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11 Febbraio 2023
14:00

Alcuni fossili trovati in Cina mostrano come la vita rispose all’estinzione peggiore della storia

La vita può rispondere velocemente alle grandi estinzioni. Lo dimostrano alcuni reperti fossili trovati presso la formazione di Guiyang, nello Guizhou cinese, che contraddicono informazioni ritenute fino ad ora certe sul periodo successivo alla più grande estinzione di massa mai avvenuta sulla Terra, quella del Permiano/Trias.

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A differenza di quanto ritenuto fino ad ora, la vita può essere capace di rispondere abbastanza velocemente alle grandi estinzioni. Infatti alcuni reperti trovati presso la formazione di Guiyang, nello Guizhou cinese, sembrano contraddire le informazioni che gli scienziati avevano ritenuto certe relative al periodo immediatamente successivo alla più grande estinzione di massa mai avvenuta sulla Terra, quella nota alla scienza come del Permiano/Trias.

I fossili ritrovati in questa regione – risalenti circa a 250,8 milioni di anni fa – suggeriscono che sulla Terra esistessero già ecosistemi complessi "appena" un milione di anni dopo la grande catastrofe che scombussolò tutte le forme di vita al termine del Permiano. O almeno è questo che affermerà uno studio cinese che fra qualche giorno sarà pubblicato sulla nota rivista Science e i cui risultati son stati già segnalati dalla rivista Nature.

Dalle informazioni che sono state già rese disponibili, si sa che il paleontologo Xu Dai ha scoperto difatti dei fossili che confermano questa teoria durante il corso del 2015, quando insegnava ancora presso la China University of Geosciences di Wuhan. Durante il corso degli anni successivi ed in pratica fino al 2019, Dai e altri colleghi avrebbero così raccolto oltre 1.000 fossili appartenenti a diversi ordini di animali.

A Guiyang infatti avrebbe trovato i fossili di pesci, di antichi artropodi simili ad aragoste e diverse specie di granchi presso sei diversi siti a est della cittadina. A collaborare però con i colleghi cinesi, ci sono stati anche degli scienziati provenienti dalla McGill University e dell'Université du Québec à Montréal, che hanno commentato la notizia attraverso in loro comunicato.

«I fossili della regione del Guizhou rivelano un ecosistema oceanico con diverse specie che compongono una complessa catena alimentare – afferma Morgann Perrot che ha lavorato sia presso la McGill che presso l'università di Quebec – E questi fossili ci permettono di approfondire alcune implicazioni utili per la nostra comprensione della rapidità con cui la vita può rispondere a crisi estreme».

I paleontologi americani e cinesi sono riusciti a conoscere con una certa precisione il periodo a cui risale il giacimento grazie alla cenere vulcanica che è presento nello strato di scisto su cui sono stati ritrovati i fossili. Tra l'altro, grazie a questa cenere, gli scienziati sono sicuri nell'affermare che il biota di Guiyang è il più antico mai conosciuto dell'era mesozoica.

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L’estinzione del Permiano è stata la più terribile di sempre, estinguendo oltre l’81% delle specie marine e il 75% delle specie terrestri, inclusi gli insetti

Ma cosa ha causato la più grande estinzione di massa e come fu possibile per i sopravvissuti rispondere a tale cataclisma in così "breve tempo"?

Relativamente alla prima domanda, gli scienziati credono che l'estinzione del Permiano fu il prodotto di diverse concause che alla lunga devastarono l'intero pianeta, in maniera simile alla più nota estinzione del Cretaceo che spazzò via i dinosauri. In generale però, si pensa che l'evento sia stato provocato dal riscaldamento globale e che ad iniziare il processo fu l'attività vulcanica della Siberia, che ha riscaldato l'atmosfera terrestre e acidificato gli oceani, per poi innescare l'evoluzione di alcune alghe tossiche che hanno peggiorato la situazione.

