Vive da 30 anni all’interno dello zoo di Pata, a Bangkok, all’ultimo piano di un grande centro commerciale e la società che "se ne occupa" sarebbe disposta a venderla a una cifra esorbitante: 30 milioni di baht, 790mila euro.
Questo è il costo della libertà di Bua Noi, la gorilla più triste del mondo e ultimo esemplare della Thailandia, arrivata a Bangkok quando aveva solamente un anno e vissuta sempre dietro le sbarre in solitudine, in un ambiente freddo e senza poter vedere la luce del sole.
Una situazione per la quale si sono mosse diverse associazioni e Ong internazionali, come la PETA, che hanno cercato ogni strada possibile per far sì che l’animale potesse essere trasferito in qualche santuario adatto alle sue esigenze.
Ma per la quale si è mossa anche la cantante Cher, già riuscita a far liberare l’elefante più solo del mondo, Kaavan. Non potendo più sopportare questi orrori, la cantante è intervenuta di nuovo circa due anni fa a favore di Bua Noi.
Su Twitter, Cher aveva fatto appello ai residenti della capitale thailandese affinché l’aiutassero nella sua missione di trasferire l’animale: «Brava gente di Bangkok, so che capirete e mi aiuterete a fermare la tortura di animali innocenti. Aiutatemi a portare pace a questi animali. E a liberarli dallo zoo di Pata».
Il suo appello, però, non ha avuto l’esito sperato e nonostante tante pressioni esterne e la petizione Save Gorilla Little Lotus su Change.org, Bua Noi è ancora rinchiusa in quella gabbia di cemento sporca e buia.
Secondo quanto scrivono i media locali, la società che gestisce il Pata Zoo, avrebbe negato di aver stabilito un prezzo per questa gorilla, anche perché non sarebbe affatto disposta a cederla.
PETA conosce molto bene lo zoo thailandese, perché qui ha condotto diverse indagini in cui mostra immagini orribili con animali imprigionati e rinchiusi in gabbie buie, senza nessuna opportunità di stimolazione mentale o esercizio fisico. Animali, in pratica, senza nessuna chance di una vita minimamente decente, ma al contrario condannati all’ergastolo.
Di recente, gli attivisti dell’organizzazione hanno tenuto una intensa protesta fuori dai grandi magazzini, che ha portato ad un incontro con il proprietario dello struttura. Le due parti hanno discusso sia delle pessime condizioni dello zoo, sia della possibilità di trasferire gli animali in un santuario dove, finalmente, avrebbero alberi su cui arrampicarsi, erba su cui rotolarsi e molti altri animali con cui giocare.
Sebbene, però, il proprietario abbia assicurato di tenere aperta la comunicazione per discutere ulteriormente la questione, da allora PETA non ha avuto altri confronti e le cose si sono bloccate.
Una pessima notizia per Bau Noi, il cui nome significa “piccolo loto”. Infatti, pur essendo nella fase finale della sua vita, non sembra che chi la tiene prigioniera abbia alcuna intenzione di concederle quella libertà tanto agognata affinché possa trascorrere tutto il tempo che le rimane lontano da ogni forma di sfruttamento.