Una guida per riconoscere l’orrore dei combattimenti fra cani che non si esaurisce soltanto nelle ferite e nei morsi che accompagnano la ferocia dell’esibizione fino alla morte, ma si ritrova anche in tutti quegli elementi che servono a preparare la “competizione” fra i due poveri prescelti. I cani legati a catena, le cicatrici sui corpi, i segni di smarrimento psicologico, i ring improvvisati con assi di legno, i tapis roulant per un esercizio fisico obbligato e massacrante, i bastoni apribocca per interrompere i morsi letali, le gabbie da contenimento per trasformare le femmine di molossoidi in animali da riproduzione continua e ininterrotta altro non sono, infatti, che segnali inequivocabili che possiamo imparare a riconoscere e a denunciare alle Forze dell’Ordine, proprio per cercare di spezzare questa oscena catena di illegalità e di ferocia che sfrutta animali inconsapevoli della propria forza fisica.
E proprio per imparare a riconoscerli e a denunciarli alle autorità competenti è nata "Io non combatto", la guida che pubblicata da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM, due associazioni che già avevano operato in collaborazione proprio per dar vita al progetto "Io non combatto" per contrastare un fenomeno criminale che continua ad essere presente nelle nostre città malgrado i combattimenti tra cani siano una pratica illegale punibile con detenzione e sanzioni pecuniarie.
Il contributo dei cittadini alla battaglia contro l'illegalità
«La cittadinanza può contribuire a denunciare e arginare, nell’ottica di una totale eradicazione, il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani» spiegano Federica Faiella, Vicepresidente della Fondazione CAVE CANEM e Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe presentando la guida che da oggi si può scaricare gratuitamente dal sito www.iononcombatto.it . Tenendo ovviamente presente che i cittadini possono trasformarsi in attenti testimoni di questo fenomeno, senza però cadere nell’errore di sostituirsi alle Forze dell’Ordine. «Abbiamo voluto mettere a disposizione questa guida perché è necessario che il cittadino acquisisca conoscenza dei segnali che ne indicano la presenza e delle corrette modalità di acquisizione delle fonti probatorie, agendo sempre nel pieno rispetto delle modalità e dei ruoli stabiliti dalle norme vigenti, senza pensare di sostituirsi alla Polizia Giudiziaria e agli organi inquirenti, ma cercando di fornire loro tutti gli strumenti per un intervento efficiente ed efficace».
Per chi sfrutta i cani multe fino a 160mila euro e carcere fino a 3 anni
Grazie a questo strumento i cittadini avranno la possibilità, prima di tutto, «di documentarsi sui combattimenti fra animali quale fenomeno sommerso, di portata nazionale e internazionale che coinvolge diverse specie animali, tra cui i cani, collegato a criminalità organizzata, traffico internazionale di stupefacenti e di armi, comprese quelle da fuoco, pedo-pornografia e scommesse illegali attorno alle quali ruotano cospicue somme di denaro». A cominciare dalle leggi che, come Kodami aveva già approfondito considerano fortunatamente e ormai da tempo i combattimenti tra cani vietati nella maggior parte dei paesi del mondo.
In Italia è un reato punito dall’art. 544-quinquies del Codice penale che recita «Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro». Ma secondo le leggi italiane anche chi «fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti».
Tutti gli elementi legali sono evidenziati dalla guida che sottolinea inoltre che anche l’enorme giro di denaro che ruota intorno ai combattimenti attraverso le scommesse clandestine è da considerarsi illegale. «Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro». Fondamentale quindi, per conoscere gli estremi del fenomeno, sottolineare come fa la guida di HSI Europa e Fondazione Cave Canem, che la legge non punisce solo chi organizza e dirige i combattimenti, ma anche chi alleva, addestra e fa partecipare gli animali, chi scommette sul risultato, promuove o riprende queste attività e chi le compie con minori o persone armate.
Per addestrarli veri e propri oggetti di tortura e accoppiamenti forzati per la riproduzione di linee genetiche "vincenti"
La sezione più dolorosa della guida è certamente quella in cui si spiegano le attrezzature e gli strumenti utilizzati per sfruttare i cani e i traumi, fisici e psicologici, che subiscono senza neanche capire il perché: maltrattamenti propedeutici al loro sfruttamento nelle sfide all’ultimo sangue che dovranno affrontare. Ma questi maltrattamenti, la detenzione a catena, la presenza di cicatrici, le vitamine, medicinali e farmaci veterinari usati per doparli, i tapis roulant per gli allenamenti forzati, gli “spingpoles” a cui farli attaccare sollevati da terra per rinforzare il morso, i “jenny mills” o “cat mills” con prede che servono da esca, i bastoni “apribocca” e le gabbie di contenimento per l’accoppiamento rappresentano però anche elementi fondamentali per accorgersi di quanto sta succedendo e denunciarlo. «Il loro riscontro può indicare la presenza in un determinato luogo di combattimenti tra cani o attività propedeutiche agli stessi quali l’allenamento e l’allevamento». La guida fornisce anche precise indicazioni sui gravi danni fisici e psicologici che si riscontrano nei cani addestrati per combattere. «A subire immense crudeltà – spiegano – sono anche i cosiddetti “sparring partners”, ovvero altri cani usati per l’addestramento brutale dei combattenti, nonché le fattrici, obbligate a riprodursi per portare avanti le linee genetiche “vincenti”».
Cosa fare se si scopre un combattimento o un allevamento clandestino?
«Prima di sporgere una denuncia, può essere utile avere maggiore chiarezza sulle tipologie e razze di cani più frequentemente utilizzate, sui diversi ruoli che i cani ricoprono e quali sono gli oggetti o le situazioni che possono indicare la presenza di combattimenti o altre attività ad essi collegate. Invitiamo chiunque sia testimone di attività criminose in danno agli animali di non rendersi complice, di non guardare dall’altra parte, ma di denunciare!» aggiungono Federica Faiella e Martina Pluda che sottolineano il ruolo fondamentale delle Forze dell’Ordine. È infatti possibile segnalare il fatto a qualsiasi Forza di Polizia: trattandosi di un reato sono, per legge, tutte competenti rispetto alle indagini, in quanto polizia giudiziaria. Anche se vi sono poi alcune forze, come il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri, che hanno accumulato una particolare competenza rispetto ai reati in danno agli animali.