Per chiarire ai loro studenti lo spettacolo desolante che era possibile osservare al tempo, di solito alcuni paleontologi – tra cui Stephen Jay Gould – descrivono l'estinzione del Permiano come "un'inferno dantesco dall'aria mefitica, dove anche le piogge sono acide e le pozze d'acqua assumono un colore giallognolo". Ed è proprio a seguito di queste descrizioni e alla percentuale elevata di specie estinte se si pensava che fossero stati necessari milioni di anni affinché ecosistemi complessi comparissero o si riprendessero completamente dopo il Permiano.

Già a partire però dal 2012, qualche anno primo l'inizio degli scavi voluti da Xu Dai, alcuni autori avevano tentato di ipotizzare come la natura avesse risposto gradualmente alla tragedia, venendo alla fine smentiti dai fatti e dai reperti trovati dai loro colleghi americani e cinesi. Infatti quell'anno i paleontologi Zhong-Qiang Chen e Mike Benton avevano ipotizzato come che il recupero dell'ecosistema dopo il disastro fosse avvenuto nel corso di molti milioni di anni, con l'istituzione di una comunità e di una nuova rete alimentare piramidale che si accumulava di volte in volta con la comparsa di nuove specie sempre più resistenti.

Alla fine le ipotesi di questi due autori all'epoca avevano anche abbastanza seguito, in quanto il prodotto principale di questa grande estinzione è stata la comparsa di diversi generi di animali, che avrebbero sostituito le forme precedenti e dominato per i successivi 250 milioni di anni. Fra questi riconosciamo i rettili marini, i dinosauri, gli pteranodonti, ma anche i primi mammiferi, le tartarughe e diverse forse di molluschi come le belemniti.

Il lavoro di Chen e di Benton però si basava su un altro ecosistema fossilizzato nel sud della Cina, il biota di Luoping, e sfortunatamente per loro, il biota di Guiyang risale a dieci milioni di anni prima e caratterizzava come detto la regione solo un milione di anni dopo l'estinzione di massa. «Quando abbiamo svolto le nostre ricerche sembrava che il recupero fosse piuttosto ritardato» afferma oggi Benton, però generalmente soddisfatto dai risultati delle nuove ricerche.

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Dal canto suo Dai, che ora insegna all'Università della Borgogna a Digione, afferma che la comparsa del biota di Guiyang così presto mette completamente in discussione il modello che è stato da sempre utilizzato per descrivere gli ecosistemi triassici immediatamente successivi alla grande estinzione, almeno per quanto riguarda l'ambiente marino, che è molto più misterioso della controparte terrestre.

Una rapida diversificazione dei pesci predatori a Guiyang suggerirebbe infatti che gli ecosistemi oceanici non siano del tutto scomparsi durante la crisi del Permiano. E che la competizione dei carnivori avrebbe spinto diverse specie ad evolversi, se non volevano contribuire alla lista di estinzioni provocate dal cambiamento del clima.

Il quadro che n'emerge è quella di un'epoca in cui almeno alcuni ecosistemi si sono ripresi rapidamente, anche se colpiti ripetutamente dagli shock indotti dall'acidificazione degli oceani e dal costante squilibrio delle temperature. Inoltre sembrerebbe che durante i primi otto milioni di anni del Triassico il tasso di recupero di alcuni ecosistemi può essere stato davvero – geologicamente parlando – quasi istantaneo, come se alcune delle nuove specie avessero contribuito a resistere ai prodromi della catastrofe e alle sue successive conseguenze.

Questo può essere accaduto solo grazie alla capacità intrinseca delle nuove forme di vita, che sono stati capaci di adattarsi a tutto, pur di garantire la sopravvivenza della vita. Gran parte delle specie che oggi vivono sulla Terra, possono vantarsi di esistere proprio grazie ai sacrifici compiuti dalle forme di vita che sono vissuti in questo periodo. Ed è proprio questa la ragione che spinge Dai a voler tornare a Guiyang e a spingersi anche in Tibet, per trovare potenziali nuovi fossili che testimoniano come la vita sia sopravvissuta… e possa sopravvivere ancora.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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