza il quale l’individuo non potrebbe svolgere correttamente neanche le più normali attività quotidiane.
Il cervello animale: altro che… Google Maps
Le rappresentazioni dello spazio esterno non sono sufficienti. Per poter navigare efficacemente nello spazio, un soggetto deve essere in grado di collocarsi al suo interno, di riconoscere in quale spazio, rispetto ad altri simili, si trova e di riconoscere al suo interno i vari elementi che segnalano le posizioni spaziali salienti. Dopo di che, prima di iniziare a muoversi, deve essere in grado di decidere, come si diceva all’inizio, in quale direzione andare e di mantenere quella direzione quando è in movimento. Infine, deve integrare tutte queste informazioni con le rappresentazioni spaziali interiorizzate e con quelle che via via si aggiornano mentre si sposta. Avete presente Google Maps? Ebbene, i pluripremiati informatici che hanno ideato questo programma, non hanno, in realtà, inventato proprio niente, hanno invece copiato il normale funzionamento del cervello animale, persino quello minuscolo di una piccola ape.
I maschi si muovono meglio delle femmine nello spazio
Negli ultimi decenni, le ricerche hanno evidenziato differenze nelle attività di navigazione spaziale nei mammiferi, con i maschi che mostrano prestazioni generalmente migliori delle femmine. Il diverso coinvolgimento nella funzione riproduttiva potrebbe essere alla base di questa differenza. Il vantaggio dei maschi nel risolvere i compiti di navigazione spaziale potrebbe, infatti, essere stato plasmato dalla competizione per gli accoppiamenti, che spesso li mette nella condizione di dover percorrere ampie distanze. Le femmine, invece, solitamente impegnate nell’accudimento della prole, sono più brave a muoversi in aree spazialmente ristrette. Un esempio su tutti? Il panda gigante.
I panda maschi hanno una memoria spaziale più forte delle femmine. In uno studio, a un gruppo di panda di entrambi i generi veniva presentata una serie di scatole disposte in circolo, alcune vuote altre contenenti cibo. Il giorno successivo veniva loro richiesto di ricordare la posizione delle scatole che contenevano il cibo. Le prestazioni dei maschi erano nettamente superiori rispetto a quelle delle femmine. Perché? In natura, i maschi, per andare alla ricerca della partner, percorrono ampie aree della foresta umida di bambù, che è uniformemente verde. Camminano per chilometri. Le femmine, però, ovulano una volta l’anno e sono recettive solo per 2 gg. Ciò significa che i maschi, per portare a termine la missione riproduttiva, devono essere nel posto giusto al momento giusto e per questo serve una memoria spaziale fenomenale!
Bibliografia
Tolman E. C. (1948). Cognitive maps in rats and men. Psychological Review 55(4):189–208.
O'Keefe J, & Nadel L (1978). The Hippocampus as a Cognitive Map, Oxford University Press.
Shah D. S., Prados J., Gamble J., De Lillo C., Gibson C. L. (2013). Sex differences in spatial memory using serial and search tasks. Behav. Brain Res. 257:90–99.
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