«Quando ti ho scelta, ancora ragazzina, mai avrei pensato che avresti conosciuto i miei bambini, ed invece sei stata stupenda anche nel ruolo di “sorella maggiore”: hai regalato loro l’esperienza di amore incondizionato verso un animale che diventa famiglia». Con queste parole Chiara Ferragni ha detto addio a Matilda, la sua Bouledogue francese morta dopo una lunga malattia.
Matilda, come ha raccontato Ferragni sui social, da anni era malata di tumore al cervello, oltre che di morbo di Chron. Dall'esordio della malattia, Ferragni coerentemente con la narrazione del suo personaggio online ha sempre parlato delle varie fasi di cura anche sul profilo Instagram a nome proprio di Matilda.
Quello che però è mancato in questi anni e fino alla fine è il racconto di cosa vuol dire, anche economicamente, vivere con un cane che ha bisogno di cure continue dalle quali dipende la sua vita. Cure che nella stragrande maggioranza dei casi sono del tutto inaccessibili a chi vive nel mondo reale, lontano dal jet-set patinato di City Life.
Tra i tanti momenti che caratterizzano il complesso decorso di una patologia tumorale, caratterizzato dall'alternarsi di momenti di remissione e riacutizzazione, l'influencer ha condiviso anche il lungo percorso che l’ha condotta persino in una clinica specializzata di Zurigo, in Svizzera, dove Matilda si è sottoposta ad alcune sedute di radioterapia.
Matilda ha quindi potuto beneficiare di un'altissima qualità della cura e della vita, circostanze che le hanno permesso di vivere fino a 13 anni: un traguardo di tutto rispetto per un brachicefalo, oltretutto molto malato. Ma il suo è un caso isolato in un Paese che considera ancora i cani come un bene di lusso, e dove cure e alimenti sono tassati con un'Iva che arriva al 22%.
Similmente a quanto avviene per le persone, infatti, anche i cani si ammalano di tumore e le cure sono sostanzialmente le stesse, così come lo stesso è il dolore provato dai familiari che li assistono. La differenza sostanziale, però, è che per chi vive con un animale domestico non esiste alcun tipo di sostegno economico o di sgravio fiscale, che si tratti di farmaci o di cure veterinarie, per questo l'accesso alle terapie è condizionato dal costo elevato delle prestazioni veterinarie e di medicinali, anche di quelli salvavita.
Fino al 2022 era prevista una detrazione fiscale, la cui soglia massima era arrivata a toccare i 550 euro, un passo avanti rispetto ai 500 dell'anno precedente, ma non ancora abbastanza per le persone in difficoltà economiche che vivono con un cane affetto da una malattia cronica o da una neoplasia. Nel 2023 però la misura non è stata riconfermata dalla Legge di Bilancio firmata dal Governo Meloni, lasciando così totalmente prive di aiuto tutte le famiglie che vivono con un cane o gatto.
A luglio di quest'anno anche l'Associazione Nazionale dei Medici Veterinari (Anmvi), aveva chiesto al Governo di ridurre l'Iva sulle cure veterinarie al 10%, incassando però un netto rifiuto. È stato il sottosegretario al ministero dell'Economia, Federico Freni, a dichiarare la contrarietà dell'esecutivo all’ordine del giorno per la revisione delle aliquote Iva proposta dalla deputata Michela Vittoria Brambilla.
L’Anmvi si è detta «profondamente delusa». «Il momento è storicamente favorevole – ha osservato l’Associazione – mentre è troppo debole l’impegno assunto dal Governo come “raccomandazione”. La riforma fiscale era stata annunciata dal vice ministro Maurizio Leo come “strutturale”, addirittura una “rivoluzione”, dopo la riforma degli anni Settanta. Un’occasione storica mancata, anche alla luce della revisione europea della Direttiva Iva, viatico per ricollocare i servizi veterinari entro l’alveo delle prestazioni di prevenzione e sanità pubblica». L’Anmvi ha quindi ricordato che «le prestazioni veterinarie sono state esenti da Iva, in quanto sanitarie, fino agli anni Novanta».
Nel 2010 Matilda ha avuto la fortuna di essere scelta dalla 23enne che si preparava a diventare una delle imprenditrici digitali più note d’Italia. Aveva solo 70 giorni quando è arrivata in casa Ferragni, come racconta proprio Chiara sul blog The Blonde Salad nel 2010.
Oggi, come riporta il Sole 24 Ore, il brand di Chiara Ferragni vanta ricavi per 14,2 milioni e un giro d'affari del valore retail di 61 milioni. La studentessa che postava le foto dei suoi look sulle prime piattaforme social è diventata una imprenditrice digitale e un caso studio alla business school di Harvard. Ferragni è ben consapevole dell'impero che ha costruito, anche grazie alla sovraesposizione della sua famiglia, Matilda compresa, e per questo spesso ha sostenuto in prima persona cause benefiche per ospedali e bambini. Si tratta di azioni che nascono come operazioni di marketing, puntano infatti a rafforzare la presenza online di Ferragni come figura positiva e filantropica, tuttavia sfruttando il potere dell'influencer riescono a sensibilizzare le persone sui temi di cui parla.
La più nota è la promozione della raccolta fondi per l'Ospedale San Raffaele di Milano nelle fasi più dure della pandemia da Covid-19, durante la quale sono stati donati quasi 4,5 milioni di euro per la costruzione di un nuovo reparto di terapia intensiva. Un potere di persuasione che convinse anche l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte di sensibilizzare le persone all’uso della mascherina.
Quello che è mancato e che manca ancora, è un’analoga sensibilità per ciò che concerne gli animali e i diritti di chi li cura e rispetta. Anzi, sino ad ora la presenza online di Chiara Ferragni ha addirittura leso cani simili proprio alla sua Matilda, come spiega l'istruttore cinofilo e membro del comitato scientifico di Kodami, Luca Spennacchio, in un video dedicato alla moda dei Bouledogue francesi e altri brachicefali, foraggiata proprio dalle tante celebrità che ne alimentano il commercio.
Nonostante il molto pubblicizzato amore per gli animali, anche gli abiti e gli accessori firmati dall'influencer di Cremona, infine, continuano a essere fatti con prodotti di origine animale.
Un pubblico di quasi 30 milioni di follower in tutto il mondo implica anche una responsabilità nella comunicazione, e Ferragni è ben consapevole della sua capacità di orientare i gusti e i consumi delle persone. Per questo, quando il momento del lutto sarà finito, le chiediamo pubblicamente di contribuire a questa causa che siamo certi le sia a cuore e spiegare cosa significa avere un cane malato.
Un primo passo che potrebbe dare ad altri le opportunità di cui ha potuto beneficiare, per fortuna, la sua Matilda. Sarebbe un’azione di vera tutela nei confronti dei cani e delle persone che li considerano parte della famiglia.