Un possibile caso di infezione da Covid-19 trasmesso da un cervo dalla coda bianca (Odocoileus virginianus) a un essere umano: è la scoperta fatta in Canada da un gruppo di ricercatori che il 25 febbraio 2022 ha pubblicato uno studio su Biorxiv, un database di pubblicazioni non ancora sottoposte a peer review.
Se le ipotesi dei ricercatori canadesi fossero confermate, si tratterebbe del primo caso in assoluto di un cervo che passa il Coronavirus a un umano. Infatti, attualmente in Nord America ci sono prove della trasmissione del SARS-CoV-2 dall'uomo al cervo, ma nessuna evidenza della trasmissione inversa.
Il lavoro di ricerca è stato svolto attraverso la sorveglianza del SARS-CoV-2 nella fauna selvatica canadese. Durante il monitoraggio 17 dei 298 cervi sottoposti a test dai biologi sono risultati positivi a una variante «altamente divergente» del Coronavirus, la stessa riscontrata in un caso umano nello stesso luogo e periodo del campionamento.
Il cervo dalla coda bianca è diffuso in tutto il Nord America e anche se non si tratta di una specie che ha molti contatti con l'essere umano, un'occasione di contagio può essere rappresentata dalle attività venatorie. Le indagini degli studiosi avevano ad oggetto proprio un gruppo di cervi cacciati nella zona sud ovest dell'Ontario.
Nel corso delle ricerche gli scienziati hanno trovato un residente che aveva contratto un ceppo del virus sorprendentemente simile a quello riscontrato nei cervi, con i quali era stato in contatto. Anche se non è ancora chiaro come i cervi abbiano contratto il Covid in origine, è certo che in questa popolazione il virus sia fortemente diffuso. Una percentuale altissima che conferma la particolare suscettibilità di questa specie al virus.
Cervi dalla coda bianca diventati "serbatoi" del Covid sono stati osservati anche in uno studio pubblicato da un team di ricercatori statunitensi nell'agosto del 2021. In quell'occasione i veterinari hanno riscontrato anticorpi di Sars-Cov-2 nel 40% dei campioni analizzati in 4 diversi stati nordamericani: Michigan, Pennsylvania, Illinois e New York.
«I precedenti ceppi di SARS-CoV-2 erano simili a quelli umani che circolano nelle vicinanze. Al contrario, i nostri campioni sono molto diversi da qualsiasi altro – ha spiegato su Twitter, Finlay Maguire, uno degli autori dello studio – I parenti più vicini al cervo portatore della variante erano campioni umani e di visone provenienti dal Michigan nel 2020».
Il virus sarebbe quindi sopravvissuto nella popolazione di cervi dalla coda bianca nord americani per circa due anni, compiendo in Canada un nuovo salto di specie: una zoonosi inversa.
Nel febbraio del 2021 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha confermato l'origine animale del Covid, che si configura quindi come una zoonosi, una malattia che può essere trasmessa, direttamente o indirettamente, dagli animali all’uomo.
Quando avviene il processo inverso, come quello probabilmente avvenuto in Canada, si parla di zoonosi inversa, o spillback, un fenomeno che potrebbe aver determinato anche la nascita della variante Omicron, come ha spiegato anche Marco Gerdol, ricercatore in genetica presso l'Università di Trieste: «Il fenomeno della zoonosi inversa, da uomo ad animale, lo registriamo ormai da oltre un anno. Il primo caso che ha avuto risalto sui media è stato quello degli allevamenti di visoni in Danimarca. Pochi mesi fa in Nord America si è scoperto che in una specie di cervidi (Odocoileus virginianus) gli individui sono positivi all'80%!».